Erano iscritti alla Fillea Cgil, due di loro delegati sindacali: giovedì 4 aprile sono stati colpiti da una fiamma dell’incendio divampato nella cabina elettrica mentre erano al lavoro nella Cementiera di Guardiaregia in Molise, di proprietà della tedesca Heidelberg Materials. Claudio Amodeo aveva 53 anni e due figli, insieme a un suo compagno di lavoro è rimasto gravemente ustionato e trasferito d’urgenza al Centro grandi ustionati del Cardarelli di Napoli. Si è spento due giorni dopo per la gravità delle ferite. Il suo collega è ricoverato in gravi condizioni al Sant’Eugenio di Roma. Ancora un incidente mortale in un luogo di lavoro. E arriva all’inizio del quarto mese dell’anno: pochi giorni dopo che Inail ha comunicato che tra gennaio e febbraio del 2024, rispetto allo spesso periodo dell’anno scorso, gli incidenti sul lavoro sono aumentati del 7,2% mentre per i morti da lavoro si registra un +24,7%. Tutto questo prima ancora della tragedia alla diga di Suviana.

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Nulla è per caso

È netto il segretario generale della Fillea Cgil Alessandro Genovesi, ragionando sulle cause degli incidenti: “Il costante stillicidio di operai morti nei cantieri, nelle fabbriche, nei campi sono l’esatta fotografia di un modello di sviluppo e di impresa che ha assunto il profitto come variabile indipendente e la svalutazione dei fattori di produzione come leva di competizione per tenere bassi i prezzi e massimizzare i guadagni”. Forse, aggiungiamo noi, è per questo che nonostante l’aumento degli infortuni e delle morti, nonostante l’aumento altrettanto impressionante delle malattie professionali, il governo Meloni sembra sordo a qualsiasi richiesta di confronto – se non di facciata – su come migliorare la legislazione in materia di salute e sicurezza.

La patente a punti

In origine, l’articolo che la prevedeva era nel decreto legislativo 81 del 2008, Il Testo unico per la salute e la sicurezza sul lavoro, aveva un titolo esplicativo e significativo: “Sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi tramite crediti”. Non si limitava infatti a introdurre un punteggio e delle soglie sotto le quali l’impresa non poteva lavorare, ma prevedeva un sistema di qualificazione, appunto, che serviva a migliorare le condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro. In tutti i luoghi di lavoro, non solo in quelli dell’edilizia. Peccato che non sia mai stato attuato.

Una richiesta unitaria

Già nel 2011 non solo le tre confederazioni, ma anche alcune organizzazioni datoriali a partire dall’Ance, hanno sottoscritto un Avviso Comune che riponeva il tema e la richiesta della patente a punti, di strumenti e procedure per ridurre incidenti e malattie professionali. Richiesta inascoltata. Si è dovuti arrivare a poche settimane fa, quando cinque operai edili, ma non tutti con il relativo contratto, sono morti in un cantiere di Esselunga a Firenze. Ai fiori e alle parole ufficiali – forse un po’ stantie – di cordoglio è seguito l’impegno a introdurre la patente a punti.

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Delusione cocente

Già, perché tra le promesse post incidente e la realtà si è aperta una piccola voragine. Due le richieste fondamentali dei sindacati per costruire sicurezza, oltre che l’eliminazione degli appalti a cascata: da una parte l’introduzione della patente a punti, dall’altra far valere anche per i cantieri e gli appalti privati la normativa – che vale per il pubblico - rispetto all’applicazione anche nella catena dei subappalti, del contratto di lavoro sottoscritto dalle organizzazioni più rappresentative. Invece leggendo l’ultimo decreto Pnrr, il 19 del 2024, si scopre che non vi è l’omologazione tra appalti pubblici e privati, ma solo che in tutta la filiera degli appalti bisogna applicare lo stesso trattamento complessivo retributivo, in base ai contratti più diffusi; e la patente a punti è diventata a crediti, molto sbiaditi.

Le richieste del sindacato

Immediata è seguita la richiesta di modifica del testo, ci sono stati alcuni incontri definiti assai deludenti da Cgil e Uil. In ogni caso Genovesi in quegli incontri c’era: “Abbiamo chiesto due interventi quasi chirurgici su quel testo, innanzitutto che la parità di trattamento non sia solo per la parte retributiva, ma anche per quella normativa che riguarda proprio il tema della sicurezza. La parte normativa del contratto dell’edilizia prevede, ad esempio, 16 ore di formazione sulla sicurezza obbligatorie e un tetto massimo di 40 ore di lavoro a settimana indispensabile per costruire sicurezza. Ma temo che non verremo ascoltati. Il secondo intervento che abbiamo indicato come necessario è che il riferimento non sia il contratto più diffuso, ma quello sottoscritto dalle organizzazioni sindacali più rappresentative. Su questo speriamo di avere ascolto”. Se le richieste dei sindacati troveranno ascolto lo scopriremo presto. In queste ore alla Camera si votano gli emendamenti al decreto Pnrr e alle norme su salute e sicurezza.

