Takeve è il primo delivery etico e sostenibile tutto al femminile, pensato per dare un’opportunità alle donne che a causa della pandemia hanno perso il lavoro, sono state espulse dal mercato. Nato a novembre 2021, dopo un anno di gestazione, questo servizio di consegne a domicilio di food e non solo, al momento copre tre zone di Roma, ma nei progetti entro marzo sbarcherà anche a Milano. “In un settore come questo, in cui il lavoratore è vulnerabile, non ci sono diritti né tutele, abbiamo pensato di lanciare un’iniziativa che garantisca il lavoro, le tutele e la persona, e che desse un impiego alle donne – spiega la fondatrice di Takeve, Evelyn Pereira, peruviana d’origine e romana d’adozione, due figli e una vita da reinventare dopo la maternità -. Cerchiamo di perseguire la sostenibilità a 360 gradi, coinvolgendo anche gli stakeholder, cioè i ristoratori e i consumatori”.

La scommessa è proprio questa, che tutti si ritrovino nei principi etici dell’impresa, condividendoli. Quali sono? Innanzitutto la regolarità dei contratti: le lavoratrici sono assunte come ciclofattorine part-time, per tre o quattro ore al giorno, a tempo determinato, quindi con fisso mensile, contributi, assicurazione contro gli infortuni. L’azienda fornisce il mezzo, una bicicletta elettrica, e gli strumenti per lavorare, casco, giacca, zaino, dispositivi di sicurezza. “Adesso stiamo cercando una partnership per gli scooter elettrici – prosegue Pereira -. La consegna viene effettuata contact free, con uno sgabello portatile per poggiare la merce, che viene poi sanificato, e senza salire al piano: sono donne e questa è una misura di protezione per loro. Le nostre rider sono cinque per ogni turno, prevediamo di finire il primo anno con 70 dipendenti, in base alla crescita e all’espansione delle zone. Certo, non è facile. C’è la concorrenza dei big player e affermare qualsiasi tipo di brand appena nato è un’impresa. Ma i consumatori sono più consapevoli di prima, sono attenti alla sensibilità e all’impatto positivo degli acquisti che fanno”.

Prima di lanciarsi in questa avventura lo staff di Takeve, che è l’acronimo di “Take everything” ossia “prendi tutto”, ha intervistato molte donne, chiedendo che cosa avrebbero voluto fare, dopo la maternità o dopo aver perso il lavoro. E il loro desiderio principale era trovare un impiego garantito ma flessibile, capace di conciliare i tempi della vita. “Il nostro è un rapporto umano, siamo, sì, una piattaforma digitale, ma facciamo i colloqui di persona, accompagniamo le lavoratrici nella zona che serviranno, siamo sempre in contatto con loro, insomma siamo una famiglia”, precisa Evelyn Pereira.

Una versione confermata da Chiara, 43 anni, due bambini, “una rider fuori scala” come si definisce lei, che dopo la maternità voleva rimettersi in gioco, anche per fare qualcosa per sé. “È stata una svolta – racconta -. I bambini vanno a scuola e poi dai nonni, che così hanno un po’ di compagnia, e io lavoro. La cosa che più mi piace? Che vado in bicicletta, sto all’aria aperta, dopo mesi di reclusione e di giornate che giravano intorno ai cinque pasti, è una sensazione bellissima. E poi mi piace l’idea di svolgere un servizio. Per tre ore al giorno, faccio il turno del pranzo, porto a casa 600 euro più le mance. E non è poco”.

I pericoli connessi a questo mestiere, che si svolge in strada, Chiara non li ha mai incontrati. Le ciclofattorine di Takeve sono comunque dotate di un portachiavi che all’occorrenza si può aprire e tirando un cordino emette un allarme sonoro molto forte. “Ai clienti noi cerchiamo di comunicare l’eticità della nostra attività, e sono soprattutto le consumatrici ad apprezzarlo – conclude Chiara -. Gradiscono molto anche lo sgabellino che usiamo per le consegne, per non poggiare la busta per terra. Solo una donna poteva pensarci!”.