“Quello che sta succedendo in questi giorni alla Bagnolo di Calenzano (Fi), in cui 25 lavoratori di diverse nazionalità sono senza stipendio da due mesi e sono stati allontanati dall'azienda per aver chiesto di essere pagati, è responsabilità non solo di chi commette lavoro a basso costo, ma anche delle istituzioni che non applicano la ‘responsabilità in solido’ nei confronti dei committenti che sono le aziende (tra le quali compaiono marchi importanti come la Peuterey) che commettono lavoro a terzisti non in regola”. Lo afferma Sonia Paoloni, segretaria nazionale della Filctem Cgil e responsabile del settore tessile e abbigliamento, riguardo la vertenza dei lavoratori della Bagnolo.

“L’azienda assume lavoratori part time e li sfrutta facendoli lavorare 10 ore al giorno - continua Paoloni -, un comportamento inaccettabile per i lavoratori e irrispettoso verso le leggi e i contratti nazionali. Per questo chiederemo l’intervento delle istituzioni, dell’Ispettorato nazionale del lavoro, del ministero del Lavoro affinché si applichi, in tutta Italia, la ‘responsabilità in solido’ nei confronti dei committenti”. Ricordiamo che la ‘responsabilità in solido’ prevista dal codice degli appalti va applicata anche al lavoro in conto terzi, riconosciuto dalla Corte Costituzionale come “lavoro in appalto”. E va applicata anche in casi come questo di pluricommittenza facendo pagare ai committenti in base al fatturato.

“Abbiamo chiesto un incontro urgente al ministro Di Maio - prosegue la segretaria della Filctem Cgil -, a cui il ministero del Lavoro non ha mai dato risposta, ignorare questi problemi e perdere ulteriore tempo rischia di mettere a repentaglio la vita di tanti lavoratori”.

“Perché il Ministro non ci convoca? Ha forse paura di far pagare chi sfrutta i lavoratori? Le normative esistono basta avere la volontà di farle applicare. Andremo fino in fondo in questa vicenda perché si verifichi, una volta per tutte, un’assunzione di responsabilità da parte di questo Governo. Va applicato il reato di sfruttamento in base alle norme del codice penale”, conclude Paoloni.