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Nessun lieto fine per la vertenza Almaviva, che si conclude con esito negativo. L’azienda di call center ha confermato la procedura di licenziamento collettivo dei lavoratori avviata il 13 maggio 2025. Oggi (29 luglio) il più triste degli epiloghi: l’azienda procederà con il licenziamento di 489 lavoratrici e lavoratori: 27 a Milano, 12 presso la sede di Roma, 44 a Napoli, 17 a Cosenza, 277 a Palermo e 112 presso la sede di Catania. Sono numeri che fanno paura.
La rottura da parte di Almaviva
“Una rottura dovuta solo ed esclusivamente alle chiusure di Almaviva – commenta la Slc Cgil - che, a partire da gennaio e per tutta la durata della trattativa, ha sostenuto la propria indisponibilità a prorogare la cassa integrazione oltre il 31 luglio”. Una possibilità contemplata dalle nuove norme, che tuttavia Almaviva Contact ha ripetutamente rigettato, lamentando l'inconsistenza di progetti di riqualificazione e ricollocazione presentati dalle regioni coinvolte dagli esuberi dichiarati. Eppure la Regione Sicilia, seppur in ritardo rispetto agli impegni assunti con l’accordo sottoscritto in gennaio al ministero del Lavoro, aveva presentato più di un progetto, che avrebbe potuto portare a una potenziale riqualificazione di circa il 50% della forza lavoro siciliana.
La proposta siciliana per salvare i posti di lavoro
Per esempio il progetto sul 116-117, il Numero Unico Europeo (Nue) per richiedere assistenza sanitaria non urgente in Italia e garantire l'accesso ai servizi di Continuità Assistenziale (ex Guardia Medica) e altre prestazioni sanitarie a bassa priorità.Tuttavia Almaviva Contact ha ignorato i progetti presentati e ha continuato a dichiararsi indisponibile a prorogare la cassa integrazione. Fino al colpo di scena di ieri sera.
Il ricatto dell’azienda
Allo scadere dei 75 giorni previsti dalla procedura per i licenziamenti, l’azienda ha infine aperto alla possibilità di concedere una proroga dell'ammortizzatore sociale per ulteriori 4 mesi, a condizione però che il sindacato sottoscrivesse contestualmente il licenziamento coatto di tutti i lavoratori a partire dal 30 novembre 2025. Tutto questo in funzione di una eventuale ricollocazione di circa il 50% dei lavoratori siciliani, senza garanzie e senza comprendere con quali criteri scegliere chi sarebbe stato ricollocato e chi no. Nei fatti, la proposta presentata alle organizzazioni sindacali al tavolo ministeriale prevedeva di firmare subito i licenziamenti in cambio di una proroga della Cigs fino al 15 novembre e un incentivo all’esodo, impiegando ciò che l’azienda è comunque tenuta a versare come ticket di licenziamento. Un accordo che avrebbe messo al riparo l’azienda da qualsiasi rivendicazione legale dei lavoratori licenziati. “Le organizzazioni sindacali nazionali – si legge ancora nella nota – unitariamente hanno scelto di non firmare un accordo che avrebbe legittimato un taglio occupazionale immediato e senza certezze di reimpiego per tutti i lavoratori di Almaviva in Italia”.
Slc Cgil: “Non accettiamo strumentalizzazioni”
“Un ricatto al sindacato in pieno stile ‘almaviviano’, la più classica strumentalizzazione sulla pelle delle lavoratrici e dei lavoratori. – prosegue la Slc - Ancora una volta Almaviva si rende protagonista di licenziamenti, dopo essersi distinta per uno dei più grandi licenziamenti collettivi che il nostro Paese abbia mai subito: 1666 dipendenti della sede di Roma nel 2016”. Le organizzazioni sindacali nazionali Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil e Ugl Telecomunicazioni hanno rigettato quello che considerano, appunto, un ricatto.
Carchidi: “I lavoratori vittime degli errori del management”
“Non provi Almaviva a scaricare sul sindacato le colpe, si assuma piuttosto la sua enorme parte di responsabilità – afferma Daniele Carchidi, Slc Cgil nazionale - Le lavoratrici e i lavoratori sanno chi ha aperto la procedura di licenziamento e sono consapevoli, in quanto vittime dirette, dell’impatto sulla loro vita delle decisioni di Almaviva. Il sindacato confederale non accetterà di essere il capro espiatorio per errori del management aziendale o delle scelte, tardive o mancanti, da parte della politica a tutti i livelli”.