Finita l’estate riprendono i tavoli per i rinnovi dei contratti di alcuni settori del pubblico impiego lasciati in sospeso prima della pausa. Il primo in agenda è quello delle funzioni locali, riguarda lavoratrici e lavoratori dei Comuni piccoli e grandi e di tutti quei servizi legati al territorio. Sono tanti e i meno remunerati di tutto il lavoro pubblico, eppure essenziali per la vita di cittadini e cittadine. Tatiana Cazzaniga è la segretaria nazionale della Fp Cgil che martedì 9 settembre si sederà al tavolo insieme agli altri sindacati e all’Aran. Con lei facciamo il punto delle questioni in sospeso e delle rivendicazioni che animeranno le mobilitazioni d’autunno.

Riparte il tavolo per il rinnovo del contratto delle funzioni locali. Che cosa ti aspetti?

Se dovessi dar credito alle ultime interviste del ministro Zangrillo mi aspetterei che lui e il ministro Giorgetti abbiano trovato delle risorse economiche per accorciare le distanze tra il salario delle funzioni locali e quello degli altri comparti pubblici. Deve esser chiaro che il 5,78% di aumento per retribuzioni già più basse rispetto al resto dei settori è assolutamente insufficiente. Serve uno sforzo che non è sicuramente quello contenuto nel decreto legge Pa, che mette solo nelle mani degli enti locali la possibilità di risorse aggiuntive. Serve un impegno a livello nazionale per avere risorse aggiuntive e perequative.

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Pensare che siano gli enti locali a trovare queste risorse sembra quasi fantascienza visti i tagli che le ultime leggi di bilancio hanno inferto loro...

Esatto, il tema è proprio questo. Gli enti locali, ovviamente, mettono proprie risorse economiche per pagare i salari dei dipendenti, ma non succede come per lo Stato che vengono stanziate delle risorse dedicate. Oltre ai tagli del passato – per i prossimi anni ne sono previsti più di 400 milioni – potrebbero, invece, essere ridefiniti almeno rispetto alle scadenze temporali, così da permettere di avere delle risorse aggiuntive da dedicare al rinnovo del contratto dei dipendenti delle funzioni locali.

La questione salariale porta con sé un altro problema. I dipendenti degli enti locali guadagnano talmente poco che appena possono se ne vanno impoverendo le pubbliche amministrazioni.

È così e vale soprattutto per le professioni tecniche, dai geometri, agli architetti e ingegneri: figure professionali assai ricercate nel privato e chi può se ne va, certo per i salari troppo bassi ma, soprattutto rispetto alla responsabilità in capo ai dipendenti dei Comuni che è altissima. Parliamo di responsabilità patrimoniali e penali che spesso mettono nella condizione di dire “Sai che c'è di nuovo? Per 1.300 euro al mese, cambio lavoro”. Un dato per tutti: le dimissioni non per pensionamento dagli enti locali sono il doppio rispetto a quello delle funzioni centrali. Ovviamente varia da Comune a Comune, ma questa è la realtà.

Se alle dimissioni volontarie sommiamo anche i pensionamenti previsti per i prossimi anni siamo alla desertificazione. Come si fa a garantire ai cittadini e alle cittadine il diritto ai servizi, soprattutto nei Comuni più piccoli e delle aree interne?

Questa risposta dovrebbe darla l'ineffabile Zangrillo. Più volte abbiamo rivendicato la necessità di un piano straordinario di assunzioni accompagnato da una rivalutazione complessiva dei nostri salari. Il contratto collettivo nazionale di lavoro che ci propongono di sottoscrivere ha – come salario di ingresso per un funzionario che in un Comune piccolo fa tutto e ha di fatto responsabilità dirigenziali – 24.000 euro lordi annui. È uno dei motivi per i quali non si riescono a trovare tecnici e laureati che accettino di andare a lavorare nelle piccole amministrazioni locali. Penso, per esempio, al personale assunto nell’area del cratere del terremoto del centro Italia che, in parte, ha scelto nuove strade professionali. E poi oltre al salario, per le lavoratrici e i lavoratori delle funzioni locali c’è l’annosa questione del precariato che non ha di certo agevolato la loro permanenza. E a subire gli effetti negativi di tutto ciò sono i cittadini e le cittadine, privati di servizi essenziali visto che spetta ai Comuni assicurarli dalla nascita alla morte dei propri abitanti.

A fronte di questo il ministro continua a dire di non capire per quale motivo la Cgil non vuole sottoscrivere la bozza di rinnovo contrattuale presentato dall’Aran. Secondo Zangrillo negli anni passati i precedenti rinnovi sono stati sottoscritti anche senza il recupero pieno dell'inflazione. Ma è vero?

Il ministro Zangrillo sbaglia. Dopo la stagione del blocco contrattuale previsto dalla legge Brunetta durata 9 anni, sia nel 2016-2018 che nel 2019-2021 non abbiamo sottoscritto contratti senza il recupero pieno dell'inflazione, anzi. I numeri non mentono: nel triennio 2016/2018, inflazione +2.1% rinnovo proposto +3.48%, recupero potere d'acquisto di +1.38%. Triennio 2019/2021, inflazione +2.3%, rinnovo +4.38%, potere d'acquisto +2,08%.

Se martedì prossimo le vostre proposte non verranno accolte, che cosa succederà?

Non firmeremo un rinnovo che, al netto dell’indennità di vacanza contrattuale che il governo ha deciso unilateralmente di erogare l'anno scorso a dicembre, ci porterebbe in busta paga un aumento medio di 20 euro al mese. Venti euro! Lo diciamo chiaramente: di fronte a queste cifre continueremo a lottare!

Ci racconti di che tipo di buste paga parliamo?

Io sono un’insegnante di scuola dell’infanzia, ho 32 anni di servizio, ho maturato cinque progressioni economiche e indennità contrattuali, guadagno 27mila euro lordi annui. Vi sembra questa la retribuzione adeguata a chi ha grandi responsabilità nei confronti di bimbe e bimbi? O anche nei confronti degli anziani? Un funzionario assunto oggi arriva a stento a 24mila euro lordi annui e se viene, per esempio, da fuori Milano, la mia città, un posto letto costa (dalle suore) attorno a 750 euro al mese.

Quindi si prospetta un autunno di mobilitazione?

Si prospetta un autunno di mobilitazione, certo. Siamo convinti che il governo debba fare tutto il possibile per trovare le risorse economiche necessarie a garantire salari dignitosi. Non parliamo di miliardi. Occorre trovare una soluzione che potrebbe aprire un percorso di riallineamento e di perequazione. In ogni caso a fronte di un’inflazione a quasi il 17% non possiamo pensare di firmare al 5,78. Zangrillo deve farsene una ragione e non continuare a prenderci in giro. La risposta del Decreto Pa è parziale e difficilmente attuabile, vanno trovate le risorse attraverso la legge di bilancio per dare la possibilità ai Comuni di dare una risposta ai problemi del salario di lavoratori e lavoratrici. I Comuni così, da soli, non ce la possono fare. Una strada potrebbe essere quella di agire su una contrazione dei tagli ai trasferimenti agli enti locali. Se ne hanno altre sarebbe meglio, ma deve essere chiaro che quasi gratis non possiamo continuare a lavorare. E che ai cittadini vanno pienamente garantiti i diritti essenziali, ovunque vivano.

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