La strage non si ferma, anzi. Questo è il filo conduttore che attraversa la lettura dei dati sugli infortuni sul lavoro, che Inail rende disponibili con un sistema di banche date aperte certamente utilissime. Utilissime a contare, ma evidentemente non a mettere in campo interventi e strategie efficaci a contrastare quella che certo non si può definire un’emergenza, bensì una questione ordinaria che accompagna le giornate di lavoro.

I dati appunto lo dicono. Basta leggere l’incremento degli incidenti: “Le denunce d'infortunio sul lavoro presentate all’Inail entro lo scorso mese di maggio sono state 323.806, in aumento del 47,7% rispetto alle 219.262 dei primi cinque mesi del 2021”. E non basta, perché sono almeno tre anni che si registra un aumento notevole: “+56,1% rispetto alle 207.472 del periodo gennaio-maggio 2020 e +20,2% rispetto alle 269.431 del periodo gennaio-maggio 2019”.

Ci si fa male sia nei luoghi di lavoro che andando o tornando da essi. Dice ancora Inail: “I dati rilevati al 31 maggio di ciascun anno evidenziano a livello nazionale per i primi cinque mesi del 2022 un incremento rispetto al pari periodo del 2021, sia dei casi avvenuti in occasione di lavoro, passati dai 194.280 del 2021 ai 290.283 del 2022 (+49,4%), sia di quelli in itinere, occorsi cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro, che hanno fatto registrare un aumento del 34,2%, da 24.982 a 33.523”.

Certo, i numeri non mentono ma occorre saperli leggere. Per quanto riguarda, infatti, i morti sul lavoro l'Inail afferma: “Le denunce d'infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Istituto entro lo scorso mese di maggio sono state 364, 70 in meno rispetto alle 434 registrate nei primi cinque mesi del 2021 (68 in meno rispetto alle 432 del periodo gennaio-maggio 2020 e 27 in meno rispetto alle 391 del periodo gennaio-maggio 2019). A livello nazionale i dati rilevati al 31 maggio di ciascun anno evidenziano, pur nella provvisorietà dei numeri, un incremento per i primi cinque mesi del 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021 solo dei casi in itinere, passati da 72 a 96, mentre quelli avvenuti in occasione di lavoro sono scesi da 362 a 268”.

Secondo l’Osservatorio sicurezza sul lavoro Vega la diminuzione dei decessi del 2022 rispetto al 2023 è solo apparente: “Il decremento è dovuto alle numerose morti per Covid dello scorso anno, quasi assenti quest’anno”. A spiegare questi dati è Mauro Rosato, presidente dell’Osservatorio sicurezza sul lavoro Vega Engineering di Mestre: “Il precario equilibrio della tutela della salute dei lavoratori si definisce in modo molto significativo nelle denunce totali d'infortunio. L’incremento continua a essere del 48% rispetto al 2021, arrivando a quota 323.806. Con i settori della sanità, attività manifatturiere e dei trasporti sempre in cima alla graduatoria”.

Infine, una considerazione. A morire sul lavoro sono soprattutto uomini tra i 55 e i 65 anni, Ma anche più anziani: Donato Marti era un pensionato di 73 anni, ha perso la vita cadendo da un'impalcatura dove era tornato per arrotondare la pensione che non gli consentiva di vivere. Felice Nicolazzo di anni ne aveva 74, è morto lo scorso 8 luglio cadendo da un impalcatura a Lamezia Terme. E una riflessione anche su questo andrebbe fatta.

Sempre l'8 luglio anche a Milano un incidente in cantiere, è caduto un solaio e sono rimasti feriti tre operai. Terribile quando le vittime sono persone che dovrebbero governi una pensione dignitosa ma occorre non dimenticare i ragazzi e le ragazze che hanno perso la vita durante percorsi di stage o formazione lavoro. E chi, come Roberto Savasta, è rimasto ucciso nel suo primo giorno di lavoro a 28 anni. Purtroppo questa terribile contabilità non si ferma nemmeno nei fine settimana. Anche sabato, sì sabato 9 luglio a Roma, sempre in un cantiere edile, un lavoratore che operava al piano terra è stato colpite da un lastrone di marmo staccatosi dal 5 piano. Nonostante il casco non ce l'ha fatto. Aveva 40 anni.