Che sia un 18 giugno di pace, giustizia sociale, democrazia e lavoro. Una giornata, una manifestazione dedicata a questi temi, con la quale la Cgil tra poco riempirà piazza del Popolo a Roma, dopo aver riempito le Camere del lavoro di tutto il Paese, con 200 assemblee che hanno preparato quella nazionale di oggi nella Capitale. È ambiziosa la proposta della Cgil. Che prova a rendere evidente quel filo che lega tutto tra i temi solo apparentemente lontani dell’oggi. Perché la pace è una precondizione irrinunciabile della giustizia sociale, perché il lavoro e la democrazia sono minacciati dai venti e dall’economia di guerra. Perché il disastro sociale della chiusura del petrolchimico di Siracusa oggi è un rischio reale a causa del blocco del petrolio russo. Perché l’inflazione galoppante che rende ancor più poveri i nostri salari è nata inizialmente da una ripresa della domanda che scontava il contesto di fragilità della lunga catena di produzione globale, minata dagli andamenti dei contagi in ogni angolo del mondo e oggi esplode a causa delle speculazioni che giocano con le materie prime centellinate dal conflitto: il grano e il gas prima di tutto.

Difficile negare che dietro alla crisi di uno stabilimento nel centro Italia non ci sia un detonatore partorito dagli ultimi eventi mondiali. Oggi la Cgil porta in piazza decine di migliaia di persone che verranno da tutti i territori proprio per dirlo chiaro e forte e per chiedere al governo scelte politiche che scongiurino l’ennesima crisi sociale dietro l’angolo. I prezzi crescono, le materie prime si fanno più scarse a ogni giorno di guerra che passa, gli stipendi restano fermi, il lavoro è sempre più precario, il denaro costerà di più. È urgente fermare questa deriva, adesso prima che sia troppo tardi.

Abbiamo chiesto ai segretari generali delle strutture Cgil regionali di raccontarci il loro 18 giugno, di spiegarci quali saranno le criticità del territorio che porteranno in piazza del Popolo a Roma. Ne è nato un lungo, preoccupante dossier sui problemi che il governo deve mettere al centro della sua azione.

Povero Sud
“Temi come il sostegno ai redditi più bassi, l’aumento del ‘netto’ in busta paga, la lotta alla precarietà nel lavoro – scrive Alfio Mannino, segretario generale della Cgil Sicilia – sono centrali per il sindacato della nostra isola, una regione dove il lavoro quando c’è si fa sempre più povero e con esso le pensioni, con la conseguenza dell’aumento del disagio sociale e del numero delle famiglie in povertà. Il 18 saremo all’assemblea a Roma per chiedere interventi e investimenti ma anche per reclamare l’attenzione del governo nazionale sulle vertenze aperte in settori strategici, come quelle di Almaviva e di Lukoil. La giustizia sociale si costruisce a partire dal Mezzogiorno, superando gli atavici ritardi e i gap che giorno dopo giorno rischiano di aumentare. Il governo non può essere ‘disattento’ rispetto all’ipotesi che Isab-Lukoil chiuda battenti in conseguenza del blocco del petrolio russo determinando il collasso dell’intero petrolchimico di Siracusa, così come deve ristabilire i principi di diritto e di tutela del lavoro nella vertenza Almaviva-Covisian. Democrazia, pace, giustizia sociale e sviluppo sostenibile sono elementi che marciano insieme, una marcia che deve cominciare dalle aree più deboli del Paese”.

Le stesse preoccupazioni vengono ribadite nel messaggio di Angelo Sposato, segretario generale della Cgil Calabria. “L’appello principale che continueremo a rivolgere in maniera incessante al governo regionale e nell’occasione della giornata di mobilitazione nazionale indirizzeremo come ulteriore grido d’allarme, al governo nazionale, proviene dal mondo del lavoro e da tutte le famiglie calabresi, che a causa anche dell’impennata inflattiva hanno necessità di avere risposte rispetto al caro vita e quindi necessitano di aumenti salariali e miglioramenti pensionistici. Tutto ciò deve essere accompagnato da ulteriori azioni a difesa del potere d’acquisto, con sostegni strutturali e non una tantum e con misure che intervengano in maniera equa e progressiva in materia fiscale a vantaggio delle fasce reddituali più basse e con contribuzione straordinaria per grandi patrimoni e grandi ricchezze. La Calabria ha grande fame di occupazione stabile e di qualità, in risposta all’imperante precariato, alla crescente disoccupazione e per sconfiggere il lavoro nero e ogni altra forma di lavoro irregolare. Così come intendiamo reclamare diritti di cittadinanza la necessità dei calabresi di poter contare su servizi pubblici efficienti a partire da scuola e sanità e per quest’ultima siamo costretti, ancora una volta, a denunciare ritardi e inefficienze che pongono condizionamenti al diritto alla salute dei cittadini e gravi difficoltà per gli operatori. Per la Calabria una battaglia di civiltà irrinunciabile per rispondere alla grave situazione regionale, che oggi continua a preoccupare, a causa del peggioramento economico e sociale a seguito della pandemia e della guerra”.