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Un passo avanti

La mattina seguente al terribile incidente nella centrale idroelettrica dell’Enel e il giorno primo dello sciopero nazionale, la ministra del Lavoro Calderone ha incontrato i sindacati. Uscendo dall’incontro Alessandro Genovesi e la segretaria confederale della Cgil Francesca Re David hanno commentato: “Rispondono alle nostre rivendicazioni: il ripristino della normativa precedente il 2003 sulla parità di trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello dell’impresa appaltante, per appalti e subappalti, in tutti i settori, anche del privato, e applicazione dello stesso Ccnl quando corrispondente; il ripristino del riferimento ai Ccnl firmati dai sindacati ‘comparativamente più rappresentativi’ che era stato sostituito con ‘contratti maggiormente applicati’, agevolando accordi con sindacati pirata; l’introduzione delle sanzioni ai committenti pubblici per qualsiasi importo e ai committenti privati, sopra i 70mila euro, in caso di Durc di Congruità negativo nell’edilizia”. mentre negativo rimane il giudizio sulla patente a punti.

Sicurezza fatto complesso

La verità è che costruire ambienti di lavoro salubri e sicuri comporta una pluralità di interventi. Aggiunge il segretario generale della Fillea: “Con Draghi avevamo definito che i costi per la sicurezza non debbono scaricarsi sulla manodopera, né negli appalti pubblici ne in quelli privati. Il governo Meloni ha eliminato questa clausola per gli appalti privati. Ma oltre a ripristinare questo, occorre tenere presente che sono tre i fattori di rischio che prescindono dal resto: quante ore si lavora, la fretta, l’età media degli operai. Ecco, in edilizia abbiamo tutti e tre questi fattori di rischio – e grazie alla legge Fornero sulle pensioni l’età media dei lavoratori è anche aumentata – che si moltiplicano esponenzialmente mano a mano che si scende nella catena dei subappalti. Per questo occorre vengano applicati i contratti sottoscritti dalle organizzazioni più rappresentative; e che quando si fanno le norme per la sicurezza vengano tenuti presenti”.

La patente a crediti

Trenta crediti per ogni azienda, la patente la assegna l’Ispettorato del Lavoro (ed è prevista solo per l’edilizia): se si verificano incidenti i punti vengono decurtati e sotto i 15 non si può lavorare. Se il datore di lavoro partecipa ad un corso di formazione sulla sicurezza non meglio definito, i crediti vengono immediatamente restituiti e tutto torna come prima. “Il vecchio articolo 27 – spiega sempre Genovesi -, quello mai applicato, prevedeva non solo la patente vera e propria, ma prima di assegnare quella c’era la qualificazione delle imprese all’ingresso, per cui a seconda di quanti dipendenti, macchinari e capitale sociale si deteneva, si poteva acquisire lavori più o meno grandi. Poi, qualora si fossero verificati incidenti, non solo l’imprenditore ma anche i dipendenti avrebbero dovuto partecipare a corsi di formazione. Se si fosse individuato nell’organizzazione del lavoro e nell’obsolescenza dei macchinari le concause dell’incidente, prima di riottenere i punti si sarebbe dovuto cambiare macchine e organizzazione. Ecco, vorremo tornare a quel testo”.

Le ragioni dello sciopero

C’è quindi più di una ragione per incrociare le braccia giovedì 11 aprile. Non per caso Fillea Cgil e Feneal Uil hanno esteso lo sciopero a 8 ore, non solo in edilizia ma anche negli altri settori del comparto. “Non ci fermeremo – conclude Genovesi -, per noi la vertenza prosegue a tre livelli. Il primo è la contrattazione d'anticipo, cioè esportare il modello Giubileo in tutta Italia. Il secondo ovviamente è provare nella contrattazione: quella per il rinnovo del contratto nazionale e quella per il rinnovo di quelli territoriali, a rafforzare gli strumenti sulla sicurezza. Infine c’è la proposta di legge di iniziativa popolare che stiamo preparando. Vogliamo affermare che un altro modello di edilizia è possibile, che un altro modello sociale e di sviluppo è possibile”.

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