Chi sono i quadri in Italia? Quanto guadagnano? In quali ambiti sono più o meno presenti? Qual è il rilievo della presenza femminile? Temi che possono sembrare di nicchia ma che in realtà rappresentano la cartina di tornasole del nostro mercato del lavoro – comprese le sue arretratezze – e indicazioni utili per un sindacato come la Cgil che da 30 anni, con la nascita di Agenquadri prima e Apiqa poi, si è posta l’obiettivo ambizioso di rappresentarle.

Molto utile, da questo punto di vista, lo studio realizzato dalla Fondazione Di Vittorio per la collana Working Paper dal titolo Occupazione e salari dei lavoratori dipendenti quadri in Italia e in Lombardia (2017-2021) e commissionato da Apiqa e Filcams Lombardia. La ricerca è stata condotta sulla base di analisi originali sui dati della Rilevazione sulle forze di lavoro (Rfl) dell’Istat e dell’Inps.

Un identikit

Nel 2021 i quadri in Italia sono stimati pari a 1 milione e 223 mila, il 6,9% dell’occupazione dipendente, più della metà dei quali impegnati nei settori a vocazione pubblica: istruzione, sanità e altri servizi sociali. Nei servizi alle imprese, commercio, informatica, alloggio e ristorazione i quadri sono 177 mila, il 14,5% della totalità dei quadri e il 3,7% della totalità dei dipendenti negli stessi settori.

I quadri si concentrano in poche regioni (uno su cinque risiede in Lombardia e uno su sei nel Lazio), hanno quasi tutti contratti a tempo pieno e indeterminato, si caratterizzano per la formazione universitaria, per le professioni scientifiche e di alta specializzazione, per l’età media relativamente elevata.

La figura del quadro, ci spiega Giuliano Ferrucci, ricercatore della Fdv, “è stata istituita con la legge 190 del 13 maggio 1985. È un lavoratore dipendente che svolge con continuità funzioni di rilevante importanza in azienda e si colloca in posizione intermedia tra dirigente e impiegato. Requisiti e compiti, in alcuni casi direttivi, sono rimandati alla contrattazione collettiva. Va poi sottolineato che In Europa solo in Italia, Francia e Spagna questa figura ha un suo riconoscimento giuridico”.

Proprio per questo forte riferimento alla contrattazione collettiva, commenta Federica Cochi (presidente di Apiqa, l’associazione affiliata alla Cgil che rappresenta le lavoratrici e i lavoratori quadri, professionisti e alte professionalità) “abbiamo bisogno di dati, informazioni, mappature. La funzione di Apiqa è quella di ‘aiutare’ le categorie a rappresentare una fascia di lavoratrici e lavoratori che per la loro collocazione intermedia hanno caratteristiche particolari ma che comunque hanno bisogno del sindacato. E senza conoscenza l’azione sindacale diventa difficile”.

Da questo punto di vista, questo lavoro è in continuità con la grande ricerca realizzata nei mesi scorsi da Cgil e Fdv sul lavoro dipendente, in cui una sezione importante era dedicata proprio a quadri e alte professionalità.

Dirigente o impiegato?

A lungo la figura del quadro è stata assimilata a quella del dirigente, e quindi vista spesso come una controparte per il sindacato. In realtà se vediamo il capitolo dello studio dedicato ai salari, ci accorgiamo che non è esattamente così. “Le retribuzioni – commenta Cochi –, ancorché più alte di quelle di impiegati e operai, sono meno della metà di quelle dei dirigenti e dunque in una scala sono più vicine a quelle dei primi”. Nel dettaglio, il salario medio di un quadro italiano nel 2021 si è attestato a 65,6 mila euro: 49,4 mila e 40,7 mila euro più di un impiegato e di un operaio, ma inferiore di 79,9 mila euro a quello di un dirigente.

Il sindacato è necessario anche perché, osserva la presidente di Apiqa, “sempre di più il numero di quadri diminuisce e aumentano figure di alte professionalità che non rientrano nella figura delineata dalla legge dll’85, a cominciare dagli informatici, come si vede anche nello studio, e dunque anche in questo caso c’è bisogno di un’azione rivendicativa da parte del sindacato”.

Una lente sul mercato del lavoro

Uno degli aspetto più interessanti dello studio sta nel fatto che osservando un segmento molto specifico del mercato del lavoro traiamo informazioni e conferme generali sul nostro sistema economico. Ancora Ferrucci: “Nel 2021 i quadri in Italia sono stimati pari a 1 milione e 223 mila, il 6,9% dell’occupazione dipendente. In rapporto alla totalità degli occupati è un numero relativamente basso rispetto alle grandi economie europee e questo a causa di un modello di sviluppo e di organizzazione del lavoro che, almeno negli ultimi 30 anni, non ha premiato le professionalità più qualificate”

Meno donne e meno pagate

Altra conferma arriva purtroppo circa il divario di genere. In quasi tutti i comparti presi in considerazione (11 su 14), infatti, la percentuale di maschi sul totale quadri non è inferiore al 60%, “anche in settori caratterizzati dalla presenza femminile – dice Cochi –, come i servizi collettivi e personali dove le donne rappresentano il 75% dei dipendenti, ma solo il 40% dei quadri. Uno spaccato molto interessante del tetto di cristallo”.

Anche il gender pay gap è altissimo, parliamo di 10 mila euro l’anno, se è vero inafatti che il salario medio dei quadri uomini si attesta a 68,7 mila euro mentre quello delle donne a 58,9 mila. E qui, argomenta Cochi, “la motivazione potrebbe risiedere nel fatto che a incidere pesantemente sulle retribuzioni dei quadri è la parte individuale e il fatto di essere uomini potrebbe avere un peso rilevante”.

Altro elemento interessante, che sottolinea Ferrucci, è la scarsa presenza dei giovani. Anche al netto della considerazione che per svolgere queste funzioni un po’ di esperienza ci vuole, “in Italia effettivamente questa presenza è particolarmente bassa, visto che solo 11 quadri su 100 hanno meno di 35 anni”.