“Questo decreto è assolutamente non adeguato alla soluzione per quanto riguarda la vertenza ex Ilva, ma serve a conseguire il piano di chiusura, come lo abbiamo definito”. A dirlo è il coordinatore siderurgia Fiom Cgil nazionale Loris Scarpa, in audizione alla Commissione Industria del Senato.

“Le lavoratrici e i lavoratori continuano la mobilitazione – prosegue – con un obiettivo preciso, quello di far ritirare il piano di chiusura presentato e per riaprire una discussione a Palazzo Chigi affinché si possa tornare a parlare del piano originario che era stato presentato a luglio scorso”.

Per quanto riguarda il decreto in discussione, Scarpa evidenzia che “questi 108 milioni non bastano a garantire la continuità industriale degli stabilimenti, non servono per un una ripartenza effettiva dell’ex Ilva. Stiamo chiedendo, e continuiamo a chiederlo da due anni a questa parte, che invece di pensare a una vendita degli stabilimenti a soggetti privati che non sono interessati alla continuità industriale, si possa intervenire con la costituzione di un'azienda partecipata pubblica. Questa per noi rimane l'unica strada percorribile”.

In merito agli altri 20 milioni stanziati per gli ammortizzatori sociali e per la formazione, il dirigente Fiom prende atto che “l'accordo che avevamo fatto precedentemente viene superato da una normativa di legge per quanto riguarda l’importo della cassa integrazione. Questo tema non è mai stato discusso con i sindacati. La formazione, se da un lato è una nostra richiesta in funzione dei piani di decarbonizzazione, dall'altro lato non può servire ad aumentare i numeri dei lavoratori che non sono al lavoro negli stabilimenti.

Scarpa così conclude: “Ribadiamo che bisogna tornare a ragionare in merito al piano industriale che preveda dai sei agli otto milioni di tonnellate con i forni elettrici e gli impianti di Dri, al fine di garantire la continuità produttiva, la tutela occupazionale e la transizione verso la decarbonizzazione”.