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La campagna
Daniela Zero
La Cgil è da tempo impegnata, con determinazione e continuità, nel contrasto ai fenomeni di sfruttamento che attraversano trasversalmente molti settori economici del Paese. Un impegno che parte dalla denuncia e dal contrasto al lavoro irregolare direttamente impiegato dalle imprese e si estende alle sempre più diffuse pratiche di appalti, subappalti ed esternalizzazioni spesso non genuine, talvolta addirittura riconducibili a circuiti criminali organizzati.
In particolare nei settori privati - dal terziario alla logistica, dal tessile al metalmeccanico, dalla cantieristica navale al turismo, fino all’edilizia - si osserva una sistematica distorsione del ricorso agli appalti. Si moltiplicano i casi di “imprese serbatoio” che nascono e scompaiono nel giro di poche settimane, fenomeni di sotto-inquadramento e dumping contrattuale, abusi negli orari e nei carichi di lavoro. Tutto questo determina una spirale perversa che alimenta concorrenza sleale, salari sempre più bassi, evasione fiscale e contributiva, e un aumento preoccupante degli infortuni sul lavoro.
Quando, come spesso accade, a subire questi abusi sono lavoratrici e lavoratori in condizione di bisogno o migranti, il ricatto diventa strutturale, condizionando intere famiglie, intere comunità, interi territori produttivi.
In questi contesti, il lavoro non è più uno strumento di emancipazione, ma si trasforma in una gabbia, una trappola sociale ed economica.
Una battaglia per il lavoro
Per queste ragioni, la Cgil si batte per estendere al settore privato le tutele già previste per gli appalti pubblici. Un primo risultato importante è arrivato con l’introduzione del comma 1-bis all’articolo 29 del d.lgs. 276/2003, ottenuto grazie alla mobilitazione. La Cgil ha anche rafforzato i diritti di informazione in molti contratti collettivi nazionali, promosso forme di contrattazione preventiva e utilizzato gli strumenti normativi sulla responsabilità solidale d’impresa – inclusa la legge 231/2003 – per colpire le illegalità alla radice. E sono molte le vertenze che il sindacato di corso d'Italia ha condotto in questi anni.
Ma è necessaria un’azione sistematica, diffusa, capillare. Occorre far vivere nella quotidianità dei luoghi di lavoro i diritti già conquistati, per verificare la genuinità degli appalti, contrastare l'esternalizzazione illegittima, garantire l’applicazione corretta dei ccnl e combattere con determinazione lo sfruttamento.
La campagna
Per questo la Cgil ha redatto e distribuito in migliaia di copie il “Manuale per le vertenze”, uno strumento operativo pensato per funzionari e delegati, utile ad affrontare falsi appalti, caporalato e sfruttamento.
E coerentemente con la battaglia portata avanti attraverso i referendum e per valorizzare la forza dei 12 milioni di Sì, il sindacato ora lancia la campagna “I diritti non si appaltano”: un’iniziativa nazionale di comunicazione diretta alle lavoratrici e ai lavoratori impiegati lungo la catena degli appalti.
E che parlerà in più lingue, perché si rivolge anche a quella parte fondamentale e crescente del mondo del lavoro rappresentata da lavoratori migranti, spesso giovani, spesso isolati.
Persone che il sindacato vuole raggiungere, ascoltare, organizzare. Perché i diritti non possono essere delegati, esternalizzati, appaltati.
Una vertenza per il Paese
Negli ultimi anni, il combinarsi di lavoro nero, lavoro povero e pratiche di esternalizzazione aggressive ha aggravato il quadro. Imprese parallele, nate solo per abbattere i costi del lavoro, producono gravi rischi anche in termini di salute e sicurezza. Le indagini della magistratura lo dimostrano con chiarezza.
In particolare, se è difficile fare una stima precisa dei lavoratori e lavoratrici in appalto, è comunque da rilevare come il 90,9 per cento delle aziende con più di 250 dipendenti dichiara di utilizzare altri soggetti non solo per servizi a uso interno ma per completare il ciclo di produzione dei propri beni o servizi venduti poi sul mercato con un rapporto commerciale diverso da quello della “fornitura”.
La trappola della povertà
In molti territori e settori si è generata una vera e propria “trappola della povertà”: il lavoro irregolare o sottopagato è diventato una strategia di sopravvivenza a breve termine, ma nel medio e lungo periodo impoverisce il tessuto economico e sociale, scoraggia gli investimenti, blocca la crescita della produttività, ostacola l’innovazione e la qualificazione professionale.
