“Che genere di lavoro”: questo il titolo della ricerca di Ires Emilia Romagna e Cgil Reggio Emilia sulla situazione del lavoro nella provincia reggiana, che ha coinvolto 3.966 lavoratori. Dallo studio, presentato al congresso provinciale della Cgil territoriale (10-11 gennaio), emerge la maggiore fragilità delle donne nella loro posizione occupazionale.

Una condizione di fragilità strutturale che trova, come punto di caduta, i differenziali salariali rispetto agli uomini. Ma pure altre divergenze, che arrivano a interessare anche una dimensione personale, che travalica quella lavorativa.

Contratti e precarietà

Un primo aspetto riguarda l’ambito contrattuale: se nella totalità dei rispondenti quasi l’82% ha un contratto a tempo indeterminato e il restante 18% è a termine, tra le donne il livello di precarietà è maggiore, con una quota di contratti a termine pari al 22%.

Oltre alla dimensione di genere, influisce sulla precarietà contrattuale anche l'età: sotto ai 35 anni ben il 40% ha un contratto a termine, quota che si dimezza già nella fascia di età successiva, compresa tra i 35 e i 44 anni (19,9%), riducendosi ulteriormente per coloro che hanno tra i 45 e i 54 anni (13,3%) e più di 55 anni (10,1%).

Il pagamento degli straordinari ha poi divari di genere ancora maggiori: la mancata remunerazione dello straordinario è nettamente prevalente tra le donne rispetto agli uomini. Se infatti sono il 29% le donne che svolgono orario straordinario senza che esso venga remunerato, tra gli uomini tale quota è pari al 16%.

Le condizioni di lavoro

Ma le differenze non riguardano solo il fronte salariale. In termini di carico di lavoro, su quasi tutte le dimensioni analizzate le donne presentano livelli più elevati di affaticamento. È emerso inoltre come le donne evidenzino maggiori problemi di conciliazione tra vita lavorativa e tempo personale rispetto agli uomini. In particolare, è soprattutto rispetto al tempo libero, agli interessi personali, alla cura della propria persona, che le differenze si fanno più marcate.

Ci sono aspetti, infine, che toccano le donne quanto gli uomini: ad esempio, in relazione alla visione negativa del lavoro e al confronto tra condizioni ideali e condizioni reali. In modo piuttosto omogeneo il campione ha maturato una visione del concetto di qualità di lavoro dove tutte le dimensioni sono rilevanti, sebbene con l’attribuzione di una maggiore importanza ad alcuni aspetti materiali, come l’ambiente di lavoro sicuro e la stabilità contrattuale.

Il ruolo del sindacato

L’analisi ci ha consegnato, infine, una valutazione complessivamente positiva del sindacato, pur delineando alcuni margini di miglioramento. La capacità del sindacato di aiutare le persone in difficoltà e di offrire servizi e tutele importanti non viene messa in dubbio dalla maggior parte dei rispondenti. Prevale però l'opinione che esso abbia una politica volta a proteggere soprattutto chi è già occupato e che non abbia sufficiente contatto con il mondo del lavoro atipico, indicando quindi su questi versanti spazi di azione e miglioramento.