Tratto dal numero 1/2018 di Specchio Internazionale. Articolo originale pubblicato sul “Social Europe Journal”

Da quando il fisico Stephen Hawking ha messo per primo in guardia riguardo al fatto che l’intelligenza artificiale avrebbe potuto significare la fine dell’umanità, altri esperti hanno echeggiato la sua catastrofica previsione. Nello stesso tempo, per molti lavoratori l'impatto giorno per giorno delle tecnologie digitali è molto meno traumatico (anche se talvolta piuttosto minaccioso), mentre dal canto loro i sindacati, pur non trascurando i rischi, ritengono che, se gestita nel modo giusto, la digitalizzazione potrebbe offrire nuove opportunità e migliori condizioni di lavoro.

Oggi, tuttavia, le piattaforme on-line, la robotizzazione e il crowdwork (lavoro legato a piattaforme e privo di luogo fisico) stanno aumentando la probabilità della distruzione di lavoro nell'industria, di lavoro precario senza alcuna protezione sociale, di segmentazione del mercato del lavoro, di lavoro autonomo non volontario e di mancanza di accountability del datore di lavoro; la conseguenza di tutto ciò è che vengono minati i diritti dei lavoratori e la possibilità del sindacato di organizzare e rappresentare i più vulnerabili di essi.

La digitalizzazione è sulla bocca di tutti, spesso considerata un’irresistibile forza di cambiamento. Viene detto che, per dimensione e velocità, la quarta rivoluzione industriale (Industria 4.0) non rassomiglia a niente di quanto l'umanità abbia finora sperimentato. Questi cambiamenti stanno trasformando la natura del lavoro in Europa e in tutto il mondo.

Gestire il cambiamento
Ma questo significa che i cambiamenti non è possibile gestirli? I sindacati credono che si debba e, a questo fine, si stanno mobilitando. Le trasformazioni radicali nella società raramente danno priorità al bene pubblico e, come nelle precedenti rivoluzioni industriali, sono i lavoratori e i sindacati che debbono combattere per la regolamentazione sociale e la governance, nell'interesse dei più deboli.

Le rivoluzioni industriali sono ingiuste per natura e la giustizia sociale non cade mai dal cielo. Per niente intenzionati a vivere nel passato, i sindacati sono attivi nell’anticipare il cambiamento e nell’affrontare le sfide che porta con sé. Questo è il nostro ruolo. È nel nostro dna. Chi rappresenterà, altrimenti, gli interessi dei lavoratori? Senza sindacato avrebbero di fronte un ben triste futuro.

Digitalizzazione, robotizzazione e intelligenza artificiale danno vita a importanti domande sulla responsabilità e l’accountability. Il platform work e il lavoro autonomo rompono la tradizionale catena del comando tra imprenditore e lavoratore. In assenza di qualsivoglia contratto, chi è responsabile della protezione sociale, dell’assicurazione e della sicurezza? Gli addetti alla consegna di cibo in bicicletta, solo per fare un esempio, sono particolarmente vulnerabili: “In caso di incidente o infortunio, siamo completamente soli e non abbiamo accesso alcuno all’aiuto legale e al trattamento di malattia”, ha commentato un addetto alla consegna di Deliveroo attivo nel centro di Londra.

Alla fine, chi è responsabile della programmazione dell'intelligenza artificiale se qualcosa va male? Insistiamo sul fatto che gli esseri umani devono mantenere il controllo ed essere responsabili dell’attività dei robot e questo deve essere adottato come fondamentale principio etico. Le persone – e soprattutto le parti sociali – devono convergere su queste regole e applicarle.

La digitalizzazione avrà un impatto sui servizi, con le autorità pubbliche che tendono ad adottare il ruolo di intermediari tra providers e “clienti”. È molto importante mantenere il bene pubblico come obiettivo principale e riconoscere che in alcune situazioni, il contatto umano è fondamentale. Il dialogo sociale è necessario per assicurare che la digitalizzazione non danneggi né le condizioni di lavoro, né gli standard minimi dei servizi.

