Dagli schermi televisivi e dalle pagine dei quotidiani la presidente del Consiglio continua a scagliare l’accusa di incoerenza a “quei sindacati che riempiono le piazze per invocare il salario minimo, e poi firmano contratti ben al di sotto della soglia indicata”. Peccato che questa accusa svela l’incoerenza di chi la pronuncia e la sua ignoranza rispetto ai meccanismi della contrattazione. O forse svela difficoltà nell’argomentare la propria contrarietà al salario minimo legale.

Dimentica o ignora, infatti, Meloni che a siglar contratti si è in due: chi tutela gli interessi dei lavoratori e chi, invece, quelli dei datori di lavoro. E spesso i rapporti di forza sono - purtroppo - a favore di quel che una volta di chiamano padroni, e che spesso oggi si comportano come tali. E ci son padroni che di ridurre i propri profitti per siglare contratti con salario dignitoso, come per altro prescrive la Costituzione, proprio non vogliono saperne.

Questa è tra le ragioni ad esempio, della grande difficoltà a rinnovare i contratti adeguando le retribuzioni all’aumento del costo della vita. E allora, seduti attorno a quei tavoli capita che, pur di non lasciare lavoratori e lavoratrici privi della tutela contrattuale e quindi ancor più poveri e soli, i sindacati firmino - obtorto collo - contratti al di sotto di 9 euro perché i rapporti di forza non consentono altro.

Ma, è qui cade per incoerenza Meloni, se per legge la paga oraria minima fosse fissata a 9 euro, quella norma rafforzerebbe il potere contrattuale delle organizzazioni sindacali. Così come, questa è da tempo la richiesta della Cgil, se ad affiancare la legge sul salario minimo legale arrivasse una norma sulla rappresentanza sindacale, nessun “sindacato di comodo” potrebbe più firmare contratti che poco tutelano e poco rappresentano, e quelli siglati dalle organizzazioni, per libera scelta di lavoratori e lavoratrici, più rappresentativi avrebbero valenza erga omnes.

Prima di scagliare la pietra dell’incoerenza, allora, Meloni dovrebbe, legger meglio i richiami dell’Europa, del Fondo monetario e di Bankitalia che più volte hanno sottolineato come la malattia grave che attraversa la nostra economia dipenda in gran parte da salari troppo bassi per sostenerla.

E, soprattutto, dovrebbe richiamare sé stessa, coerentemente, al rispetto della Costituzione, come recentemente ha fatto il presidente Mattarella, ricordando che a quella Carta che fonda la Repubblica sul lavoro, ha giurato fedeltà.