Ci sono anche i giornalisti tra i milioni di italiani che nell’emergenza coronavirus si stanno rimboccando le maniche e non guardano l’orologio quando il turno è finito. Tutto ciò accade proprio nel momento in cui la nostra redazione ha da poco unito le forze di rassegna.it e RadioArticolo1 in vista di un ambizioso progetto editoriale. Viviamo dunque una fase del tutto inedita su due fronti: quello interno (la transizione al nuovo che stiamo mettendo in piedi) e quello della pandemia che tutti conosciamo. Ecco perché in queste ore si manifesta ancora più prezioso il “vantaggio” che abbiamo rispetto ad altri mezzi d’informazione: il nostro “editore” come sapete è la Cgil, e non ci chiede di acchiappare i clic per coprire le spese. Niente titoloni urlati. Il compito a noi assegnato è da sempre e resterà anche in futuro quello di dare le notizie per le lavoratrici e i lavoratori.

A tal proposito, due cose stanno emergendo dall’inizio della nuova crisi. La prima è l’impegno straordinario di tutto il polo della comunicazione Cgil, con i redattori, i grafici, i fotografi, l’ufficio stampa, la casa editrice Ediesse, i tecnici e anche gli amministrativi in prima linea per permetterci di raccontare al meglio i giorni dell’emergenza. E poi, la grande partecipazione delle Camere del lavoro di tutta Italia che stanno contribuendo dai territori – al pari della redazione centrale – a un diario d’informazione privilegiato e tutto nostro, unico nel panorama del Paese. 

In questo sforzo dobbiamo prendere atto una volta di più che ci tocca fronteggiare le fake news. Le bufale girano ovunque: c’è chi diffonde la notizia della vitamina D come la panacea; chi si fa male per prepararsi l’amuchina in casa dopo che ha letto la ricetta su internet; chi urla al complotto cinese o russo o americano. Fino alla menzogna delle pensioni ridotte del 50 per cento per tutti, diffusa così largamente da costringere lo Spi Cgil, il sindacato dei pensionati, a intervenire su Facebook per fare chiarezza e dire che non è vero. A questo aggiungiamoci la corsa di alcuni blog travestiti da quotidiani, che per fare qualche visualizzazione in più non esitano a pubblicare notizie allarmanti prive di fondamento.

Quando questa storia sarà finita – e torneremo a ignorarci in fila al supermercato – verrà il momento dell’analisi per capire chi è stato più visto/letto durante il coronavirus e fare meglio la prossima volta. Per noi il giudizio che conta è sempre lo stesso, quello delle lavoratrici e dei lavoratori. Sta funzionando così: noi diamo la notizia di uno sciopero per la sicurezza in fabbrica o in un centro commerciale o in un call center; qualcuno ci legge, prende spunto per fare lo stesso e magari alla fine otteniamo pure qualcosa. Perciò esiste il nostro giornale. Ci basterà sapere che saremo stati uno “strumento” utile ad affrontare il virus. Questo è il nostro scoop. E l’impennata di accessi degli ultimi giorni ci lascia ben sperare.