“I dazi sono gravi e pericolosi, rischiano di colpire la nostra economia e i posti di lavoro: è evidente che siamo preoccupati”. Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, a margine del congresso della Cisl. “Gli Stati Uniti ci considerano amici, se eravamo nemici cosa facevano?”, si chiede il segretario. “La preoccupazione c’è tutta. È il momento che non solo l’Italia, ma anche l’Unione europea debba muoversi in modo coordinato: bisogna cominciare a tassare i servizi digitali non come ritorsione, ma come elemento di giustizia”.
La situazione è sempre più delicata: “Si apre una guerra commerciale pericolosa, l’Europa deve essere capace di muoversi adeguatamente. Nel mercato non esistono solo gli Stati Uniti, l’Ue se vuole continuare ad esistere deve dimostrare di contare qualcosa”.
Sulla situazione italiana, spiega Landini: “Il problema è dare risposte ai lavoratori e alle lavoratrici: questo significa basta precarietà, aumentare i salari, intervenire sui giovani che se ne vanno dall’Italia. Il tema centrale si chiama fisco: bisogna andare a prendere i soldi dove sono per aumentare salari e pensioni. Oggi la follia è che si è poveri lavorando, mentre stanno aumentando profitti. Il messaggio va quindi rivolto anche a chi ha fatto profitti senza reinvestire”.
Il leader Cgil è poi tornato sul rapporto tra il sindacato e il governo Meloni: “Il punto è trovare delle soluzioni. Ci sono molte questioni aperte, come l’Ilva, c’è il problema delle politiche industriali: basta guardare cosa succede nell’auto, nella siderurgia, nella chimica di base. Il tema è capire se c’è una politica industriale in questo Paese”.
Infine Landini ha ricordato che era a Bruxelles, “ho incontrato il commissario Fitto ponendo un tema. Stanno trasformando i fondi di coesione da fondi per le regioni a fondi nazionali che possono essere spese anche per le armi. Il nostro Paese cosa dice? Sta zitto, si muove o dice che questa è una cosa sbagliata che non può essere affrontata? E se vogliamo investire risorse oggi sull'industria e sul lavoro, non devono essere investite semplicemente in una logica di riarmo”.