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I dati che arrivano da Venezia fanno sempre più paura. Non parliamo dell’acqua alta. L’erosione delle fondamenta dei palazzi immerse da secoli nell’acqua della Laguna è stata ormai superata – e di gran lunga – dall’erosione del mercato del lavoro che è sempre più precario. Le ultime cifre pubblicate dall’Inps sono drammatiche. Se analizziamo assunzioni e cessazioni nel primo trimestre 2025 scopriamo che 85 nuovi contratti su 100 sono precari. Un sistema dominato dall’atipicità in cui ormai la stabilità è diventata l’eccezione.
Nel periodo oggetto della rilevazione, i contratti a tempo indeterminato sono stati il 14,78% del totale. Una fetta praticamente identica a quella della somministrazione, sfruttata nelle aziende di grandi dimensioni, che si ferma un gradino sotto, al 13,16%. La forma prevalente risulta essere quella del contratto a tempo determinato, al 37,09%, e del contratto stagionale, 20,3%. I contratti intermittenti, diffusi nella piccola impresa, con il 10,87% coprono quasi un quarto di tutti i nuovi contratti dell’area metropolitana.
A pagare di più sono sempre le donne e gli under 30. Anche a Venezia
In questo quadro drammatico non sorprende lo squilibrio nella tipologia di contratto tra uomini e donne, a tutto svantaggio delle lavoratrici. Per le donne sono stati meno i contratti a tempo indeterminato, di più gli stagionali e gli intermittenti. Dal punto di vista della stabilità del lavoro, a passarsela peggio sono gli under 30, tra i quali il contratto a tempo indeterminato è in assoluto la forma meno impiegata. Ciò che stupisce, però, è l’aumentare dell’impiego dei contratti stagionali all’aumentare dell’età.
Nei primi tre mesi del 2025, gli assunti di nazionalità italiana in provincia di Venezia sono stati 24.932. 14.640 le persone di nazionalità straniera. Gli stranieri sono meno coinvolti nelle assunzioni attraverso contratti intermittenti, stagionali e indeterminati, ma vedono una proporzione maggiore di contratti a tempo determinato.
Aumentano gli occupati, ma a che prezzo?
“Il numero degli occupati aumenta, ma qual è il prezzo che stiamo pagando?”, si chiede la Cgil. Il saldo per tipologia di contratto, infatti, risulta sempre positivo, tranne in un caso: quello dei contratti a tempo indeterminato. Di contro, nei primi tre mesi dell’anno risultano crescere con vigore i contratti a tempo determinato e quelli stagionali, con un aumento di circa 5 mila unità ciascuno.
“I dati – sottolinea il sindacato – evidenziano uno squilibrio importante, che coinvolge profondamente l’economia veneziana, o almeno la parte di essa che si fonda sul lavoro. Una tipologia di contratto precario non significa solamente instabilità lavorativa, ma, come più volte mostrato attraverso i dati, prende la forma di salari e redditi annui molto più bassi rispetto a quelli di chi ha un contratto a tempo indeterminato. L’instabilità data da questi contratti ha comunque conseguenze importanti per la continuità contributiva, per la possibilità di accedere al credito e di dare corso a progetti di vita”.
“Anche i contratti intermittenti e in somministrazione – scrive la Cgil lagunare – lasciano intendere dei profondi mutamenti nell’organizzazione del lavoro in aziende di ogni dimensione, con il ricorso sempre più frequente a strumenti che dovrebbero rispondere a curve eccezionali nei carichi di lavoro”.
Giordano, Cgil Venezia: “La precarietà è una malattia che sta uccidendo la nostra città”
“Come Cgil riteniamo che la condizione di perenne precarietà che vive il nostro territorio – dichiara Daniele Giordano, segretario generale Cgil Venezia – sia una malattia ormai molto seria che sta uccidendo l’area metropolitana veneziana. Per questo oltre a chiedere alla politica di rimettere al centro il lavoro, di qualità e adeguatamente retribuito, consideriamo necessario un dibattito sul futuro del nostro territorio che parta da tre necessità”.
Tre priorità per la Cgil: rilancio dell’industria, aumento della formazione e politica dell’abitare
Per Giordano è fondamentale prima di tutto “rilanciare la pluralità della nostra industria che deve necessariamente vedere investimenti pubblici nelle bonifiche e in nuovi insediamenti a Porto Marghera. Come abbiamo già sottolineato, l’occasione degli investimenti nell’intelligenza artificiale sul piano europeo deve essere colta dal nostro territorio. La seconda è quella di rilanciare un accordo tra le parti sociali che favorisca l’acquisizione di competenze per i lavoratori e che qualifichi il nostro sistema produttivo. Aumentare le ore di formazione per i lavoratori è un investimento necessario se vogliamo innovare la produzione nel nostro territorio. Il terzo elemento è la necessità di costruire una nuova politica per la casa che attragga nuovi lavoratori, determinando un’inversione di tendenza nello spopolamento”.
“Venezia – conclude Giordano – ha la necessità di ‘fare rete’, mettendo Porto Marghera al servizio del Veneto per un rilancio del nostro sistema produttivo, ricostruendo il nostro sistema industriale. Una tale diffusione della precarietà e della discontinuità denuncia la volontà di proseguire sulla strada del lavoro poco qualificato. Senza il nostro tessuto industriale, oggi il Governo italiano non siederebbe al tavolo del G7”.