A Salerno, il 19 settembre si apre l'assemblea nazionale di Cgil, Cisl e Uil sulla salute dal titolo “Salute, diritti, lavoro, sviluppo. L'Italia che vogliamo”. È un'iniziativa unitaria, e “questo è un fatto molto importante. Così come importante è il titolo, che richiama il diritto dei cittadini di stare in buona salute, non essere curati. Allo stesso tempo c’è il richiamo al lavoro degli operatori nei servizi sanitari e dell'indotto, così come allo sviluppo. Perché la sanità non è solo spesa”. A dirlo, ai microfoni di RadioArticolo1 è Rossana Dettori, segretaria confederale della Cgil.

La sanità, secondo la Cgil non è infatti “un cappio al collo sul bilancio del paese”. Tutt'altro: “La sanità, se i governi lo vogliono davvero, può essere un volano per lo sviluppo. Perché mantenere in salute la gente significa spendere meno. Questo è il primo obiettivo che dovrebbe avere qualsiasi governo, dato che ogni euro speso in sanità produce 0,50 centesimi di risorse in più e lavoro per l'industria”.

Se venisse fino in fondo rispettato l'articolo 32 della Costituzione, che sancisce la salute come diritto di cittadinanza, la Sanità potrebbe insomma cambiare volto all'economia di questo paese, rendendolo al contempo più giusto. “Tra l’altro – ha spiegato Dettori – l’iniziativa cade nell’anno in cui si celebra il quarantesimo anniversario dell'approvazione della legge 833, che istituisce il Servizio sanitario nazionale. Grazie alla mobilitazione di cittadini, operatori, parti sociali e operai si arrivò a questa grande riforma. Man mano, però, si è persa l'idea dell'universalismo, perché oggi non c'è più un diritto universale alla salute”.

Ma c’è di più. Perché “il fatto che la salute non sia un diritto uguale per tutti si è insinuato anche nella cultura di massa, nella testa dei cittadini”. L’idea che un diritto “possa essere differenziato a seconda delle condizioni di dove si nasce e dove si vive, o di quanto si guadagni, è terribile”. Con l'assemblea nazionale unitaria di Salerno, quindi, i sindacati vogliono “rimettere al centro l’idea che bisogna superare e non accettare le disuguaglianze che oggi esistono nell'accesso dei livelli di assistenza”. Livelli che “non sono garantiti in tutto il paese, soprattutto al Sud”. Anche se pure in diverse regioni del Nord “abbiamo cittadini di serie A e di serie B, dato che l'accesso al Servizio sanitario nazionale e la garanzia della presa in carico del cittadino non è uguale ovunque”.

Il primo problema da risolvere per Dettori è dunque “quello delle risorse da immettere sul fondo sanitario nazionale, per garantire la piena applicazione dei livelli essenziali a tutti i cittadini, giovani, adulti, anziani e migranti. Perché in questo campo non si può lasciare indietro nessuno”. “Quello italiano – ha concluso – rimane uno dei sistemi sanitari migliori, grazie agli operatori che continuano a garantire un'ottima qualità rispetto alle prestazioni che vengono erogate. Ma ormai abbiamo 20 modelli sanitari diversi. È questo il dramma: le regioni più ricche sono state in grado di garantire di più, il Sud è stato invece sottoposto a pesantissimi piani di rientro, anche perché partiva molto svantaggiato rispetto alla presenza delle strutture, dell'innovazione e dell'articolazione territoriale. Sono questi gli aspetti su cui bisogna intervenire subito”.