I lavoratori somministrati hanno diritto allo stesso trattamento dei dipendenti diretti. Lo dicono la legge e il Ccnl della somministrazione e continuano a confermarlo i giudici del lavoro, da Nord a Sud, a Milano, Firenze, Ancona, Foggia, Lamezia Terme, Mantova.

L’agenzia per il lavoro Adecco, infatti, finora, è stata obbligata in tutti i tribunali a risarcire i lavoratori che tra il 2019 e il 2021 avevano lavorato nella commessa Poste Italiane, prima come corrieri e poi come postini, senza ricevere i premi produzione e la una tantum prevista dal rinnovo del Ccnl di settore, come i dipendenti diretti.

“Anche durante i mesi più duri della pandemia, quando tutti eravamo chiusi in casa per l’emergenza Covid-19, questi lavoratori hanno garantito che il servizio di consegne di Poste proseguisse – spiega Giuseppe Cillis del NidiL Cgil nazionale –. Nonostante ciò, non è stato rispettato il loro diritto ad accedere ai premi produzione e alla una tantum prevista dal rinnovo del Ccnl di settore predisposti per i dipendenti e, appena possibile, sono stati lasciati a casa. Abbiamo quindi messo a loro disposizione il nostro sostegno legale, e continuano ad arrivare le sentenze positive che obbligano Adecco a risarcire gli ex corrieri (per un totale, ad oggi, di oltre 50 mila euro) e a pagare le spese legali. Ma le cause aperte sono molte di più, attendiamo che anche gli altri tribunali si esprimano nei prossimi mesi”.

La parità di trattamento è alla base del lavoro in somministrazione, garantita dalla legge e acquisita nel Ccnl di settore, ma troppo spesso questo diritto delle lavoratrici e dei lavoratori non viene rispettato dalle aziende utilizzatrici e dalle agenzie per il lavoro.

Nel 2021, gli ex somministrati in Poste Italiane sono stati protagonisti di una lunga lotta per la continuità occupazionale che si è conclusa con un “tutti a casa”, perché l’azienda partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, per risparmiare sul lavoro, ha alla fine preferito affidare il servizio delle consegne a società esterne.

“Nonostante il problema della continuità occupazionale, spesso si dice che il contratto di somministrazione lavoro, tra quelli precari, sia tra i più tutelati, ma se non viene rispettata la legge e manca la parità di trattamento, diventa l’ennesima forma di sfruttamento attraverso cui le aziende utilizzatrici risparmiano sul costo del lavoro, sulle spalle di chi lavora. – commenta Davide Franceschin, segretario nazionale NidiL Cgil –. Il pronunciamento dei giudici, nel ribadire per l’ennesima volta che la legge va rispettata, è una vittoria per il sindacato, ma soprattutto per tutte le lavoratrici e i lavoratori a cui vengono negati i diritti”.