"Scenderemo in piazza il 18 giugno - ci scrive Angelo Summa, segretario generale della Cgil Basilicata - per chiedere al governo nazionale scelte coraggiose che riguardano il futuro del Paese, del Sud e della nostra regione. I dati sull’occupazione in Basilicata fanno registrare, come in Italia, un aumento degli occupati e un calo degli inattivi, ma le percentuali di contratti instabili e precari sono quasi il doppio rispetto ai dati registrati su scala nazionale. I dati continuano a parlare di un mercato del lavoro precario e volatile, quasi liquido. Mancano certezze per i lavoratori e questo non favorisce di certo né gli investimenti né l’aumento dei consumi. L’eccessiva flessibilità di lavoro si traduce in una miriade di contratti atipici. Tra tempo determinato, apprendistato, somministrazione, tirocinio, bisogna trovare una via d’uscita che garantisca stabilità. La giungla delle tipologie contrattuali atipiche in cui ci troviamo nasce da una serie di leggi sbagliate ispirate dalla logica della prevalenza del mercato e del profitto rispetto alla valorizzazione del lavoro. Una situazione drammatica se si aggiunge al problema dei bassi salari e di una loro erosione a causa dell’aumento dell’inflazione, alla povertà e allo spopolamento. Servono misure strutturali che aumentino i salari e le pensioni: l’obiettivo della Cgil è cancellare definitivamente la precarietà dal mondo del lavoro e restituire valore al lavoro. Insieme a questi temi, quello della transizione ecologica, di cui la Basilicata, da sempre centrale nel panorama nazionale per il contributo energetico che dà al Paese, può davvero essere un modello da esportare se si comincia a investire seriamente nella sostenibilità ambientale per creare buona e nuova occupazione. Partiranno dieci pullman Cgil dalla Basilicata per partecipare alla manifestazione a Roma".

"Sabato 18 giugno - scrive Pino Gesmundo, segretario generale della Cgil Puglia - saremo a Roma perché occorre ragionare di un cambio di paradigma rispetto a tutele, politiche industriali, politiche energetiche, di rilancio del Paese partendo dai giovani e dal Sud, come indica il Pnrr. Lo dicono i dati della Puglia, dove le donne sono interessate solo dal 39,2 per cento delle assunzioni totali nell’anno 2021, e dove il 22,9 per cento (oltre 81 mila persone) degli individui poveri in Puglia è occupato.  Una condizione complessiva che spinge alla sfiducia, testimoniata dalla mancata partecipazione al lavoro che supera di poco il 30 per cento (37,5 per cento per le donne) e dal numero di Neet che sono il 30,6 per cento. Qui ci sono passioni e potenzialità, uomini, donne, competenze, che vogliono contribuire alla crescita del Paese, anche se ritornano idee divisive come l’autonomia differenziata, una proposta che va in tutt’altra direzione e troverà la nostra ferma opposizione".

Dalla Campania partiranno 16 bus con lavoratrici e lavoratori alla volta di Roma. Sul palco anche la testimonianza di una di loro. “Saremo in piazza del Popolo innanzitutto per gridare a voce alta il nostro no convinto a ogni guerra e chiedere che si trovino seri canali per una pace senza se e senza ma in Ucraina. A portare questo messaggio saranno lavoratori e lavoratrici, delegati e delegate, giovani, pensionati, mondo dell’associazionismo, cittadini provenienti da tutta la Campania, con le loro storie di lavoro e di vita, di precarietà, di incertezza sociale ed economica in una regione che assiste inerme a una sempre più profonda desertificazione industriale e dove l’illegalità nel mondo del lavoro rappresenta, purtroppo, una costante in molti settori. Anche queste sono le ragioni che ci spingono a essere presenti a questa manifestazione nazionale per impegnare seriamente governo e istituzioni a un cambio di rotta radicale, a porsi finalmente all’ascolto delle proposte e delle idee che vengono dal sindacato per garantire occupazione, sviluppo e benessere”. Ce lo ha scritto il segretario generale Cgil Napoli e Campania, Nicola Ricci, ricordando come in queste settimane, in preparazione della manifestazione di sabato, si sono svolte numerose assemblee in piazza e nei luoghi di lavoro aperte alle forze sociali e politiche, al mondo dell’associazionismo.

