Genova per noi...anche nel capoluogo ligure arriva la delibera di indirizzo sul salario minimo, un provvedimento che, ha spiegato l’assessore al Lavoro della nuova Giunta Salis, Emilio Robotti, “premierà le aziende che, negli appalti pubblici, si impegnano a garantire un salario di almeno 9 euro lordi l’ora. Oltre che premialità legate all’applicazione dei contratti collettivi corrispondenti nei vari settori, per chi introduca politiche contro le discriminazioni di genere e non solo, e un’attenzione agli aspetti della sicurezza sul lavoro”. Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Cgil e pubblicati dall’Ansa sono circa 5 mila i dipendenti di aziende che lavorano per appalti del Comune di Genova e che vengono pagati meno di 9 euro lordi all’ora. Ne abbiamo parlato su Collettiva con Igor Magni, segretari generale della Camera del Lavoro.

Qual è l’impatto di questa ordinanza?

Igor Magni, segretario generale della Camera del Lavoro di Genova

Prima di tutto è importante sottolineare il significato politico di questa decisione: finalmente si pone l’attenzione sul lavoro e sui salari. Un tema molto sensibile dal momento che la povertà degli stipendi incide sulla vita delle persone. Si parte dagli appalti del Comune che riguardano molti settori, per provare a introdurre una retribuzione oraria lorda di 9 euro e l’applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro sottoscritti dalle organizzazioni maggiormente rappresentative. Sono linee di indirizzo, in mancanza di una legge nazionale non si può fare diversamente, ma rappresenta comunque una svolta notevole nell’approccio a queste criticità. E potenzialmente significa aumentare la retribuzione a una fascia consistente di persone che oggi lavorano negli appalti e sono soggetti ai cambi appalto per l’affidamento di servizi, in settori dove c’è un tema di bassa intensità di lavoro.

Quale sarà il prossimo passo?

Adesso inizierà un confronto serrato tra le istituzioni e la Cgil, in particolare le categorie che operano in quei settori, la Filcams e la Funzione pubblica, per i lavoratori delle pulizie, delle mense, dei servizi sociali, ambiti che consentono alla macchina comunale di funzionare. 

Genova è una delle prime città a muoversi. Ricordiamo, negli ultimi tempi, analoghe svolte a Firenze e a Napoli. Vi siete confrontati con i vostri colleghi laddove sono già state approvate delibere di questo tipo?

Avevamo parlato con Firenze perché era un tema che cercavamo di portare avanti da tempo e su cui la sindaca Salis ha puntato fin dall’inizio della campagna elettorale: il fatto di esserci arrivati in due mesi appena ci sembra un buon modo per passare dalla teoria alla pratica, soprattutto considerando che spesso le promesse elettorali poi si dimenticano dopo il voto. E invece aver tenuto duro, ispirandosi proprio alla delibera approvata a Firenze, è un segnale importante e ci aiuta a costruire le basi per arrivare prima o poi a una legge nazionale.

A Milano in queste ore l’inchiesta in corso è stata un’occasione in più per ragionare di quanto la città abbia lasciato indietro i lavoratori, i pensionati e gli studenti. Questa delibera è una risposta implicita anche a situazioni come quelle di Milano?

Purtroppo la politica in questi anni ci ha spesso deluso. Eppure è anche vero che, per effetto della mobilitazione della Cgil sui referendum, seppure il quorum non è stato raggiunto, lavoro dignitoso e salari siano tornati al centro del dibattito. Un’evidenza che ci dice che abbiamo comunque centrato un obiettivo: quando la politica si occupa delle cose utili recupera un rapporto con il mondo del lavoro e con i cittadini. Anche rispetto a scandali come quello che è scoppiato a Milano. Ed è un segnale importante in una città come Genova, perché non accada più, come nel 2024, che 1200 giovani decidano di andare via, di trasferirsi all’estero per trovare un futuro. 

Qual è la prossima mossa per la Cgil?

Intanto ci auguriamo che la l’esempio della Giunta Salis possa essere seguito da altre città. E ci auguriamo che possa influenzare il settore privato. Il nostro obiettivo è quello di riportare Genova in una fase di crescita e sviluppo. Da tempo questa città è in una fase di stagnazione economica, diventa sempre più piccola, perde abitanti, invecchia sempre un po’ di più, vive una condizione di difficoltà. Negli ultimi dieci anni si è pensato di sviluppare i servizi e il turismo, partendo dal settore portuale, che è forte ma da solo non basta. Può essere un punto di partenza, ma deve essere accompagnato dal completamento delle opere previste dal Pnrr. la città deve vincere l’isolamento, le difficoltà che affronta chi vuole raggiungerla, occorre terminare i cantieri per attrarre investitori sul territorio e far ripartire l’industria che resta il volano più importante per l’economia della città, affinché si sviluppi un’economia positiva che rilancerebbe i servizi e il turismo nel modo giusto. Oggi in questi settori, come accade un po’ ovunque, c’è grande elusione contrattuale, prolifera il lavoro nero, grigio, la stagionalità. E invece abbiamo bisogno di lavoro stabile e ben retribuito.