La campagna “I diritti non si appaltano” si rivolge quindi a diversi milioni di lavoratrici e lavoratori, in particolare a una parte dei circa tre milioni di persone che, secondo l’Istat, svolgono lavori in modo irregolare e a una parte degli oltre 5,7 milioni di dipendenti e lavoratori autonomi che sono classificati a basso reddito, spesso impiegati proprio nella catena degli appalti e subappalti.
A questi dovrebbero sommarsi lavoratrici e lavoratori che, anche con redditi medi o medio bassi, lavorano in aziende lungo la catena degli appalti e che potrebbero essere, in caso di appalto o esternalizzazione illegittima, reinternalizzati.
Modelli virtuosi
La concorrenza sleale spinge al ribasso le condizioni anche nei settori più solidi. E il ricorso al lavoro povero, che disincentiva la formazione e l’innovazione, diventa un freno per l’intero sistema produttivo. È per tutto questo che la Cgil ritiene urgente aprire una nuova stagione di vertenze collettive e individuali, ma anche di contrattazione preventiva e modelli organizzativi virtuosi, capaci di bloccare sul nascere le pratiche distorsive e promuovere uno sviluppo economico equo, inclusivo e sostenibile. Perché “I diritti non si appaltano”.
Le storie
Carlo Ruggiero
La battaglia della Cgil per portare tutele e sicurezza negli appalti pubblici e privati si è concretizzata in questi anni in un lavoro quotidiano sul campo. Attraverso contrattazione d'anticipo, procedure e diritti in molti contratti nazionali, ha già portato a diversi risultati da utilizzare e far rivivere.
Alcune esperienze lo dimostrano: da Italpizza a Giuliani Arredamenti, da Mondo Convenienza a Esselunga ai grandi player del tessile o della logistica, da Milano a Firenze, da Roma a Napoli.
Diversi protocolli e accordi sono presto diventati veri e propri modelli da riproporre, anche nel pubblico. È il caso del Protocollo sugli appalti del Giubileo di Roma 2025, firmato dai sindacati edili e dal sindaco di Roma Gualtieri già alla fine del 2023. Il testo affrontava numerosi aspetti, a partire dalla piena applicazione dei contratti nazionali di settore e integrativi locali vigenti, impegnando le stazioni appaltanti dei lavori per il Giubileo a richiamare i contenuti dell’intesa negli atti di gara e nei contratti stipulati. Si prevedevano anche clausole antidumping salariale e contrattuale, tutela della salute e della sicurezza. E per accelerare la realizzazione dei lavori, aziende e sindacati potevano pure concordare un’organizzazione del cantiere su più turni di lavoro alternati, che potevano arrivare anche a cicli h24 e sette giorni su sette.
Sempre in edilizia, e sempre in vista di un grande evento, è capillare il lavoro che svolge la Fillea Cgil a Milano, nei cantieri delle Olimpiadi invernali del 2026. La città sta vivendo una serie di grandi trasformazioni che ne hanno profondamente trasformato, e ne stanno trasformando, l’assetto urbano. Migliaia di operai lavorano gomito a gomito, ma molto spesso non dipendono dalla stessa azienda. La maggior parte sono migranti, vengono per lo più dal Nordafrica. Fanno lo stesso lavoro degli altri, ma non hanno gli stessi diritti.
In alcuni cantieri, soprattutto negli appalti pubblici, o in appalti privati che prevedono un importo rilevante, vengono quindi istituiti dei comitati di legalità e sicurezza, composti da organizzazioni sindacali e gli altri attori del sistema bilaterale, come le scuole edili o le associazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali.
Questo vuol dire che periodicamente i sindacalisti entrano in quei cantieri. E quello che si trovano davanti è un universo variegato, spesso difficile, se non impossibile, da mappare. Nella giungla degli appalti, tra l’altro, sta tornando pericolosamente in auge il fenomeno dei distacchi fasulli.
Ma accanto a situazioni molto critiche, esistono realtà in cui il lavoro quotidiano del sindacato permette di ottenere grandi risultati. È il caso del City Life, il distretto urbano più innovativo della città, dove stanno costruendo un nuovo grattacielo. Un edificio innovativo che necessita di competenze tecniche mai messe in campo. E quindi necessiterà anche di un'attenzione massima alla sicurezza.
Il 27 maggio 2025, i due general contractor, insieme al committente e ad alcune aziende in appalto, hanno comunicato che è già programmata la presenza di una società specializzata nell'intervento sanitario, con tre coordinatori e cinque operatori di soccorso già addestrati a muoversi su fune. È l'altra faccia della medaglia. Quella buona. La Fillea, d'altronde, è presente in City Life dal 2012. Quindi ha intessuto rapporti consolidati. Soprattutto quando si parla di sicurezza, gli strumenti dei protocolli e dei comitati diventano quindi decisivi.