Un miglior equilibrio vita-lavoro?
La digitalizzazione offre opportunità per un miglior equilibrio vita-lavoro, ma solo se realizzata per mutuo consenso – non se richiede flessibilità illimitata e disponibilità h24 –. I cosiddetti cobots possono alleggerire i lavori pesanti, ma le persone devono mantenerne il controllo. Gli esperti prevedono entro il 2020 altri 1,3 milioni di data workers in Europa, mentre i nuovi settori, come la stampa 3D – che cresce del 30% all’anno – stanno esplodendo. La stampa 3D può far risparmiare grandi quantità di materie prime nell’industria, ma solleva questioni di salute, sicurezza e responsabilità. Il World economic forum prevede che il 65% dei bambini che cominciano oggi la scuola primaria finiranno con lo svolgere lavori che ancora non esistono.

Dobbiamo evitare l’ipotesi peggiore dei robot che sostituiscono gli umani e generano enormi perdite di lavoro. La digitalizzazione deve lavorare a beneficio delle persone, e proprio come la partecipazione dei lavoratori al decision making nelle strutture delle aziende convenzionali, per esempio attraverso i works councils e la rappresentanza dei lavoratori nei consigli di amministrazione, si devono trovare modi per dare loro diritto di parola in merito all’impatto della digitalizzazione e della robotizzazione sulla loro vita lavorativa.

Le piattaforme on-line devono conformarsi all’esistente legislazione sull’occupazione Ue, insieme a nuove misure derivanti dall'imminente Pilastro europeo dei diritti sociali: in particolare la revisione della Direttiva Ue sul contratto di lavoro in forma scritta. Ma non solo: come sindacati, dobbiamo cercare di stabilire un dialogo con questi imprenditori-piattaforma per assicurare che siano aperti e responsabili, e vogliamo incoraggiare un dibattito pubblico per rendere cittadini e consumatori più consapevoli delle sfide in atto.

L'Europa assuma il comando
L'Europa ha un ruolo cruciale da giocare in questa partita. Le piattaforme globali on-line spesso bypassano le normative nazionali, così un quadro di norme di dimensione europea è il modo migliore per stabilire un campo da gioco nel rispetto dei diritti dei lavoratori. Il sindacato deve inoltre evitare un digital divide, che crei disuguaglianze non solo tra Paesi e regioni, ma anche tra settori della società: ricchi e poveri, uomini e donne, giovani e vecchi, altamente o scarsamente qualificati.

Nel 2015, più del 20% dei cittadini Ue non aveva alcuno skill digitale e le variazioni nazionali erano ampie. Il modo migliore per garantire la coesione è attraverso l’investimento nell’istruzione e nella formazione, nell’infrastruttura e nel dialogo sociale. Una “giusta transizione” alla digitalizzazione significa non lasciare indietro larga parte della popolazione e, nel frattempo, la necessità di implementare la ricerca finalizzata all’esame degli impatti della digitalizzazione sull’occupazione.

La Ces sta per lanciare una serie di iniziative per raccogliere e scambiare le idee di policy, l’esperienza e la conoscenza, lavorando insieme al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale per sviluppare soluzioni realistiche.
Non vogliamo spaventare le persone, mettendo in luce i rischi legati all’evoluzione digitale. Ma ci sono scelte da fare, e i sistemi non vanno lasciati sviluppare nel vuoto normativo.

La mobilitazione del sindacato è vitale, perché, come scoprirono i nostri antenati del diciannovesimo secolo, se si aspetta che la rivoluzione industriale sia completa, sarà troppo tardi. Vedo un numero crescente di uomini e donne che stanno cominciando a considerare la quarta rivoluzione industriale come un’opportunità per gettare nuove fondamenta per il movimento sindacale. Mettiamoci in condizione di rispondere a questa sfida eccitante.

Thiebaut Weber è segretario confederale della Ces, Confederazione europea dei sindacati

L'ARCHIVIO
2018: 1
2017: 
1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7