Lo abbiamo detto e scritto poche ore fa, come Federazione dei lavoratori delle costruzioni (Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil) a firma dei tre segretari generali: deve prevalere da parte di tutti il senso di responsabilità, attenersi alle indicazioni di profilassi date dalle istituzioni preposte, organizzare il lavoro in modo che tutti gli operai e gli impiegati siano in sicurezza e ricorrere alla riduzione o al fermo produttivo quando tali procedure di precauzione non possono essere garantite. 

Si evitino atteggiamenti che banalizzino le preoccupazioni dei lavoratori, che sono le preoccupazioni di genitori, fratelli e sorelle, figli e si evitino, al contempo, blackout produttivi in quelle realtà che possono andare avanti.  Serve cioè, sensibilità, responsabilità e buon senso per il bene di tutti, per oggi (per contrastare il contagio) e per domani, quando dovremmo tutti ripartire insieme, provando a raccogliere “meno cocci possibili”. 

Vale ovviamente per i cantieri che vanno messi in sicurezza (non si può fermare un traforo o la posa di una rete metallica anti frana, senza o mettere in tutela lo scavo o completare il versante) e, inutile dirlo, vale per le attività connesse alla sicurezza dei servizi indispensabili (dalle manutenzioni delle strade o ferrovie dove continueranno a circolare le merci di prima necessità, ai servizi idrici ad eventuali ampliamenti/adattamenti di locali sanitari, ecc.). 

È chiaro che dove non ci si attrezza per garantire tale sicurezza o dove vi sono condizioni oggettive di impossibilità a garantirla (per esempio per alcune lavorazioni) la riduzione dei volumi produttivi, fino al loro fermo momentaneo, è una delle ipotesi possibili anzi va pratica e, ritengo e mi auguro, sarà contemplata dai prossimi decreti per garantire ammortizzatori a tutti, mantenendo anche l’obbligo del passaggio sindacale (a proposito di possibili imprenditori furbetti...).

Quello che non è possibile è, però, il caos: o decisioni unilaterali delle aziende sia per andare avanti che per fermarsi (aziende che magari stando indietro con i lavori o in procinto di ristrutturazione cavalcano anche la normale ed umana paura di tutti noi per metter mano a fermi produttivi o a riduzioni di personale) o l’auto gestione. 

Siamo consapevoli che il sentiero è stretto: che molti lavoratori sono, siamo, preoccupati e pensano, per esempio, che mettersi in malattia (al netto di quello che poi farà o non farà il medico di famiglia) o anche rinunciare ad una parte di salario sia comunque la scelta più giusta. 

Sul piano umano e delle scelte soggettive non dirò mai una parola contro. Ma – e lo dico con la consapevolezza di chi ha genitori anziani, amici e parenti positivi al tampone e ahimè anche con qualche problema di salute precedente – non possiamo arrenderci solo alla paura...

Sarà quindi impopolare forse la posizione che Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil hanno preso, forse qualcuno ci speculerà anche sopra per qualche breve ed ignobile tornaconto, ma è nostro dovere gestire l’emergenza per quella che è: grave e pensando alla salute prima di ogni cosa, ma anche convinti che il Paese non si può fermare lì dove vi sono tutte le condizioni oggettive per andare avanti. 

Per questo ribadiamo che tutti si devono attenere alle disposizioni delle autorità sanitarie, rispettare le indicazioni del Ministero della Salute per la corretta profilassi (lavarsi spesso le mani, mantenere le adeguate distanze, ridurre al minimo i rischi, ecc.), e se serve fare qualche sacrificio anche significativo (pensiamo ai tanti lavoratori che dopo settimane di lavoro in cantiere vogliono tornare a casa e per cui bisogna prevedere deroghe per gli alloggi ricettivi che li ospitano, quelli privati per intendersi). 

Questo però vuol dire anche e soprattutto che le imprese, a partire dai grandi committenti, devono organizzare da subito diversamente il lavoro (entrate ed uscite scaglionate, riorganizzazione permessi e rientri, mobilità con mezzi aziendali con le dovute distanze, ecc.)  e gli stessi spazi comuni (dalle mense agli spogliatoi, alle residenze collettive) al fine di ridurre al minimo ogni rischio, garantendo i necessari DPI in tutte le condizioni necessarie. Al riguardo, ogni caso va allora valutato singolarmente e per quello che è, seguendo i consigli delle strutture sanitarie preposte e richiedendo, se necessario, consulenze mirate. 

Per queste ragioni, in uno stretto raccordo con i ministeri preposti, a partire dal Mit si  dovranno richiedere incontri con tutte le direzioni aziendali e di cantiere al fine di organizzare meglio i lavori, valutare se vi siano strumenti di flessibilità possibili (dallo smart working già iniziato a praticare per le attività impiegatizie al lavoro a turni più ridotti per gli operai anche ricorrendo ad accordi sindacali per l’eventuale smaltimento di permessi e ferie residue ove ciò sia compatibile), organizzare meglio gli spazi comuni e, se ritenuto utile, procedere alla sanificazione di specifici ambienti, organizzare la mobilità delle squadre ove strettamente necessario, favorire turnazioni in grado di conciliare meglio esigenze familiari con quelle produttive e – nelle ipotesi necessarie – ricorrere a sospensioni temporanee con immediato ricorso agli ammortizzatori sociali (ordinari o in deroga), previo accordo sindacale (anche in forma elettronica con Pec, tanto per essere chiari).

Al contempo sarà necessario, attraverso le Rsu e tutti i funzionari, tenere informati, magari tramite whatsapp ed email i lavoratori dei vari reparti e cantieri, e raccogliere dagli stessi tutte le informazioni necessarie, facendoci carico delle legittime preoccupazioni, ma anche del necessario senso di responsabilità affinché chi può continui a lavorare in sicurezza.

Per questo facciamo appello a tutte le lavoratrici e lavoratori al massimo senso di responsabilità, a prestare massima attenzione a tutte le indicazioni utili per le necessarie profilassi e chiediamo alle  aziende, in maniera chiara ed inequivocabile, di concordare le migliori soluzioni possibili per garantire la continuità produttiva nel rispetto delle legittime preoccupazioni di lavoratrici e lavoratori e, se necessario, di codificare i fermi produttivi, le assenze gestibili, il ricorso agli ammortizzatori sociali, con un di più di relazioni sindacali, un più di rispetto verso i lavoratori e non meno... 

Ps: è con questo identico spirito che, pur consapevoli della situazione per molti versi inedita e della forse scontata scarsa attenzione al tema specifico in queste ore (ed è normale), insieme alla Cgil stiamo per esempio ribadendo che la fase eccezionale non può essere usata come Cavallo di Troia per derogare al Codice degli Appalti con la nomina di commissari straordinari “a pioggia” secondo quanto previsto dal contestato “Sblocca cantieri”. Perché domani il Paese possa tornare alla normalità in tutti i sensi…

Ed è sempre con questo spirito che ritengo – passata l’emergenza e con tutte le attenzioni e accortezze del caso – che anche noi come sindacato (a partire dalle funzioni che io stesso ho ricoperto sia come dirigente confederale e di categoria) dovremmo riflettere di più su quanto abbiamo realmente e fino in fondo difeso coerentemente (penso al tema della sanità integrativa, della cosiddetta sussidiarietà pubblico-privato, ecc.) quella centralità del welfare pubblico e del Servizio sanitario nazionale che oggi sta facendo la differenza…

Alessandro Genovesi, segretario generale Fillea Cgil