“Una riforma per scardinare il precariato che in realtà non scardina un bel niente. Ecco la riforma. Una truffa, una paccata (per dirla con le parole del Ministro Fornero) di bugie”. Così si legge in un comunicato, significativamente intitolato “Una paccata di bugie”, reso pubblico dal Comitato “Il nostro tempo è adesso”, che oggi pomeriggio è andato sotto palazzo Chigi “per smascherare le bugie del governo e portargli sotto il naso le falsità: un pacco per ogni bugia”.

Così prosegue il comunicato: “Ci hanno raccontato che finalmente gli ammortizzatori sociali sarebbero stati estesi a tutti, soprattutto ai più deboli oggi esclusi dal sistema di protezione in caso di disoccupazione. Falso! L’Aspi, l’assicurazione sociale per l'impiego proposta dal Ministro Fornero esclude proprio i precari: chi lavora con contratti a progetto, cococo, p.iva, assegni di ricerca rimane completamente fuori. Chi lavora con contratti subordinati a tempo determinato rimane nella stessa condizione di prima, ovvero quasi sempre escluso perché i requisiti per accedere all’indennità (2 anni di anzianità contributiva e 52 contributi settimanali versati) lasciano fuori i più giovani”.

“Ci hanno raccontato che avrebbero ridotto la precarietà. Falso! Perché non hanno eliminato nemmeno uno dei contratti precari? A parte una stretta sull’associazione in partecipazione, le oltre 40 tipologie contrattuali precarie rimangono tutte, anche quelle più incomprensibili (come il lavoro a chiamata). La ridefinizione normativa dei contratti non basta”.

“Ci hanno detto che avrebbero combattuto l’abuso dei contratti precari, dietro i quali spesso si nascondono lavori dipendenti. Ci hanno detto che le imprese avrebbero pagato di più la precarietà. Doppiamente falso! Il lavoro parasubordinato continuerà a costare meno del lavoro subordinato a tempo indeterminato e contemporaneamente rischiano di abbassarsi i compensi dei collaboratori. Il graduale aumento dei contributi per i collaboratori rischia di tradursi in paghe più basse, dato che non è previsto nessun intervento per alzare o proteggere i compensi dei collaboratori, già oggi quasi sempre miseri. Il compenso dei parasubordinati, infatti, non è normato dai contratti collettivi nazionali e viene deciso unilateralmente dai datori di lavoro che, come è sempre accaduto negli ultimi anni, quando aumentano i contributi diminuiscono le paghe”.

“Sulle partite Iva, poi, la situazione diventa grottesca: oltre a non esserci disincentivi di costo si prevede che la ridefinizione normativa riguardi solo chi non ha un ordine o albo professionale di riferimento. Come dire che quando a essere truffati sono i giornalisti, gli architetti, gli ingegneri che lavorano con partita Iva, ma in realtà fanno un lavoro dipendente, va bene così: la truffa è legittimata”.

“Ci hanno detto che questa riforma doveva essere omnicomprensiva e riguardare tutti. Falso! Anche quel che c’è di nuovo (la ridefinizione normativa dei contratti) non riguarda chi lavora nel pubblico impiego. Perché i precari parasubordinati del pubblico, che sono tantissimi, troppi (dato che il nostro Stato fabbrica precari con l’efficienza della migliore manifattura) rimangono fuori”?

“Non ce la beviamo questa ennesima strumentalizzazione – conclude il comunicato – fatta sulla vita dei giovani e dei precari che rimangono esclusi dal welfare, ancora esposti alla truffa dei contratti precari, senza uno straccio di soluzione sui compensi da fame. Non ci beviamo la favola di una riforma che elimina la precarietà senza eliminare le forme contrattuali più precarizzanti; non ci beviamo la favola di un welfare finalmente esteso a tutti, che continua a escludere i precari; e non ci beviamo la favola dei garantiti contro i non garantiti costruita ad arte per togliere i diritti a chi li aveva e lasciare senza chi ne era escluso”.