Il lavoro “continua a essere causa di sofferenza e dolore nel nostro territorio. Nelle ultime 24 ore sono stati accertati tre gravi infortuni sul lavoro, uno mortale”. Lo dichiara in una nota il segretario della Cgil di Roma e del Lazio, Natale Di Cola. “Ad Anagni, in provincia di Frosinone, nella mattinata del 15 luglio un operaio di 29 anni è stato trasportato in codice giallo in ospedale dopo essere precipitato da un’altezza di 6 metri a causa del cedimento del tetto del capannone sul quale stava operando. Sempre ieri, a Roma, nel quartiere Appio, in via Astura, un lavoratore di 61 anni ha perso la vita dopo essere caduto da un camion, per cause ancora da accertare. Era un lavoratore di una ditta in appalto per conto di Acea, che secondo quanto si apprende era incaricato di funzioni di presidio e non avrebbe dovuto svolgere interventi di manutenzione. Un fatto che spinge a chiedere chiarezza sulle dinamiche che hanno causato la morte del lavoratore”.

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“A Tolfa, questa mattina, un altro lavoratore – prosegue la nota – sarebbe stato coinvolto in un grave incidente che avrebbe costretto i sanitari del 118 a contattare l’elisoccorso. Nell’esprimere il nostro cordoglio e nel seguire con apprensione le condizioni di chi è rimasto ferito nelle ultime ore, chiediamo alle istituzioni del territorio una reazione forte per fermare la strage sul lavoro, rafforzando i controlli e verificare la piena applicazione delle norme perché stiamo assistendo a una vera e propria escalation”.

29 i morti sul lavoro nel Lazio al 31 maggio 2025, 17.925 gli infortuni denunciati

“Nei primi cinque mesi del 2025 gli infortuni sul lavoro denunciati nel Lazio sono stati 17.925, il 3,75 per cento in più lo scorso anno, e gli infortuni mortali accertati 29 – sottolinea il segretario regionale della Cgil –. Una strage che potrebbe essere ancora più vasta di quanto registrato ufficialmente. Infatti, come è noto, tanti infortuni non vengono denunciati anche per paura di ritorsioni occupazionali e di altri ne risulta difficile il riconoscimento. A preoccuparci particolarmente – precisa Di Cola – è l’aumento di infortuni lavorativi che coinvolgono persone con almeno 75 anni, che sono pressoché raddoppiati, che dimostrano sia la necessità di agire sull’accesso alla pensione perché è inaccettabile che si debba essere costretti a continuare a lavorare, sia su una diversa organizzazione del lavoro affinché ci siano dei limiti anagrafici per lo svolgimento di mansioni fisicamente più gravose”.