Decisivo si è rivelato a Ischia anche il protocollo firmato dai sindacati con il commissario alla ricostruzione dopo l’alluvione di Casamicciola, che la mattina del 26 novembre 2022 provocò undici morti e devastazioni su tutta l’isola campana. “Abbiamo sottoscritto un testo sulla legalità e sicurezza sul modello del cratere di Centro Italia”, racconta Giuseppe Mele, segretario generale della Fillea Napoli. L’accordo prevede misure per la sicurezza e la legalità nei lavori pubblici, con particolare attenzione alla prevenzione della criminalità e delle attività illegali. Sulla scorta del Protocollo ischitano, poi, la Fillea è riuscita a replicare quel modello in tutti i lavori legati al Pnrr nel Comune di Napoli.
Oltre all'edilizia, l’industria alimentare resta uno dei terreni in cui la battaglia per il lavoro regolare e per l'applicazione del giusto contratto si fa più intensa. La vertenza più famosa resta senza dubbio quella della Italpizza di Modena. Nel 2019 lo stabilimento aveva 100 lavoratori assunti direttamente e 900 in appalto. Dal primo gennaio 2022, grazie a un accordo firmato da da Cgil, Cisl, Uil e azienda, circa 470 sono stati internalizzati. L’intesa prevedeva il passaggio senza soluzione di continuità con l’applicazione del contratto alimentaristi.
Nessun lavoratore è stato quindi licenziato, e c’è stato un sostanziale miglioramento delle condizioni contrattuali, sia economiche sia normative. Oggi nel sito industriale modenese ci sono oltre 600 addetti assunti direttamente.
Ora è importante che questo modello possa essere mantenuto in tutte le realtà del gruppo, e anche nelle altre aziende del settore.
È infatti da tempo che la Flai Cgil sta lavorando sugli appalti nell’industria alimentare. “Fanno parte delle nostre rivendicazioni sindacali, stanno all'interno delle piattaforme dei rinnovi dei contratti nazionali, ma anche nelle linee guida che delineiamo a ogni giro di contrattazione di secondo livello”, spiega Angelo Paolella, segretario nazionale della Flai. “Ci ha aiutato molto il rinnovo del contratto nazionale del 2020, quando siamo riusciti a concordare che va applicato il contratto giusto rispetto all'attività appaltata. Il tema vero è ricomporre il lavoro, ricreare un rapporto di forza per fare buoni contratti e buona contrattazione”.
Ma la battaglia della Cgil per il lavoro regolare si estende a molti altri settori. Per quanto riguarda il pubblico impiego, ad esempio, nel febbraio 2023 Cgil, Cisl e Uil bolognesi, insieme alle categorie di riferimento, hanno firmato con l'Università di Bologna un protocollo d'intesa sulla gestione degli appalti. Un protocollo molto importante, perché agisce in un luogo di lavoro in cui, solo per il contratto Istruzione e ricerca, lavorano quasi 4 mila persone, esclusi tutti i docenti.
Per quanto riguarda i trasporti, nel marzo 2025 sempre a Bologna, all'Interporto i sindacati hanno sottoscritto con la Bomi group un accordo che impegna ad applicare il contratto nazionale del trasporto merci, logistica e spedizioni. La Bomi group, multinazionale leader della logistica biomedicale, impiegava in appalto lavoratori in molteplici società che si occupavano di trasportare e consegnare. La Filt Cgil aveva già riunito gli autisti in appalto per chiedere all'azienda di cambiare radicalmente sistema, avviando una lunga trattativa. Grazie all’accordo che è stato raggiunto, le retribuzioni e i contributi aumentano di quasi il 40 per cento rispetto al contratto pirata applicato in precedenza.
Tornando agli appalti pubblici, invece, il 29 maggio 2025 è finalmente arrivata la firma del protocollo tra il Comune di Torino e le sigle sindacali. Dopo quasi un anno di confronto, l’accordo introduce nuovi vincoli per le esternalizzazioni, con l’obiettivo di rafforzare i diritti dei lavoratori e garantire legalità e trasparenza nelle forniture di beni e servizi. Si applicherà a qualsiasi forma di esternalizzazione dei servizi comunali, siano essi appalti, concessioni, affidamenti o accreditamenti, con l’obiettivo di garantire omogeneità nei criteri e parità di trattamento nei diversi processi di affidamento.
Circa un mese prima, mercoledì 30 aprile, dopo 100 ore di sciopero e 16 giorni di presidio era stato invece raggiunto l’accordo tra sindacati e Giuliani Arredamenti di Forlì. I lavoratori che avevano lavorato con contratto di somministrazione sono stati assunti direttamente da Giuliani, con la stabilizzazione di 84 persone sulla base dell’unico criterio dell’anzianità e, per tutti, il diritto di precedenza sulle future assunzioni.
