“È una manifestazione per il nostro futuro. Non è retorica, ma la pura e semplice verità. Al centro dell’iniziativa del prossimo sabato, del resto, ci sono tutti i temi generali della piattaforma unitaria, che vanno dal fisco alla sanità, allo sviluppo, al tema centrale delle politiche per il Mezzogiorno”. Gianna Fracassi, vicesegretaria generale della Cgil, riassume con queste parole a Rassegna il senso della manifestazione nazionale indetta dalle tre confederazioni sindacali (Ripartiamo dal Sud per unire il Paese”), che si terrà il 22 giugno a Reggio Calabria. “Il Sud – prosegue – è stato completamente cancellato dalle politiche del governo. Se guardiamo ai provvedimenti messi in campo, a partire dalla legge di bilancio e fino al decreto crescita che si sta discutendo in Parlamento in questi giorni, comprendiamo che non c’è assunzione politica della necessità e urgenza di un’agenda per il nostro Meridione”.

Rassegna Una scelta difficile da comprendere…

Fracassi Sì, soprattutto se si considera il fatto che stiamo parlando del territorio dove vive un terzo della popolazione italiana, con problemi storici che si sono aggravati durante la crisi, ampliando i divari sociali ed economici, ma anche di un territorio con grandi potenzialità. La crisi ha picchiato forte: ha cambiato le mappe fisiche degli insediamenti produttivi, indebolendoli o cancellandoli in molti casi, ha persino cambiato il tessuto demografico, con aumento della denatalità e dell’immigrazione verso il Nord e l’estero, a partire dai più giovani. Potrei continuare con i dati della povertà, dell’occupazione... io credo che l’analisi sia nota a tutti. Quello che manca sono le risposte. Ovviamente, i problemi del Sud, anzi dei Sud perché ci sono differenze, non sono riconducibili solo all’ultimo anno. Abbiamo parlato di 20 anni di solitudine del Mezzogiorno, il dato di novità che abbiamo oggi è il peggioramento del quadro economico complessivo del Paese, a cominciare dal dato sulla crescita, che contraddice le previsioni ottimistiche fatte in legge di bilancio, dal fatto che siamo alla vigilia di una possibile procedura di infrazione europea e dalla circostanza che le forze di governo, mi sembra, non abbiano chiaro il rischio che abbiamo di fronte, alla luce della discussione pubblica e delle proposte che sono sempre orientate su terreni più legati al consenso che a un progetto o a una visione del Paese e del Mezzogiorno.

Rassegna La manifestazione si inquadra nella mobilitazione iniziata il 9 febbraio a sostegno della piattaforma unitaria dei sindacati confederali.

Fracassi È la prosecuzione di un lungo percorso di mobilitazione unitario che è partito addirittura a ottobre con le iniziative unitarie territoriali, con la grande manifestazione di febbraio, con le mobilitazioni e gli scioperi di tante categorie. E fare una manifestazione nazionale, sottolineo nazionale, a Reggio Calabria ha uno straordinario valore. Perché non sarà la manifestazione del Sud per il Sud. Noi siamo consapevoli che il primo obiettivo del Paese deve essere quello di colmare i divari, perché questo serve allo sviluppo dell’Italia tutta, non possiamo pensare al Paese come tante piccole patrie, il Sud serve al Nord e viceversa, non fosse altro che per la posizione strategica nel Mediterraneo, che non sfruttiamo adeguatamente.  Vogliamo cioè dire attraverso la manifestazione di sabato prossimo che il Mezzogiorno e il tema in generale dei divari territoriali, che si stanno ampliando anche in luoghi dove tradizionalmente avevamo condizioni migliori, non sono un problema solo di quei territori e non possono essere affrontati individualmente, perché questo indebolisce tutti. Noi abbiamo fatto proposte precise e articolate nella piattaforma unitaria, e sul Sud abbiamo individuato una serie di misure molto dettagliate. Il governo deve ascoltare, non può continuare a guardare altrove. D'altra parte, che il Mezzogiorno non giocasse un ruolo centrale lo si era capito già dal cosiddetto contratto di governo, dove il tema era sostanzialmente derubricato.

Rassegna Cosa significa, o dovrebbe significare, assumere politicamente la questione del Mezzogiorno?

Fracassi Richiama a responsabilità la classe dirigente tutta, nazionale e territoriale, vuol dire mettere in campo un progetto che necessariamente dovrà svilupparsi nel medio periodo. Pensiamo a cosa sta accadendo sul versante industriale: tante crisi aperte che non si risolvono, tante che si aprono anche al Sud. Il tema è duplice: dare risposte alle emergenze e però, nello stesso tempo, avere un’idea di politica industriale che manca da decenni. Una strategia industriale che riesca a collocare il Paese nell’ambito di quelle che sono le grandi sfide che abbiamo di fronte: digitalizzazione e ambiente. La transizione ambientale in particolare determinerà cambiamenti ancora più profondi e strutturali, dall’energia ai prodotti, alla mobilità, agli stili di vita, inclusa l’alimentazione. Io penso che non si sia compreso fino in fondo cosa significherà, ma soprattutto credo che non siamo adeguatamente attrezzati per affrontarla.

Rassegna Ad aggravare la situazione del Sud, negli ultimi anni – lo spiegava alcuni giorni fa dalle nostre colonne Jacopo Dionisio – è esploso il lavoro povero, sotto retribuito e irregolare.

