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Nelle Marche aumentano i morti sul lavoro e diminuiscono gli infortuni. La sintesi dei dati Inail, elaborati dalla Cgil regionale, è tutta in questa frase. Poco più di 14mila gli infortuni denunciati tra gennaio e novembre 2020. Quasi 3.400 in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un dato importante, che si spiega con i fermi produttivi e il rallentamento delle attività economiche avvenuti a causa del covid.
"Al di là delle statistiche - è il commento del sindacato - bisogna essere consapevoli che, dietro a quei numeri, ci sono lavoratori e lavoratrici in carne e ossa. Per questo, prima di tornare a piangere un altro morto sul lavoro, occorre intervenire a ogni livello con un'azione forte da parte di tutti, dalle imprese alle istituzioni investendo in sicurezza, prevenzione, formazione, lavoro stabile e di qualità e condizioni di lavoro dignitose".
Anche perché i. numeri, seppure in diminuzione, restano importanti e preoccupanti, tenendo conto di quello che è avvenuto proprio nel 2020 sul mercato del lavoro marchigiano: 35mila i posti di lavoro persi. Tra questi oltre 14mila di lavoro subordinato. Senza contare che da marzo scorso sono state autorizzate oltre 100 milioni di ore di cassa integrazione, equivalenti al mancato lavoro di circa 60mila lavoratori a tempo pieno.
"Se si osservano gli infortuni in occasione di lavoro - sottolinea l'elaborazione della Cgil Marche - emerge che i più colpiti sono i lavoratori dell’industria e dei servizi dove peraltro gli infortuni diminuiscono solo dell’8,7%. Diminuiscono meno in particolare nei settori del terziario (-4,9%) che, nonostante le misure restrittive del Governo, ha quasi sempre lavorato regolarmente. Se il maggior numero di infortuni riguarda gli uomini, è per le donne che si registra il minor decremento di infortuni denunciati: un terzo di quello degli uomini".
"Drammatico e preoccupante", si legge nel comunicato, è invece il bilancio degli infortuni mortali. Sono ben 43 i lavoratori che hanno perso la vita dall’inizio dell’anno, nello stesso periodo del 2019 erano stati 31. Ben 37 sono avvenuti in occasione di lavoro e 6 in itinere (nel viaggio per andare al lavoro o per tornare a casa).
Per Giuseppe Santarelli, segretario regionale Cgil Marche, "questi dati mettono in evidenza come la pandemia stia determinando uno scadimento della qualità del lavoro e un allentamento nel rispetto delle regole che attengono alla salute e alla sicurezza nei luoghi di lavoro. E’ il segno che, dove non c’è stato fermo produttivo o dove si è ripreso dopo settimane di chiusura, l’attività produttiva è avvenuta senza la necessaria attenzione da parte delle imprese alla qualità del lavoro e dello sviluppo ed è stata tesa a recuperare il tempo perso e i livelli di produzione attraverso l’aumento dello sfruttamento sul lavoro, dei ritmi e degli orari”.
"Una strage inaccettabile che richiama alle responsabilità della classe imprenditoriale marchigiana e alla necessità che le istituzioni, dal Governo alla Regione, svolgano pienamente le loro funzioni di prevenzione, controllo, repressione e anche contrasto del lavoro irregolare, intervenendo anche incrementando adeguatamente gli organici e le risorse dedicate a tali compiti. Un ruolo importante deve averlo anche la contrattazione collettiva che deve rimettere al centro le reali condizioni di lavoro, rivedendo in molti casi l’organizzazione del lavoro".