Nel Paese in cui tutto sembra andare bene – almeno a sentire i toni trionfalistici della presidente del consiglio Giorgia Meloni – c’è un dato che stona come un fischio in cattedrale: i salari italiani sono tra i più bassi e stagnanti d’Europa. Altro che boom economico, qui siamo nel pantano salariale.

Italia fanalino di coda

Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, l’Italia è l’unico paese del G20 dove i salari reali – cioè quelli depurati dall’inflazione – sono diminuiti tra il 2008 e il 2024. Diminuiti di quanto? Del 8,7%. Mentre nel resto del mondo si cresceva, noi arrancavamo. Anche l’ultima fiammata del 2024 (+2,3%) assomiglia più a un cerotto su una ferita infetta che a una cura vera.

Sos busta paga

Intanto, mentre il governo esulta per lo “storico” taglio del cuneo fiscale, milioni di lavoratori sopravvivono con stipendi da fame. Secondo i dati dell’Osservatorio JobPricing, un operaio guadagna in media 25.522 euro lordi l’anno. Un impiegato arriva a 32.174 euro. Ma il quadro si fa drammatico se si guarda sotto la superficie: più di 5,7 milioni di persone percepiscono meno di 11.000 euro lordi all’anno. E oltre 2 milioni stanno sotto i 17.000. Cifre che definiscono non solo un lavoro povero, ma una povertà lavorata.

Salario minimo, il governo dice no

E mentre la povertà si fa sistemica, cosa fa il governo? Parla. A lungo, spesso, con enfasi. La presidente del consiglio Meloni ha più volte dichiarato che il salario minimo legale non è la soluzione. Anzi, ha sostenuto che “potrebbe peggiorare la situazione”. Intanto, la proposta – sostenuta da opposizioni e sindacati – per fissarlo a 9 euro lordi l’ora è stata affossata in Parlamento.

Il mantra dell’esecutivo è semplice: il mercato si regola da solo. Peccato che in Italia il mercato del lavoro sia deregolato da decenni, tra contratti pirata, precariato dilagante e produttività ferma ai box. Non stupisce, quindi, che mentre le retribuzioni in Germania crescono e quelle in Francia si difendono, in Italia si scivola sempre più giù.

Stipendi bassi, aumenta la povertà

Secondo Eurostat, il salario medio annuo in Italia (circa 29.800 euro nel 2023) è ormai inferiore a quello di Spagna, Francia e Germania. Peggio ancora: un lavoratore su quattro è a rischio povertà. Ma a giudicare dai comunicati ufficiali, l’Italia sarebbe un modello. Il problema, semmai, è che quel modello somiglia sempre più a una trappola salariale. E finché la politica si limiterà agli slogan e continuerà a ignorare la realtà di milioni di lavoratori, sarà difficile uscirne.