“Apprezziamo il metodo adottato dal Ministro Boccia, che ha previsto un confronto con le parti sociali, e l’impegno da lui assunto di porre come prioritaria la necessità di una cornice normativa entro cui procedere e di identificare strumenti di perequazione efficaci volti a ridurre i divari territoriali”. Lo afferma la segretaria confederale della Cgil Rossana Dettori commentando l’incontro di ieri con il ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Francesco Boccia. Tuttavia, il sindacato ritiene che la bozza di legge quadro presentata “non sia ancora sufficiente a rispondere alle problematiche poste dai percorsi di attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, per garantire la coesione nazionale e l’esigibilità dei diritti civili e sociali fondamentali in tutti i territori”.

Per la Cgil “è fondamentale che le legge preveda la definizione delle norme di principio nei cui confini possa essere esercitata l’autonomia, norme da cui far derivare i Livelli Essenziali delle Prestazioni. La determinazione di questi ultimi - sottolinea Dettori - non può essere affidata solo ad una figura commissariale, e non può limitarsi a fotografare l’esistente”.

Inoltre “è indispensabile che nel provvedimento siano individuate le risorse aggiuntive necessarie a realizzare una perequazione finalizzata a ridurre gli attuali divari garantendo a tutti i diritti sociali. Se invece il processo continuerà nei limiti delle risorse già stanziate - sostiene la dirigente sindacale - il riequilibrio tra territori avverrà verso il basso anziché verso l’alto come dovrebbe”. “Continueremo a seguire con attenzione il prosieguo del confronto tra il ministro e le regioni per esprimere la nostra valutazione definitiva, e auspichiamo - conclude la segretaria confederale - si possa realizzare un confronto con le parti sociali anche sui termini delle singole trattative”.

"Non ci siamo". È poi il commento della Flc. "Per la vaghezza dei principi che vincolano le future intese - continua il sindacato della conoscenza della Cgil -, non ci siamo per l'indeterminatezza dei tempi di individuazione dei Livelli essenziali delle prestazioni che diventano non una precondizione ma un optional, non ci siamo sulle prerogative del Parlamento che sembrano declassate alla funzione di consultazione, non ci siamo sulla modalità di determinazione dei Lep (che non possono essere equivalenti a obiettivi di servizio) la quale deve scaturire da un confronto di massa e non da una semplice elaborazione di un ufficio ministeriale".

"Non ci siamo - conclude -  soprattutto su un punto di domanda che ha bisogno di una precisa risposta: la scuola e l'istruzione in che modo vengono tenute fuori da questo processo? Se non si esce da questa indeterminatezza e se non si risponde a questa domanda, ogni passo è un passo fatto verso il baratro della disgregazione e del secessionismo".