Giornate decisive per Alitalia. Imminente è l’emanazione da parte del governo del bando pubblico per la cessione della compagnia aerea, che potrebbe (e questa sarebbe una novità avversa ai sindacati) anche essere venduta a pezzi. Poi c’è la questione cassa integrazione straordinaria: martedì 17 marzo l’esecutivo ha convocato a Roma (alle ore 17 presso il ministero del Lavoro) la società per avviare l'esame della nuova procedura di cigs che l’aviolinea ha chiesto per 3.960 dipendenti, dal 24 marzo alla fine di ottobre, anche in considerazione dell'emergenza legata alla diffusione del coronavirus. E non finisce qui: venerdì 28 febbraio la Commissione europea ha aperto un’indagine sul prestito-ponte di 400 milioni di euro concesso a fine anno dal governo, indagine che si affianca a un’analoga procedura avviata dall'Unione per il prestito del 2018.

In tutto questo, ovviamente, c’è la questione coronavirus. Una situazione, ha spiegato il segretario nazionale della Filt Cgil Fabrizio Cuscito, che ci fa comprendere “ancora di più come sia necessario avere una compagnia nazionale che garantisca la mobilità dei cittadini, anche quando il resto delle compagnie mondiali, per logiche di geopolitica e di mercato, interrompono i voli e di fatto ci chiudono nei nostri confini”. L’esponente sindacale ha rimarcato che “il settore del trasporto aereo è fra i più colpiti dall'emergenza, non solo per la crisi delle compagnie, ma anche per le ricadute sui settori di handling e catering, tutti vittime della poca attività e dei voli cancellati”. Per Cuscito in questo contesto difficile “le compagnie di bandiera sono le uniche in grado di garantire la mobilità dei cittadini e l'occupazione, anche quando questo vuol dire volare in perdita, cosa che ovviamente non possiamo chiedere ai vettori privati stranieri e alle low cost. Il governo deve intervenire rapidamente con investimenti e interventi strutturali nel settore e a tutela delle compagnie aeree italiane in crisi, come Alitalia e Air Italy”.

Ma torniamo al bando pubblico per la cessione della compagnia, atteso ormai di ora in ora, che sarà predisposto dal commissario straordinario Giuseppe Leogrande e dal direttore generale Gianfranco Zeni (assistiti da Rotschild e dallo studio legale Gianni Origoni Grippo Cappelli e partners). Il bando, ha annunciato Leogrande, sarà “rivoluzionario”. Secondo le indiscrezioni, dovrebbe contenere anche la possibilità del cosiddetto “spezzatino” della società, ossia la vendita della compagnia per singoli rami d’azienda (che sono tre: handling, manutenzione e trasporto aereo). Una misura fortemente osteggiata dai sindacati, che invece sembrerebbe essere caldeggiata dagli eventuali partner internazionali, Lufthansa (che continua a dichiarare di essere interessata solo a un accordo commerciale) e Delta Airlines in primis.

Va ricordato che il decreto legge di fine 2019 su Alitalia ha stabilito che la procedura che consente la cessione dei complessi aziendali della compagnia debba essere conclusa entro il 31 maggio prossimo. Non da escludere, ovviamente, è la partecipazione di soggetti pubblici (come Invitalia o Cassa depositi e prestiti): la scorsa cordata, tramontata dopo mesi di trattative, prevedeva infatti l’impegno importante e diretto del ministero del Tesoro e della partecipata Ferrovie dello Stato (insieme al partner industriale Delta Airlines). Sempre nel bando, come annunciato dal ministro dello Sviluppo economico Patuanelli, dovrebbe essere presente la costituzione di una “bad company” da 1,3 miliardi di euro, in modo da “risparmiare” all'acquirente la restituzione dei prestiti.

Seconda importante questione degli ultimi giorni per Alitalia è l’annuncio del commissario Leogrande di una nuova procedura di cassa integrazione straordinaria. L’azienda ha chiesto altri sette mesi di cigs, dal 24 marzo al 31 ottobre, per complessivi 3.960 dipendenti: sono 1.175 lavoratori (di cui 70 comandanti, 95 piloti, 340 assistenti di volo e 670 personale di terra), cui vanno ad aggiungersi altri 2.785 per imprevisti legati all'emergenza coronavirus (143 comandanti, 182 piloti, 780 assistenti di volo e 1.680 personale di terra). Numeri che ovviamente non sono piaciuti ai sindacati, e che martedì 17 marzo saranno al centro del vertice con governo e compagnia aerea.

“Respingiamo ogni ipotesi di cassa integrazione per 4 mila lavoratori”, così ha reagito il segretario nazionale della Filt Cgil Fabrizio Cuscito: “Se ai numeri Alitalia, assolutamente inaccettabili e immotivati nonostante il coronavirus, si aggiungono i circa 1.500 dipendenti di Air Italy in liquidazione, sono 5.500 i lavoratori che rischiano il posto di lavoro nel trasporto aereo italiano in meno di un mese”. Cuscito chiede l’intervento immediato dei ministeri dello Sviluppo economico, delle Infrastrutture e del Lavoro per “il rifinanziamento del Fondo di solidarietà del trasporto aereo e per un intervento strutturale sulla situazione del settore, in particolare per la risoluzione delle crisi delle due principali compagnie aeree del paese”. Per l’esponente sindacale lo sciopero generale del settore del prossimo 2 aprile “sarà il primo di una lunga serie, se non si mette mano a un piano di investimenti e alla regolazione del settore penalizzato anche dalla vicenda legata al coronavirus”. In conclusione, il segretario nazionale della Filt Cgil chiede “un’assunzione di responsabilità da parte del governo, che da troppi anni è assente nelle politiche industriali del trasporto aereo e anzi ha lasciato, nonostante le nostre innumerevoli denunce, che un patrimonio così importante per il Paese piombasse nel caos e nella totale destrutturazione di tutto il tessuto del lavoro”.

Infine, l’antitrust. Sotto la lente dell’Unione Europea, infatti, è finito anche il nuovo prestito-ponte di 400 milioni di euro concesso nel dicembre scorso dal governo all'aviolinea con un decreto legge (poi convertito in legge dal Parlamento nel gennaio di quest'anno), allo scopo di razionalizzare la compagnia in vista della cessione. Obiettivo dell’indagine approfondita da parte della Commissione - che nell'aprile 2018 aveva già aperto un’analoga procedura per il primo prestito-ponte di 900 milioni di euro, procedura tuttora in corso e condotta separatamente da quest’ultima - è appurare se costituisca o meno un aiuto di Stato. Da Bruxelles spiegano che si tratta di una “procedura standard” e che Commissione e governo italiano stanno lavorando a “stretto contatto” sulla questione. Ma è l’ennesima tegola che cade sulla testa di un’azienda in cronica difficoltà e dal maggio 2017 (quindi sono quasi tre anni) in amministrazione straordinaria.