Il governo gialloverde sta portando avanti una linea sbagliata, "per il semplice motivo che in una fase di recessione bisogna aumentare gli investimenti, altrimenti la contrazione non rientra e, come avviene ora, siamo in recessione tecnica". Lo afferma a RadioArticolo1 il segretario confederale della Cgil, Emilio Miceli, che mantiene la responsabilità della segreteria della Filctem fino all'elezione del suo successore. "Sarebbe necessario aiutare le imprese a investire e aumentare il volume degli investimenti pubblici - a suo avviso - ma non succede né l'uno né l'altro".

Lo Stato italiano prevede di tagliare 850 milioni di euro ai fondi comunitari, ovvero le risorse di compartecipazione sulla cui base si attivano gli stessi fondi europei. "Tutto ciò - riflette Miceli - per finanziare misure inerti come il reddito cittadinanza: c'è l'idea che il Sud sia una terra senza futuro, quindi l'unica politica possibile è quella dell'assistenza. La Lega ha usato questi argomenti contro il Mezzogiorno per tanti anni - aggiunge -, oggi si certifica l'idea che il meridione sia destinatario solo di politiche di assistenza".

Il sindacalista si sofferma su reddito di cittadinanza e quota 100. "Misure che nascono per sostenere i poveri improvvisamente diventano medicine in grado di risolvere i problemi del paese - aggiunge -: non può essere così, sostenere le famiglie povere fa bene alla salute del Paese, ma non allo sviluppo. Nessuna obiezione che un Paese moderno abbia forme di assistenza e le metta in campo per le famiglie e i deboli - naturalmente -, altra cosa è fare un grande pasticcio unito alla propaganda che aumenteranno i consumi. Gli economisti più attenti hanno già fatto i conti: l'impatto è quasi zero".

"Il punto - quindi - è se il Paese si possa permettere di fare un trasferimento di risorse dagli investimenti all'assistenza, e se questo potrà determinare qualche condizione di sviluppo. La manovra del governo, in realtà, è il più gigantesco voto di scambio immaginato dal dopoguerra a oggi".

Sabato 9 febbraio Cgil, Cisl e Uil saranno in piazza a Roma per chiedere un cambio di rotta e sostenere la loro piattaforma unitaria. "L'insicurezza e l'incertezza del Paese deriva dalle molte incognite che si trova davanti: il bisogno di comunicare diventa talmente nevrotico da passare sopra al cadavere di interi settori economici e delle imprese, dell'ossatura industriali e delle nostre specialità. Questo ci preoccupa molto: Cgil, Cisl e Uil non possono che reagire. Chi è al governo deve parlare con il sindacato: se le cose vanno bene si firmano accordi, se vanno male le organizzazioni dei lavoratori manifestano il proprio dissenso. Nella manovra e in tutta la politica dell'esecutivo finora non abbiamo visto niente per il mondo del lavoro - conclude Miceli -, l'unico tema su cui si può discutere sono le pensioni, ovvero come lasciare l'impiego, ma non come stare dentro al lavoro, trovare più occupazione e costruire opportunità migliori per le persone. Il paradigma del governo è sbagliato".