Clausole sociali rafforzate, regole stringenti sui contratti collettivi per contrastare dumping salariale e precarietà, check list digitali per il controllo degli appalti, divieto di subappalto a cascata, partecipazione sindacale obbligatoria in tutte le fasi della gara. Sono alcuni dei punti cardine del nuovo Protocollo Appalti siglato dal gruppo Hera insieme alle Rsu aziendali e a nove sigle sindacali:  Filctem Cgil, Fp Cgil, Femca Cisl, Flaei Cisl, Fit Cisl, Uiltec Uil, Uiltrasporti, Fiadel e Cisal Federenergia. Il testo è costruito su tre pilastri: più tutele, più controlli, più partecipazione.

UN PASSO AVANTI

Per la multiutility si tratta di un ulteriore passo nel percorso avviato con il Patto del Buon Lavoro del giugno 2024 e con il Codice di condotta fornitori sottoscritto la scorsa estate, un vero e proprio patto etico pensato per rendere più trasparenti e responsabili le filiere produttive. Il nuovo protocollo aggiorna e amplia il precedente accordo del 2016, considerato all’epoca un modello nazionale per la gestione degli appalti.

Oggi, in un contesto ridefinito dal nuovo Codice degli Appalti e dal Decreto Infrastrutture, Hera e le organizzazioni sindacali decidono di rilanciare ponendo al centro la sicurezza sul lavoro, la qualità dell’esecuzione e la continuità occupazionale, con strumenti che integrano principi Esg, responsabilità sociale e buone prassi contrattuali.

Le cifre

L’accordo riguarda oltre 800 milioni di euro l’anno di servizi e lavori appaltati nei settori energia, ciclo idrico e servizi ambientali. Esteso a tutto il piano industriale 2025–2029, regolerà più di 4 miliardi di valore economico complessivo e coinvolgerà oltre 1.800 imprese per una media di 4.400 contratti ogni anno.

Un modello che, secondo il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, deve diventare il riferimento per tutte le aziende pubbliche. “La firma del nuovo protocollo Hera sugli appalti è una notizia positiva che va oltre l’azienda – commenta –. Come il protocollo per il Giubileo è stato replicato in decine di accordi, così questo deve essere la buona pratica da rivendicare ovunque”.

UN MODELLO DA REPLICARE

Per Landini, l’intesa rappresenta un esempio avanzato di relazioni industriali: “Si garantisce la corretta applicazione dei contratti collettivi, evitando dumping, e si valorizza la qualità rispetto al massimo ribasso. Si introducono verifiche reali sulla sicurezza e sulla manodopera, fino alla possibilità di rescindere i contratti con le imprese inadempienti”.

Altro punto centrale è la partecipazione: “Questo è ciò che intendiamo per vera democrazia del lavoro – sottolinea –. Consultazione preventiva prima delle gare, confronto continuo in fase di esecuzione, possibilità per i lavoratori di segnalare criticità e intervenire”.

Per il leader della Cgil, la strada è tracciata: “Il buon lavoro deve essere costruito a partire dalle grandi aziende pubbliche. Dimostrare che un altro modello è possibile, più giusto e persino più efficiente, è un dovere”. Ora l’obiettivo è diffondere e applicare l’intesa: “Da domani, si passa dalla firma alla pratica”.

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L’accordo, tra l’altro, appare in piena coerenza con la campagna "I diritti non si appaltano”. Lanciata, dalla Cgil nel giugno scorso, giugno - la campagna nazionale di comunicazione, in sette diverse lingue, ha come obiettivo proprio per il lavoro dignitoso, la lotta allo sfruttamento e ai falsi appalti.

Il protocollo