Mai come in queste settimane il loro lavoro è indispensabile. Vediamo sfrecciare i mezzi rossi nelle città prese dalla morsa del caldo, e troppo spesso dagli incendi. I vigili del fuoco non intervengono solo per spegnere fiamme, ma anche per dare soccorso ai cittadini e alle cittadine, ad esempio, rimasti fuori casa, o in situazioni di calamità naturale. Eppure, lo sperimentiamo, sono pochi, a volte poco equipaggiati e stanchi, visto che spesso, a causa dell’organico ridotto, non riescono nemmeno a fare i riposi previsti per legge. E quando ci sono emergenze non c’è pausa che tenga.

Una strana trattativa

Lo scorso 9 luglio si sono incontrati organizzazioni sindacali, esponenti del Dipartimento, del Corpo nazionale e il sottosegretario all’Interno con la delega ai Vigili del fuoco, Emanuele Prisco. Tema: finalmente affrontare le modifiche dei decreti legislativi n. 139/06 e n. 217/05, quelli che riguardano l’organizzazione del lavoro del Corpo e il contratto. Un “difficile confronto” - secondo Mauro Giulianella, responsabile Vigili del Fuoco per la Fp Cgil - visto che i documenti presentati erano incompleti: “Manca l’articolato, manca l’esplicitazione delle finalità delle modifiche, manca la definizione della nuova dotazione organica e la modalità di indirizzo delle risorse”.

Come usare le risorse a disposizione

Le nuove risorse sembrano tante ma in realtà non lo sono, almeno rispetto a ciò che servirebbe davvero, in ogni caso sono risorse importanti. Stiamo parlando, infatti, di 28 milioni di euro per il 2025 e per il 2026, con un aumento a 34 milioni dal 2027. Secondo il dirigente sindacale, “le risorse stanziate dovranno essere indirizzate a tutto il personale del Corpo, nessuno escluso, partendo dal basso, valorizzandone professionalità, competenze acquisite e titoli posseduti”.

Cosa non convince

Ma dalle controparti viene “una proposta che va molto nella direzione dei direttivi e dirigenti, non risponde al personale delle qualifiche più basse e soprattutto non dà quella possibilità di crescita professionale, anche dal punto di vista economico, a nostro parere indispensabile. Faccio un solo esempio, se vuoi far crescere il personale anche dal punto di vista della professionalità occorre comunque aumentare le dotazioni organiche a partire dai livelli più bassi per poi aumentare anche le qualifiche più alte. Ma le dotazioni organiche non ci sono state fornite”.

Molti dubbi sui meccanismi della carriera

Per entrare nella pubblica amministrazione è necessario superare un concorso, lo prevede la Costituzione. Se a decidere la progressione di carriera sarà il dirigente, la questione si complica. “Una cosa è certa – afferma con forza Giulianella - l’incresciosa modalità con cui l’amministrazione intende trattare il personale con l’introduzione del metodo comparativo non ci soddisfa affatto. Ho provato a immaginare un sindacalista – aggiunge – che non fa quello che dice il dirigente: difficilmente sarà giudicato idoneo a fare il capo squadra”.

La vera emergenza è il personale

Le temperature sono tornate bollenti, ma per fronteggiare l’emergenza caldo e incendi ci vogliono uomini e donne che vestono la divisa dei vigili del fuoco. “Di questa emergenza, quella del personale, non si è nemmeno parlato”. I numeri sono impietosi, al momento mancano 4.000 unità operative e 2.500 unità del ruolo tecnico professionale, indispensabile per far funzionare il servizio. La legge prevede che ogni unità operativa sia composta da cinque persone, un autista, un capo squadra e tre vigili, sulla carta. Infatti, racconta Giulianella, “si esce in 4 perché squadre da cinque non si riesce a comporle”. Per di più nei prossimi 4 anni andranno in pensione circa 10mila persone appartenenti al Corpo, ma di concorsi e assunzioni nemmeno l’ombra. E tanto per cambiare, così come accade in altri comparti della pubblica amministrazione anch’essi sotto organico a cominciare dalla Sanità, si chiede a chi c’è di lavorare di più, saltando anche i turni di riposo previsti per legge.

Addetti alla sicurezza poco sicuri

La maggior parte delle lavoratrici e dei lavoratori italiani ha la copertura assicurativa contro gli infortuni dell’Inail, i vigili del fuoco no. È indignato Giulianella: “Abbiamo una assicurazione privata, molto onerosa e che ci dà pochissime coperture. Da anni chiediamo, e continuiamo a farlo, che anche per noi si istituisca la copertura Inail. Bisogna trovare il modo di scardinare questo meccanismo, l’Amministrazione deve mettere in campo un'interlocuzione diretta con l’Inail che faccia una proposta e che dica che cosa è in grado di mettere in campo per garantire al personale un adeguato percorso in caso di infortuni e soprattutto di malattie professionali che noi non abbiamo riconosciute”.

Sembra un paradosso, ma proprio quelle lavoratrici e quei lavoratori più esposti al rischio, non solo di infortuni ma di malattie professionali, visto che sono spessissimo a contatto con materiale tossico o cancerogeno, non hanno il riconoscimento di nessuna malattia professionale. Non sarà che l’Amministrazione non vuole affrontare la questione perché, se lo si facesse per davvero, si scoprirebbe che i premi da versare all’Inail sarebbero assai alti in relazione ai rischi?

Salari poveri

Si dirà: tanto lavoro, tanto rischio, ma salario proporzionato. E invece no. Un vigile del fuoco appena entrato guadagna, comprese le indennità, circa 1.400 euro. Mentre un capo squadra con un'anzianità di circa 30 anni ha una busta paga che si aggira attorno ai 1.900. “Tutto questo avendo sulle spalle una responsabilità che non è da poco. E per di più spetta a ciascuno di noi supplire alle carenze di personale che non dipendono, invece, da noi”. Questa la conclusione amara del dirigente sindacale, che si dice però pronto a condurre il confronto con amministrazione e governo: “Senza sconti e rimanendo uniti”.