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È partito il 16 giugno il primo autobus del progetto Agribus, pensato e realizzato per portare 150 lavoratori delle campagne da Portomaggiore, comune a vocazione agricola in provincia di Ferrara, direttamente nelle aziende in cui sono impiegati e sottrarli così alle grinfie dei caporali.
Trasportare verso i luoghi di lavoro la manodopera locale, in buona parte di origine pakistana, è una delle iniziative della sezione territoriale della Rete del lavoro agricolo di qualità, organismo insediato in prefettura con il compito di promuovere strategie contro lo sfruttamento, mettendo allo stesso tavolo istituzioni e parti sociali.
Ideata e promossa dalla Flai Cgil di Ferrara, la sperimentazione durerà tre mesi ed è resa possibile dal contributo di Favlaf-Ebat, l’ente bilaterale agricolo territoriale, dell’Agenzia regionale per il lavoro, di Ami e del Comune di Portomaggiore, coprirà i territori del basso ferrarese, con due navette che percorreranno ogni giorno tre linee e faranno tappa in sei aziende. Intanto, è pronto un nuovo progetto per il 2026.
“Vedere partire i bus è emozionante – dice Dario Alba, segretario generale Flai Cgil Ferrara -. Dopo anni di lavoro e di denunce nei campi siamo soddisfatti. È una cosa in cui crediamo davvero. Non si può fare la lotta allo sfruttamento e al caporalato solo con la repressione. E la prevenzione si fa anche così, organizzando trasporti per i lavoratori che possono affrancarsi dai caporali”.
In assenza di servizi alternativi, i caporali approfittano delle difficoltà a spostarsi autonomamente dei più vulnerabili e offrono loro passaggi in auto, chiedendo un abbonamento anche di 200 euro. Per salire sulla navetta, invece, i lavoratori esibiscono il badge, l’Agribus pass, un cartellino di riconoscimento con codice identificativo e logo del progetto.
L’iniziativa è solo l’ultima di una serie realizzate nel territorio di Portomaggiore. A gennaio ha aperto un distaccamento del centro per l’impiego, nato per incrociare domanda e offerta di lavoro, prevalentemente agricolo, all’interno del perimetro della legalità. Nella struttura opera una mediatrice di lingua urdu, che consente alla folta comunità pakistana di fruire nel modo migliore del servizio.
“Vivo da tre anni a Ostellato, lavoro in agricoltura e ho sempre dovuto cercare passaggi in auto, né io né gli altri abbiamo la patente - racconta Muhammad, 38 anni, originario del Pakistan - . Adesso è proprio meglio, con questi bus”.