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La cessione dell’ex Ilva si complica. E i termini del bando di gara lanciato il 7 agosto scorso, che doveva concludersi lunedì 15 settembre con la presentazione delle offerte vincolanti, sono stati fatti slittare dai commissari straordinari di una decina di giorni, precisamente a sabato 26 settembre.
La proroga, hanno spiegato, è stata “assunta con l'obiettivo di consentire ai proponenti di completare la documentazione necessaria, nel pieno rispetto dei principi di trasparenza e parità di trattamento tra gli operatori coinvolti”.
Sindacati: “Subito incontro urgente col governo”
Grande preoccupazione esprimono i sindacati di categoria. I segretari generali di Fiom Cgil (Michele De Palma), Fim Cisl (Ferdinando Uliano) e Uilm Uil (Rocco Palombella), hanno infatti subito inviato una lettera al governo per un incontro urgente sulla vertenza.
“Alla luce di un quadro di sempre maggiori criticità e incertezze relative al piano di salvataggio dell’ex Ilva, alla decarbonizzazione, al continuo rinvio del bando di gara senza alcuna spiegazione valida e preventiva e ai drammatici effetti sociali e occupazionali”, scrivono i leader metalmeccanici, si chiede “con urgenza la convocazione del tavolo permanente presso la presidenza del Consiglio”.
Intanto è stato anticipato a giovedì 18 settembre, alle 15.30 presso il ministero del Lavoro, l'incontro sulla cassa integrazione straordinaria che era previsto per il 30 settembre (dopo il rinvio dal 10 settembre). “Al centro del confronto – spiegano Fiom, Fim e Uilm - ci sarà la prosecuzione del confronto sulla richiesta di cigs presentata da Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria”.
L'ex Ilva ha chiesto la cassa integrazione straordinaria per 4.050 addetti, di cui 3.500 a Taranto. Si tratta di una estensione di circa 1.000 unità rispetto all’ammortizzatore sociale in corso. A motivare la decisione del forte aumento degli ammortizzatori sociali nell’impianto pugliese, il fatto che quest’anno si produrranno solo 1,5 milioni di tonnellate (invece dei 3,5 milioni previsti), determinato dal solo funzionamento dell’altoforno 4, in quanto il 2 è attualmente fuori uso e il 2 è sequestrato dalla Procura di Taranto dopo l’incendio del maggio scorso.
La situazione della cessione
Il disimpegno di Baku Steel e Azerbaijan Investment Company (già premiato come migliore offerta nella prima fase di gara) dalla corsa all'ex Ilva riduce le possibilità di cessione unitaria del gruppo siderurgico. Restano in campo gli indiani di Jindal Steel International e gli americani del fondo d’investimento Bedrock. Non è escluso, dunque, che i due gruppi presentino piani differenziati: l'intero pacchetto oppure solo i poli del Nord (Genova, Novi Ligure e Racconigi) o quello di Taranto.
Il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha spiegato che la proroga si è resa necessaria anche “in riferimento al fatto che obiettivamente le condizioni che abbiamo posto per la piena decarbonizzazione nel più breve tempo possibile sono stringenti, nonché prendendo atto del fatto che non ci sarà una nave rigassificatrice che possa dare quel gas necessario per realizzare comunque a Taranto il polo del preridotto (Dri)”.
Le imprese, ha aggiunto, devono prendere atto “di queste condizioni sia in termini di obiettivi ravvicinati alla piena decarbonizzazione sia in termini di limitazione, perché il gas potrà giungere soltanto via terra per le scelte fatte dal Comune di Taranto. Scelte che non condivido ma non contesto, ovviamente la competenza spetta a loro”. A questo punto, ha concluso Urso, Gioia Tauro “si consolida come opzione in cui collocare il polo del Dri per le necessità del Paese”.
Concludiamo con la tempistica. Dopo la presentazione delle offerte il governo avvierà il tavolo tecnico con l’impresa prescelta, fase che dovrebbe concludersi in meno di due mesi. Seguirà poi l'Accordo di programma interistituzionale, che coinvolgerà ministeri, Regione Puglia ed enti locali. L’intera procedura, dunque, potrebbe chiudersi già tra fine dicembre e gennaio 2026.