Un operaio di 58 anni è morto sul lavoro questa mattina intorno alle ore 7.00. Il decesso nello stabilimento Aristoncavi di Brendola, provincia di Vicenza. La vittima è rimasta incastrata in un macchinario.

Secondo alcune informazioni, l'uomo sarebbe deceduto mentre stava operando a un’apparecchiatura dell’impianto. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco, assieme allo Spisal dell’azienda Ulss berica e i Carabinieri.

Elena Petrosino, Filctem Cgil: “Il governo dia risposte sulla sicurezza”

“Esprimiamo vicinanza alla famiglia del lavoratore che ha perso la vita questa mattina e alle colleghe e i colleghi della Aristoncavi di Vicenza, nell’attesa che gli organi ispettivi verifichino la situazione e le eventuali responsabilità dell’azienda”. Così Elena Petrosino, segretaria nazionale della Filctem Cgil, ha commentato la terribile notizia.

“L’ennesimo incidente mortale occorso a un lavoratore dalla grande esperienza e professionalità. Aspettiamo risposte dal governo sul rafforzamento della prevenzione, sulle assunzioni di personale ispettivo e sui controlli in tutti i luoghi di lavoro. L’8 e il 9 giugno prossimi ciascuna e ciascuno di noi è tenuta/o ad andare a votare i referendum promossi dalla Cgil, tra cui quello per rafforzare la responsabilità delle aziende in materia di salute e sicurezza, in particolare negli appalti e subappalti”, ha concluso Petrosino.

Filctem Cgil Veneto: “Sicurezza sul lavoro diritto inalienabile”

“Oggi il mondo del lavoro si lista nuovamente a lutto. Questo è l’ennesimo incidente in importanti realtà produttive cui gli organi competenti faranno le indagini e verificheranno le responsabilità, ma resta ferma e imprescindibile la responsabilità di un sistema produttivo che non tutela i lavoratori, che mette il profitto al primo posto a scapito della sicurezza e della vita umana, che non previene e controlla – scrive in una nota la Filctem Cgil Veneto –. L’abbassare gli standard e i livelli di sicurezza in un’ottica di risparmio, e il perseguire la corsa – e rincorsa – al profitto ad ogni costo attraverso il lavoro ‘povero’, il non rispetto dei diritti del lavoro più basilari, non possono e non devono in alcun modo seppellire la vita dei lavoratori e dei loro cari”.

“È inaccettabile anche il solo pensare di progettare le prospettive della ripresa economica territoriale scaricando la gravosità degli esiti sui lavoratori, facendo loro pagare il prezzo più alto in termini di bassi salari, di precarietà, di insicurezza, di sofferenza, di morte. È evidente il nesso tra la crisi, il crollo degli investimenti nelle aziende, e le ricadute drammatiche sulle condizioni di lavoro, soprattutto sulla sicurezza. La scomposizione dei cicli produttivi, il ricorso all’appalto e al sub appalto, l’aumento degli orari di lavoro per rispondere alle sollecitazione del mercato e a nuove commesse di lavoro, la precarietà dei rapporti di lavoro che non consente una adeguata formazione ai lavoratori, (anche in Veneto sono in forte aumento le assunzioni con contratti precari a tempo determinato, il ricorso a stage e tirocini non retribuiti parallelamente a una forte diminuzione delle assunzioni con contratti a tempo indeterminato) sono la base di un sistema produttivo che antepone la ricerca del profitto al rispetto delle leggi, dei contratti, e delle regole che sovraintendono alla sicurezza e alla salute nei luoghi di lavoro. È una strage”. 

“Nel Veneto – continua la nota – nel 2025 solo nei primi quattro mesi si è superato ogni record negativo per quanto riguarda le morti bianche (in media un morto a settimana), gli infortuni e le malattie professionali pur a fronte di milioni di ore di cassa integrazione. Questo vuol dire che alle difficoltà di una industria manifatturiera (più di due anni di recessione industriale) la risposta del sistema produttivo è il risparmio sulla salute e sicurezza, l’aumento dei ritmi produttivi, gli scarsi investimenti tecnologici. A questo si aggiunge lo scarso controllo da parte dello Stato certificato dalla strutturale carenza di personale dello Spisal e di tutti gli organi statali e regionali deputati alla prevenzione nei luoghi di lavoro”.

“È necessario e indispensabile affermare con forza che la salute e la vita vengono prima di tutto. Prevenzione, investimenti, responsabilità sociale d’impresa, sicurezza, lavoro di qualità sono i termini chiave che dobbiamo e vogliamo rivendicare oggi per intraprendere un’azione contrattuale, politica e pubblica, decisa e decisiva, volta al superamento della cieca schizofrenia del profitto, riponendo al centro la vita, la dignità umana nel lavoro e i diritti del lavoro. Fermiamo questa ecatombe, non è più pensabile derubricare gli infortuni sul lavoro ad una mera fatalità”.

“Quest’anno – scrive la Filctem veneta – il Primo Maggio è stato vettore di denuncia e protesta verso l’indifferenza e l’ipocrisia con cui la tragedia dei morti sul lavoro viene affrontata da questo Governo. Gli slogan, le promesse non bastano, qui ci vogliono investimenti, nuove assunzioni di personale per i costanti controlli nelle aziende, altro che non disturbiamo chi produce e rende ricco il Paese. L’indignazione e la rabbia non bastano più per denunciare e agire affinché i temi della sicurezza e della dignità sul lavoro acquisiscano una nuova centralità. Non si può morire di e sul lavoro. Servono urgentemente iniziative specifiche – investimenti e formazione – che coinvolgano pienamente tutti gli attori istituzionali, politici, datoriali e sociali a partire dalla creazione di un tavolo di crisi. La sicurezza sul lavoro – conclude la nota – non deve essere l’applicazione burocratica delle norme, deve essere e diventare la priorità, anche contrattuale, della azioni specifiche da mettere in atto: deve essere un diritto inalienabile”.

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