Una proposta irricevibile e rispedita al destinatario. È quella che recapitata ai sindacati degli edili da Federlegno nel corso del tavolo per il rinnovo del contratto legno-arredo. Dopo la rottura della trattativa, Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil hanno proclamato uno sciopero nazionale di otto ore per l'intera giornata del 21 aprile. L'agitazione sarà accompagnata da manifestazioni territoriali nei principali distretti produttivi del settore, ovvero in Friuli Venezia Giulia, Veneto, Marche e Puglia, e anche in occasione del salone nazionale del mobile, in corso a Milano. Le città coinvolte sono Treviso, Forlì, La Spezia, Pesaro, Calangianus e Matera.

Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha ribadito che la Confederazione “sostiene con forza lo sciopero delle lavoratrici e dei lavoratori del settore legno e arredo". “Nonostante la crescita enorme del fatturato sia sul mercato interno che internazionale e gli alti profitti realizzati dal settore negli ultimi tre anni, - prosegue il leader della Cgil - FederLegno Confindustria non solo non vuole mantenere quanto convenuto negli ultimi due rinnovi contrattuali, ma chiede anche di congelare il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro già scaduto. Tutto questo è inaccettabile”. “Gli accordi e i contratti firmati - conclude Landini - vanno rispettati, quelli scaduti rinnovati, gli utili realizzati dalle imprese redistribuiti”.

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Quello che è ritenuto uno dei più importanti comparti del made in Italy, incluso l'indotto, dà lavoro a circa 300 mila addetti appartenenti a 70 mila piccole e medie imprese.  “Abbiamo interrotto il negoziato a causa delle enormi distanze in materia salariale tra noi e la controparte e l’indisponibilità di quest’ultima a riconfermare il modello contrattuale consolidato dal 2016, il cosiddetto Ipca non depurato dai beni energetici, che consente di recuperare ogni anno in maniera più efficace il potere di acquisto per i lavoratori", spiega Tatiana Fazi, segretaria nazionale Fillea. "In pratica - prosegue -, non ci vogliono dare la rivalutazione per il 2022, già maturata con il 1° gennaio di quest'anno, proprio in un momento in cui l'inflazione è risalita in doppia cifra, il che si traduce in una grave penalizzazione economica per i lavoratori. Nella precedente tornata contrattuale, nel febbraio 2020, non ci furono problemi, perché l'inflazione era molto bassa e la verifica era in pratica a zero. Oggi, che costa di più, la vogliono cancellare".