Appena tre giorni fa, a Palermo prima e con gli alunni delle scuole di Sciara poi, la Cgil con le strutture territoriali e il segretario generale Susanna Camusso aveva ricordato Salvatore Carnevale, sindacalista siciliano assassinato 61 anni fa dalla criminalità organizzata come molti altri sindacalisti in quegli anni, perché si opponevano alla mafia dei latifondi che sfruttava terre e uomini. E proprio lunedì scorso, 16 maggio, ci ha lasciati Mario Nicosia, l'ultimo testimone vivente della strage di Portella della Ginestra, avvenuta per mano degli uomini del bandito Giuliano durante le celebrazioni della Festa dei lavoratori del 1947.

L’altra notte, a nemmeno 72 ore di distanza da quel nostro parlare di persone che hanno perduto la vita per quei diritti, è giunta la notizia di un attentato gravissimo a Giuseppe Antoci, presidente dell'Ente parco dei Nebrodi, in provincia di Messina, impegnato contro la mafia dei pascoli e delle terre. Un segnale inquietante che non va sottovalutato. A lui, che è anche esponente della Fisac, è stata subito espressa solidarietà e vicinanza dalla Cgil nazionale, siciliana e di Messina.

Ma la solidarietà vera, fattiva, spetta alla società, a ognuno di noi che dal coraggio di Antoci deve trarre esempio e forza per reagire, per non arrendersi alle mafie, alla sottrazione di diritti, al più facile commentare indignati o arrabbiati sui social network, e poi magari non agire di conseguenza e concretamente nella quotidianità. Perché rassegnarsi è sempre sbagliato, mentre insieme – nelle tante diverse articolazioni della società, anche grazie all’attività delle associazioni, dei sindacati che rappresentano i lavoratori – si possono cambiare idee consolidatesi nel tempo, consuetudini, leggi sbagliate.

L'opporsi di Antoci alla mafia è un seme. Così come era seme l'impegno di Salvatore Carnevale, quello di Peppino Impastato e di ogni dirigente, iscritto, militante della Cgil quando si scontra con la politica o le imprese per difendere i diritti dei lavoratori, quando va nelle scuole a parlare del ruolo del sindacato nella Liberazione, nella lotta per la democrazia, per la legalità o nella conquista di quei diritti civili che oggi, a tratti, sembrano così scontati, ma che non lo sono affatto. Quei semi servono ad alimentare la capacità a non rassegnarsi alla banalità del male, al potere delle mafie o delle lobby, o a una politica che non rappresenta il sentire – oltre che gli interessi – della grande maggioranza della società. Cambiare, insieme, si può.

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