Fracassi I dati sull'occupazione al Sud sono pesantissimi: la disoccupazione è il triplo di quella del Nord, lavora meno di uno su due. I dati di giovani e donne sono impressionanti. Se guardiamo ai dati ufficiali, poi, il rapporto tra ore lavorate e numero di occupati rappresenta l'evidenza di un impoverimento del lavoro, dovuto particolarmente a part time involontari e precariato, ma anche a una presenza consistente di lavoro irregolare. Oltre a ciò, abbiamo la massa di lavoro nero che sfugge completamente a questa analisi e che in alcuni ambiti – non solo del Sud, occorre sottolinearlo – sta sotto il ricatto dei caporali e diventa vero e proprio sfruttamento, soprattutto a danno dei lavoratori migranti. Qual è stata la risposta a questa complessità? La risposta in questi anni è stata trovata con la reiterazione di incentivi ad hoc, come il bonus Mezzogiorno, che però rappresentano dei palliativi. Lo stesso reddito di cittadinanza nella parte lavoristica non rappresenterà la soluzione. Perché il tema non è l'incrocio domanda-offerta, ma l'offerta che non c'è. La rivendicazione unitaria di investimenti o di una strategia industriale che riguardi anche settori non tradizionali, penso al turismo o alla cultura, è finalizzata a costruire o ricostruire un tessuto produttivo e quindi a creare lavoro. Faccio un esempio: abbiamo sempre pensato che le Zone economiche speciali – poche e ben delimitate – potessero essere, non la risoluzione dei problemi, ma un timido tentativo di costruire aree sulle quali definire una strategia e collocare investimenti, con vantaggi fiscali, disegnando quindi un piano di sviluppo del territorio e della portualità. A tre anni dalla loro istituzione ci sono Regioni che ancora non hanno definito la loro allocazione. Voglio dire che c'è un problema di visione e di progetto che riguarda anche le istituzioni territoriali, oltre che di difficoltà di programmazione, come dimostra la scarsa spesa dei fondi strutturali. È questo il motivo per cui pensiamo che una risposta occupazionale non possa che ripartire dal rafforzamento delle reti pubbliche di cittadinanza: pubblica amministrazione, scuola, sanità. Abbiamo la necessità di sostenere l'infrastruttura sociale, perché è precondizione di sviluppo.

Rassegna Invece che adoperarsi per colmare il divario territoriale, il governo gialloverde insiste con la sua proposta di regionalismo differenziato, che non potrà che peggiorare la situazione…

Fracassi A partire esattamente dalle reti pubbliche. Quello che trovo inaccettabile del regionalismo differenziato è l'ideologia di fondo. È “l'ognun per sé”, è il “prima” – lo slogan della campagna elettorale usato contro i presunti invasori – rivolto all'interno. È in buona sostanza l'idea delle piccole patrie, mentre, tra l'altro, il mondo con i suoi nuovi equilibri politici ed economici necessiterebbe di uno sforzo di rafforzamento della dimensione europea e di maggior coordinamento e partenariato nell'area mediterranea. Di più. È l'ampliamento dei divari, è la rottura della coesione sociale. E a chi afferma che si tratta di una previsione costituzionale, io voglio rispondere che la nostra Carta non va letta a pezzi e che prima si debbono soddisfare le condizioni e i principi fondamentali come l'articolo 3, che obbliga alla rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano l’eguaglianza dei cittadini. Non ne voglio solo dare una lettura giuridica, ovviamente, anche se è importante ribadirlo. C'è un ulteriore elemento di preoccupazione legato alla strategia fiscale di questo governo: il combinato disposto tra autonomia differenziata e flat tax rischia di essere devastante e di moltiplicare gli effetti del regionalismo differenziato a Sud, a partire dalla riduzione dei servizi primari per i cittadini.

Rassegna Tra i tanti temi di una mobilitazione per il Sud non può mancare la lotta alle mafie. Mentre da una parte i sindacati e le associazioni sono, come di consueto, in prima linea – si pensi alla recente campagna “Caffé corretto” contro la ‘ndrangheta in Calabria – non ti sembra che invece la politica sia su questo versante un po’ latitante?

Fracassi Latitante non è la parola che userei. Faccio qualche esempio: prefigurare il condono del contante nelle cassette di sicurezza, è una misura di contrasto al riciclaggio di denaro sporco o al contrario facilita il “lavaggio” di profitti illeciti? Quando io alzo la soglia dei subappalti e riduco i controlli, contrasto l'infiltrazione o apro ulteriori spazi? Quando, invece di riutilizzare socialmente i beni confiscati, li vendo al miglior offerente, facilito o impedisco il riacquisto da parte delle stesse organizzazioni criminali? Insipienza, sottovalutazione, superficialità, una cosa è certa: se non si comprendono gli effetti di queste misure, abbiamo un serio problema. D'altra parte, in questi mesi si è usata la voce grossa contro un finto problema, gli immigrati, mentre il Problema – con la P maiuscola –, vale a dire mafia, corruzione ed evasione, rimane lì con tutto il suo portato devastante sul versante sociale, economico e di competitività del Paese. Non c'è sviluppo senza legalità, anche questo è il messaggio che vogliamo lanciare da Reggio Calabria il 22 giugno.