Le donne sono circa la metà della forza lavoro nelle banche ma non ricevono un riconoscimento pari a quello degli uomini, penalizzate a partire dai percorsi di carriera per arrivare al salario. È la considerazione che emerge dalla ricerca ‘Il divario di genere’ a cura dell’Esecutivo Donne della Fisac Cgil, in collaborazione con l’Ufficio studi e ricerche del sindacato, condotta su cinque grandi gruppi bancari italiani, presentata in occasione dell’assemblea delle donne della categoria della Cgil dal titolo “Siamo qui per il potere, per fare rumore, per contare. Dalle costituenti alla sfida digitale”.

Impiegate sì, dirigenti un po’ meno

Il campione di indagine selezionato per analizzare il divario di genere, cinque grandi banche del Paese, rappresenta complessivamente oltre la metà del personale regolato dal contratto Abi, nello specifico si tratta di una platea di 153 mila lavoratrici e lavoratori su 270 mila addetti. Nel campione di riferimento la presenza di genere è paritaria: 76.284 donne a fronte di 76.655 uomini. Annarita Pappaianni, curatrice della ricerca, fa notare che emerge il fenomeno della “segregazione verticale”: alle donne vengono preclusi i ruoli apicali e restano segregate nell’area impiegatizia, dove prevalgono rispetto agli uomini, mentre tra i dirigenti sono solo il 20%, “un’indice di vera e propria ostilità verso il genere”, dice Pappaianni.

La distribuzione di genere nelle categorie professionali del campione bancario fa emergere come le impiegate siano il 65% (54% gli uomini), i quadri donne il 33% (43% gli uomini) e lo 0,7% le donne dirigenti (1,3% gli uomini). “La piramide che include le lavoratrici, da quanto emerge da questi dati, ha una base molto più ampia e un vertice più angusto, rispetto alla piramide maschile”, sottolinea Pappaianni.

Il soffitto di cristallo

Il dettaglio della distribuzione di genere per livello di inquadramento evidenzia dove si colloca il soffitto di cristallo, che blocca le carriere femminili. “Le donne sono prevalentemente collocate sul più alto livello dell’area professionale mentre nel primo livello dei quadri direttivi la presenza delle lavoratrici è quasi paritaria”, osserva Pappaianni. Nei livelli superiori, invece, si riduce visibilmente, mentre in termini percentuali le maggiori opportunità di carriera per le lavoratrici sono concentrate nel più alto livello dell’area professionale. Per gli uomini a quest’opportunità si aggiunge a pari merito l’opportunità di carriera al quarto livello dei Quadri direttivi.

Sul fronte salariale la ricerca rileva disparità di genere anche a parità di collocazione nella gerarchia aziendale. Lo scarto sulla retribuzione annua lorda risulta significativo in tutte le categorie professionali. Le donne dirigenti guadagnano, infatti, il 18% in meno dei loro colleghi maschi, nella categoria quadri il 13% in meno e nel segmento impiegati il 6% in meno. Anche sul salario variabile si rileva una disparità di genere, anzi lo scarto di genere è ancora più rilevante che sulla Ral: -14% sui dirigenti, -32% sui quadri e -11% sugli impiegati. “I fattori che determinano il divario salariale di genere restano al momento in buona parte un enigma. Ma è da qui che ripartiamo, da qui che ripartirà, alla ricerca di soluzioni egualitarie, il prossimo coordinamento donne il prossimo esecutivo donne della Fisac Cgil”, conclude Pappaianni.