Aspettando l’autunno, abituiamoci a questa calda primavera. Stagione lunga e complicata, che si apre su un orizzonte di mobilitazione permanente e capillare. Strategica e persuasiva. Un percorso dove lavoro, precarietà, salario, salute, diritti, fisco, sicurezza e pace diventano le parole d’ordine su cui basare l’azione sindacale dei prossimi mesi. Pressare il governo per costringerlo a scendere dal piedistallo del “va tutto bene”. Invitarlo a mischiarsi tra la gente, tra i lavoratori e i pensionati per assaporare i veri problemi del Paese reale. Per convincerlo a cambiare rotta prima che lo schianto sia troppo fragoroso e irreversibile.

Con il mandato dell’assemblea generale, la Cgil mette in campo una fitta serie di appuntamenti già in calendario accanto ad altre caselle vuote pronte per essere riempite. Dagli strumenti più tradizionali (scioperi, manifestazioni, assemblee, contrattazione) ad azioni mirate a modificare l’assetto legislativo (i quattro quesiti referendari su licenziamenti, contratti a termine e appalti): tutto è funzionale affinché il lavoro torni al centro del dibattito pubblico.

Il referendum è solo una delle frecce nell’arco della lotta sindacale. L’11 aprile è già fissato, insieme alla Uil, uno sciopero nazionale di quattro ore sul tema caldo, e tragico, della sicurezza sul lavoro. Sabato 20 aprile in piazza a Roma ci sarà una grande manifestazione per continuare quella mobilitazione lanciata alla fine dello scorso anno. Si bissa il 25 maggio a Napoli con La Via Maestra per allargare e coltivare il campo insieme alle associazioni e alla società civile.

Il percorso è dunque tracciato, l’obiettivo prefissato, il traguardo è però tutto da costruire. La buona riuscita delle nobili azioni messe in campo dal sindacato dipende dalla singola persona che diventa collettività. Dalla voglia e dalla passione ad andare avanti. A crederci. A non abbassare la testa. A rivendicare diritti che sembravano acquisiti. E a farlo con convinzione e senza rimpianti. Perché come scrive quell’anonimo poeta urbano su un muro scalcinato di una periferia romana: Se non lotti per ciò che desideri, non piangere per ciò che perdi.

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