“Confermo il giudizio negativo sulla legge di bilancio 2018 per quanto riguarda la sanità, per il fatto che vengono ribaditi i tagli decisi l’anno scorso, con un progressivo definanziamento del sistema, che nell’ultimo decennio ha visto la perdita di 65 mila posti letto negli ospedali, la riduzione di 40 mila addetti in organico, dei quali 15 mila medici, oltre all’eliminazione di 35 mila precari, con l’età media del personale salita a 54 anni”. Così Rossana Dettori, segretaria confederale Cgil, ai microfoni di RadioArticolo1.

 

La ministra Lorenzin ha detto che, in virtù dell’innalzamento del Pil, alla fine ci saranno più risorse per il servizio sanitario nazionale. "Per noi, è la prova del nove che i fondi attuali sono insufficienti e non sappiamo neanche se l’ipotesi d’aumento del costo delle sigarette per trovare 500 milioni in più passerà o meno. Non solo. Il superticket resta, al massimo sarà rimodulato regione per regione, finendo con l’accrescere le diseguaglianze nel nostro Paese. È una tassa ingiusta, che grava sulle persone malate e rende inesigibile il diritto alla salute dei cittadini, che è garantito dalla Costituzione. Per questo, continueremo imperterriti la mobilitazione e a gennaio decideremo con quali modalità. Oltre alla sanità, c’è il tema del sociale, dove ci battiamo per l’approvazione di una legge sulla non autosufficienza. Alla base, c’è il fatto che non può essere il ministero dell’Economia a decidere le politiche sanitarie del Paese, ma deve farlo il governo”, ha detto la dirigente sindacale.

Inoltre, altro aspetto assai preoccupante, l’intasamento di pronto soccorso e ospedali. Anziché avviare un piano di rimodulazione della rete sanitaria esistente, si è proceduto unicamente a tagliare posti letto e prestazioni, chiudendo e accorpando nosocomi sul territorio. Tutto ciò ha prodotto l’attuale caos, con file estenuanti cui vengono sottoposti i cittadini. Malgrado le carenze annose di personale e i carichi di lavoro sempre più gravosi, gli addetti rimasti riescono a garantire a prezzo di grossi sacrifici l’assistenza ai malati: basti pensare, che di media, l’orario di lavoro è salito da 36 (per contratto) a 44 ore settimanali, con gli straordinari diventati prassi quotidiana e spesso neanche più retribuiti per mancanza di risorse. Stante la situazione, noi abbiamo chiesto di tagliare qualche direttore generale e dirigente e incentivare il Ssn a discapito delle assicurazioni”, ha continuato la sindacalista.

“Sarebbe poi sempre valida ed efficace una battaglia vera contro l’evasione fiscale. Anche qui, abbiamo fatto una proposta che prevede l’assunzione di personale all’Agenzia delle entrate. Alla fine, se fatta bene, potremmo ricavare i soldi non per una, ma per due Finanziarie! Incentivando così i lavoratori e riabilitando il diritto alla salute dei cittadini e alla fine rilanciando l’economia nazionale, perché se l’Ssn funziona, per ogni euro speso ne entra uno e mezzo, se consideriamo tutto quello che c’è intorno, sotto forma di investimenti ed entrate: farmaceutica, presìdi sanitari, appalti, mense, lavanderia ecc”, ha proseguito la segretaria confederale.

Pubblico e privato possono coesistere in sanità, però alcune linee devono essere chiare: "Il pubblico è l’oggetto che ha il compito di programmare, organizzare e garantire i servizi sanitari a tutti. Mentre il privato è uno strumento d’integrazione, cioè laddove il pubblico non riesce ad arrivare - penso alla riabilitazione che nel Ssn è pressochè inesistente ed è garantita attraverso convenzioni pubbliche stipulate con privati – subentra e integra, secondo i dettami impartiti dalle Regioni, responsabili dei piani sanitari, senza però entrare in competizione col pubblico, come fanno la vecchia sanità cattolica e laica. Anche perché la concorrenza va a danno degli utenti, mentre una buona integrazione va esclusivamente a favore dei cittadini e dei loro bisogni di salute. Ma, ripeto, il primo obiettivo resta quello di aumentare le risorse per il Ssn e abbattere le diseguaglianze tra persone che si curano e quelle che non lo fanno più per mancanza di soldi. Sapendo che più fondi a disposizione si hanno e meno spese si generano, mettendo in sicurezza la popolazione rispetto alla salute”, ha concluso l’esponente Cgil. 

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