Torino, una volta capitale industriale d'Italia, oggi è probabilmente capitale della cassa integrazione. E se dal salario operaio si passa al contributo di cassa versato dall’Inps e se magari con quell'assegno si deve mantenere un'intera famiglia o se ci si separa e i soldi per pagare un affitto da soli non bastano, rasentare la soglia della povertà è purtroppo molto facile. Ne sono ben consapevoli i sindacalisti della Fiom Cgil del capoluogo piemontese che troppe volte si sono imbattuti in lavoratori e lavoratrici in estrema difficoltà. La crisi seguita alla pandemia ha aggravato la situazione. Ai metalmeccanici torinesi deve essere tornato in mente ciò che fecero i “primi sindacalisti”, quelli delle società di mutuo soccorso, e hanno deciso così di scendere in campo.

“Contrastare direttamente la povertà non è il nostro mestiere - ci dice Edi Lazzi, segretario generale della Fiom di Torino – ma all’Arci da tempo si occupano di chi ha bisogno e abbiamo deciso di affiancarci a loro. Tutti i martedì noi, dirigenti sindacali e delegati, andiamo dove quell’organizzazione ha realizzato un magazzino di stoccaggio di derrate alimentari e le distribuisce a una serie di famiglie segnalate dal comune e li aiutiamo in questo lavoro”. Due i compiti che svolgono i metalmeccanici: da un lato gestiscono il flusso di chi arriva per ricevere i “pacchi” e dall’altro aiutano a movimentare gli scatoloni e i diversi materiali. Ma non finisce qui. Distribuire va bene, ma occorre anche raccogliere. E allora “ci siamo passati parola – prosegue Lazzi – e alle riunioni del direttivo chi può e vuole porta un pacco di pasta o di biscotti, una bottiglia d’olio o latte a lunga conservazione che poi finiscono nel magazzino dell’Arci per essere consegnati a chi non riesce a comprarli”. La voce è girata e nella sede della Fiom per lasciare qualcosa da mangiare, delegati e lavoratori vanno a prescindere dalle riunioni del direttivo.

In Puglia, da tempo la Cgil ha scelto la strada della contrattazione sociale per provare non solo a dare risposte ai bisogni ma anche a costruire un welfare in grado di includere e accogliere e magari anche a creare occupazione di qualità per le donne. In questa esperienza la confederazione non è sola ma ha “giocato assieme alla rete dell’Alleanza contro le Povertà regionale e i risultati si sono visti soprattutto nel rapporto con le istituzioni a partire dalla Regione con cui fitti, intensi e pungolanti sono stati il confronto e la contrattazione. Da questo proficuo rapporto sono nate diverse azioni politiche e di programmazione a partire dal Reddito di Dignità. Il ReD, nato nel 2016, ha preso in carico e dato risposte economiche e sociali a una platea di oltre 30 mila persone (tra queste anche donne vittime di violenza) generando così un supporto complessivo per circa 90 mila persone.  Nel 2020 il ReD 3.0 ha ottenuto una dotazione finanziaria pari a 37 milioni di euro e si è rivolto a tutti coloro i quali sono rimasti esclusi dalle misure nazionali di contrasto alla povertà quali reddito di cittadinanza e reddito di emergenza.

Soddisfatta di questo bilancio è Antonella Morga della Cgil regionale che sottolinea l’importanza del lavoro di squadra realizzato proprio all’interno dell’Alleanza di cui è diventata portavoce. In questo anno orribile, ci dice, “ovviamente abbiamo contrattato con la Regione anche altre misure indispensabili. La prima è uno stanziamento a favore dei comuni di 11,5 milioni di euro per affrontare l’emergenza povertà aggravatasi con il Covid. E poi - prosegue la dirigente sindacale - ben 124 milioni sono stati destinati a una misura denominata “Start”, un contributo a favore di tutta quella fascia di lavoratori autonomi, partite iva, professionisti che hanno avuto un tracollo economico senza precedenti”. L’idea che ha animato e anima la Cgil pugliese è quella di costruire strumenti che contribuiscano a fare politiche di welfare e non solo rispondere a bisogni economici immediati che pure occorre affrontare. “E allora - dice ancora Antonella Morga - abbiamo pensato ad azioni nei confronti di anziani e bambini passando, per esempio, da 81 asili a 700 strutture che si occupano di bimbi e minori”.

 

 

 

Per i romani doc la “nonna” è una figura un po’ burbera ma sempre pronta ad accogliere e ristorare, una sorta di “pronto soccorso familiare”, un pezzo di “welfare individuale e sociale” indispensabile per la sopravvivenza visto che quello dello stato è troppo spesso insufficiente. Tre anni fa un gruppo di giovani dell’Arci della capitale e della Cgil Roma e Lazio, riuniti nel circolo Arci Sparwasser, ha fatto nascere “Nonna Roma”. L’obiettivo dell’associazione è il contrasto a povertà e disuguaglianze nella capitale attraverso iniziative mutualistiche e di solidarietà tese a sostenere le persone in difficoltà. L’idea è quella di “organizzare un movimento contro la povertà partendo da pratiche come la distribuzione alimentare ma senza fermarci a questo”, dice Alberto Campailla che di Nonna Roma è il presidente e aggiunge: “Siamo stati al fianco della famiglia rom che i fascisti volevano cacciare dalla casa popolare legalmente ottenuta organizzando manifestazioni e presidi. O – quando era possibile – abbiamo dato vita ad attività culturali per costruire un senso comune di contrasto alle diseguaglianze”. Sono molte le famiglie prese in carico dall’associazione: vengono segnalate dai servizi sociali dei municipi o direttamente da Arci e Cgil.

Fino a prima della pandemia l’Isee era l’indicatore usato per aiutarle, ma dall’arrivo del coronavirus non è più adeguato: c’è chi ha perso il lavoro o è finito in cassa integrazione e l’Isee non corrisponde più alla situazione reale. Nonna Roma è affiliata al Banco alimentare nazionale ma il sabato, attraverso i volontari, raccoglie direttamente le derrate nei supermercati raccontando ai clienti lo scopo dell’associazione. “La nostra attività non si limita a questo - dice ancora Campailla - abbiamo uno sportello di mutuo soccorso, in collaborazione con i servizi Caf e Inca Cgil forniamo assistenza previdenziale e per il disbrigo di pratiche burocratiche, ad esempio abbiamo aiutato tantissimi a richiedere il reddito di cittadinanza. O ci occupiamo delle domande per le case popolari o per il sostegno agli affitti”. Povertà è anche quella educativa, ed allora ecco la raccolta di materiale didattico da distribuire a chi non può acquistarlo e l’attivazione di un dopo scuola. “Lo spirito di questo tipo di volontariato - conclude il presidente di Nonna Roma - è di tipo mutualistico, cioè l’obiettivo dell’associazione non è solo quello di erogare servizi ma di rendere le persone che assiste direttamente coinvolte nei progetti di inserimento sociale e lavorativo”.