Dopo 27 mesi di una lunga e complessa trattativa, a fine maggio 2025 è stato firmato il primo protocollo sugli appalti siglato da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs con Mondo Convenienza, una delle principali catene italiane nel commercio di arredamento. L'accordo coinvolge oltre 6 mila lavoratrici e lavoratori impiegati negli appalti Mondo Convenienza/Iris Mobili in Italia.
“Prima questi lavoratori non beneficiavano di un contratto collettivo nazionale di lavoro, ma erano soggetti a un regolamento aziendale unilaterale che li privava di diritti fondamentali e tutele. Le principali novità prevedono l’applicazione, da parte degli appaltatori, dei contratti collettivi nazionali firmati da Cgil, Cisl e Uil, quali organizzazioni maggiormente rappresentative, coerenti con l’attività oggetto dell’appalto”, racconta Roberto Brambilla, della Filcams nazionale: “È poi prevista la verifica dell’affidabilità dell’appaltatore sulla base di criteri quali regolarità contributiva, solidità economica, esperienza pregressa, specializzazione e professionalità. E con la valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, e non al massimo ribasso, che tiene conto anche della qualità del servizio e del rispetto integrale della contrattazione collettiva”.
Ma, come detto, sono spesso i lavoratori più fragili, come i migranti, a rimanere incastrati nel meccanismo perverso degli appalti e dello sfruttamento. L’emersione dal lavoro nero e la presa in carico socio-sanitaria, lavorativa e abitativa dei lavoratori è l’obiettivo di Soleil, il progetto nato in Toscana per creare un’alleanza tra istituzioni, sindacati e mondo del terzo settore.
Beneficiari sono i
migranti vittime di sfruttamento, in particolare in settori economici, diversi da quello agricolo, e più esposti all’incidenza del lavoro irregolare, come ad esempio il comparto della moda e dei servizi. L’accordo, su cui la Cgil Toscana ha lavorato a lungo, vuole andare oltre la repressione e accompagnare l’inclusione a 360 gradi di questi lavoratori. E diventare così un modello da poter replicare in altri territori e a livello nazionale.Quelllo per la legalità è un altro fronte della battaglia della Cgil. “Gli appalti, lo dimostrano le innumerevoli inchieste e i processi presenti in tutto il territorio nazionale, sono terreno fertile di conquista e affari per criminalità organizzata e mafie - afferma Alessio Festi, responsabile politiche della legalità Cgil -. Abbiamo monitorato 37 processi nei quali, le nostre strutture, sia confederali che di categoria, si sono costituite parti civili, essendo riconosciute e in qualche caso indennizzate per il danno subito dal sindacato per l’attività delittuose di associazioni criminali e consorterie mafiose”.
“Il meccanismo di infiltrazione negli appalti è quasi sempre presente - continua -, per fare alcuni esempi l’infiltrazione della camorra nella sanità partenopea, il processo Keu in Toscana per inquinamento ambientale, Dirty Job in Abruzzo sempre la camorra negli appalti di lavori nel cratere sismico, Taurus in Veneto, Aemilia e i tanti processi successivi in Emilia-Romagna per l’infiltrazione ‘ndranghetistica negli appalti in svariati settori economici.
"A pagare le conseguenze dell’illegalità negli appalti e dell’infiltrazione criminale – conclude Festi – sono sempre i lavoratori, infatti spesso e volentieri i capi di imputazione e le condanne comprendono il caporalato e lo sfruttamento lavorativo”.
L’intervista
“La modifica dell'articolo 29 della legge 276 e l'obbligo di applicare ai lavoratori in appalto il contratto relativo all'attività che svolgono, è stata una grande vittoria ottenuta grazie alle lotte sindacali. Con la campagna ‘I diritti non si appaltano’
diamo valore a centinaia e centinaia di vertenze per regolarizzare ciò che non è regolare e per una contrattazione d'anticipo che eviti negli appalti privati il dumping contrattuale e lo sfruttamento”. A dirlo è Alessandro Genovesi, responsabile Contrattazione inclusiva per la Cgil nazionale.“Vogliamo utilizzare al massimo i diritti di informazione presenti nei contratti collettivi nazionali, per verificare anche negli appalti legittimi che si applichi il contratto giusto. Portiamo nel privato le conquiste del pubblico – afferma ancora Genovesi - e diamo così continuità ai 12 milioni di Sì sul quarto quesito referendario, per mettere tutte le forze a disposizione per più contrattazioni e più vertenze. Perché i diritti non si appaltano”.