“Un grande 2021 come promesso dal presidente Casoli che inizia con 409 esuberi complessivi (su 560 totali) nelle fabbriche fabrianesi: previste delocalizzazioni anche dei prodotti di punta, con chiusura dello stabilimento di Cerreto ed interi reparti di Mergo”. Drammatica la situazione del gruppo Elica, attivo nel mercato delle cappe da cucina. A lanciare il grido d’allarme è il coordinamento unitario delle rappresentanze sindacali del gruppo. “L'azienda – si legge nel post Facebook della Fiom di Ancona - presenta il piano strategico prevedendo la delocalizzazione del 70% delle produzioni attualmente in italia. 12 anni di riorganizzazioni non sono serviti a niente e ad oggi le strategie aziendali, che si continuano a perseguire, si sono dimostrate fallimentari. L'annuncio smentisce tutti gli impegni presi con i sindacati negli ultimi mesi e negli ultimi anni, quindi con le persone di Elica e con tutto il territorio”.

Una scelta, quella del gruppo, criticata profondamente dai lavoratori, sulla base dell’analisi di quanto sta succedendo nel panorama industriale. “Sicuramente – scrivono nel documento unitario - l’emergenza sanitaria e la crisi che ne consegue, stanno mettendo in discussione tutti quelli che erano i capisaldi su cui si erano basate le strategie aziendali con il rischio fortissimo che, laddove si è in presenza di debolezza finanziaria, gli impatti potrebbero essere devastanti, non tanto per gli azionisti ma perle persone che nelle fabbriche e negli uffici ci lavorano, mentre è stato ampiamente dimostrato , soprattutto negli ultimi anni, che logiche di natura più industriali , come ad esempio operazioni di reshoring ed internalizzazioni, rendono le stesse aziende più competitive attraverso la creazione di economie di scala e portano un aumento della qualità migliorando anche i margini di profitto”.

“Nel leggere le performance ed i bilanci di Elica non può non saltare all’occhio come l’azienda, per quanto in grado di sviluppare fatturati importanti di anno in anno, anche durante l’emergenza sanitaria, non coniuga questa capacità a quella di produrre utili e marginalità, che sono sempre molto basse nonostante le continue ristrutturazioni sia a livello di plants che di corporate”.

“Questo accade in maniera particolare da quando l’impresa nata a Collepaganello, ha cambiato pelle e si è proiettata nel mondo finanziario perdendo di vista il focus industriale, con cambi continui di management e amministratori delegati che ogni volta si portano dietro i propri teams e che, come unico scopo, hanno la riduzione dei costi del personale e le delocalizzazioni, senza fare progetti di sviluppo soprattutto per l’Italia”.

“Se si prendono a riferimento i dati consultabili sul sito di Elica – scrivono i membri del coordinamento - si può facilmente notare che le buone uscite degli ultimi due amministratori delegati (senza contare tutti gli altri), superano abbondantemente i 2milioni di euro: praticamente è come se, nell’anno della pandemia, tutte/i i/le dipendenti di tutte le sedi e fabbriche del gruppo Elica, avessero lavorato per accantonare soldi necessari a pagare le loro buone uscite, a persone che guadagnano in un mese quanto diverse decine di operai/e delle fabbriche. Aggiungendo anche il precedente AD uscito a luglio del 2016, andrebbero aggiunti ulteriori 1,5 milioni di euro”.

“Una nuova Elica di cui non comprendiamo le logiche che, almeno la maggioranza di esse, sembrano proprio non essere più quelle a sostegno del territorio e di tutte le persone”.