Al Nord è emergenza inflazione
“Sarò a Roma sabato 18 giugno per dare continuità alle iniziative di fine 2021 – ci ha scritto Alessandro Pagano, segretario generale della Cgil Lombardia –. Le ragioni di quella mobilitazione sono ancora tutte presenti. Il governo non ha attuato i provvedimenti da noi richiesti in favore delle fasce più deboli della popolazione, colpite nel proprio reddito disponibile dall'inflazione. Oggi di ragioni se ne sono aggiunte altre, come conseguenza della crisi legata alla guerra russo ucraina: aggravamento dell'inflazione, aumento dei tassi, incertezza sulle prospettive industriali. Tutto ciò in un quadro di inerzia sulle riforme da noi richieste: pensioni, fisco, scuola e stato sociale in generale. Il punto di vista del lavoro deve essere preso in considerazione per le decisioni che saranno assunte dal governo in estate e nel prossimo autunno che per noi dovranno basarsi sulla difesa del potere di acquisto di salari e pensioni, sul rafforzamento dello stato sociale, sul contrasto alla precarietà e alle diseguaglianze che indeboliscono la necessaria giustizia e coesione sociale. Saremo in piazza del Popolo sabato per queste ragioni e, se le cose non cambieranno, la mobilitazione è destinata a continuare e a rafforzarsi nei prossimi mesi. Non abbiamo alcuna intenzione di stare fermi e assumeremo le decisioni verso le più opportune iniziative, nessuna esclusa, in difesa degli interessi dei soggetti più deboli”.

“Oggi a Roma inizia l’autunno caldo”, ci ha scritto Giorgio Airaudo, segretario generale della Cgil del Piemonte. “Saremo a Roma perché i lavoratori e le lavoratrici devono uscire dalla solitudine e dal silenzio che nascondono una crisi industriale ininterrotta dagli anni Ottanta e mai affrontata da nessun governo, neanche dal governo Draghi. La transizione verso l'auto elettrica non è una ‘minaccia’ verso i lavoratori ma è una grande occasione per creare industria e occupazione. Saremo a Roma per chiedere una nuova sanità pubblica da ricostruire e ampliare, cancellando la precarietà che ci ha fatto resistere nella pandemia ma non può essere il nostro futuro. In Piemonte il 25 per cento dei cittadini ha oltre 65 anni e oggi, per loro, va realizzata un’assistenza all’invecchiamento attivo, sostenuta da un servizio pubblico di prossimità e domiciliarità".

"Scendiamo in piazza – scrive il segretario generale della Cgil Emilia-Romagna, Massimo Bussandri – per chiedere buona occupazione e salari adeguati, perché anche in Emilia-Romagna la precarietà nel lavoro non si è ridotta ma anzi è aumentata. Lo vediamo nel turismo, settore strategico per la nostra regione, dove a scoraggiare la domanda di personale sono alcuni contratti indegni e non certo il reddito di cittadinanza, mentre l'inflazione mette a dura prova il reddito di lavoratori e pensionati. E scendiamo in piazza anche per difendere la sanità pubblica regionale che rischia di essere messa in discussione da un disavanzo di bilancio che richiede l’intervento di un governo finora sordo agli allarmi dei lavoratori e dalle lavoratrici".

“Viviamo un tempo molto complicato – ha scritto Tiziana Basso, segretaria generale della Cgil Veneto – anche nella nostra realtà. Lo testimoniano i dati che stanno emergendo dal nostro sistema Caaf, giunto ormai a metà della campagna fiscale. Su oltre 127.000 dichiarazioni dei redditi elaborate, la retribuzione media dei lavoratori veneti è risultata di 21.684 euro lordi all’anno; la media degli assegni pensionistici è di 17.792 euro lordi. Poco più di 1000 euro al mese per chi è ancora in attività, al di sotto di questa cifra per chi è in pensione. Proviamo a immaginare cosa comportino i livelli attuali di inflazione per queste famiglie. Se il governo non interviene con tempestività, non solo le persone avranno enormi difficoltà a vivere dignitosamente, ma la depressione della domanda interna metterà in crisi lo stesso tessuto produttivo. Questa dovrebbe essere la prima preoccupazione delle imprese, dalle quali pretendiamo rinnovi contrattuali che aumentino adeguatamente i livelli salariali. Così come è urgente una riforma fiscale a favore del lavoro e non della rendita.

"A pagare il prezzo più salato di questa nuova emergenza sociale - prosegue Basso - sono ancora una volta i giovani e le donne. Il gap salariale a danno delle lavoratrici, nel 2021, ha raggiunto gli 8.500 euro, per le pensionate sfiora i 9 mila euro. E la risposta in questo caso è innanzitutto la lotta alla precarietà, che da lavorativa sempre più spesso si trasforma in esistenziale. Per quanto riguarda i giovani, che in Veneto hanno una retribuzione più bassa rispetto agli altri lavoratori (19.797 euro), sono certamente necessari interventi nazionali, ma esiste anche un problema a livello regionale, visto che siamo molto poco attrattivi per chi si affaccia sul mondo del lavoro. Per queste ragioni saremo sabato a Roma, per chiedere risposte al governo e alle controparti datoriali. Ma soprattutto la nostra manifestazione si pone l’obbiettivo di far sentire alta e forte la voce della pace. Diremo no alla prosecuzione della guerra della Russia in Ucraina, che sta determinando lutti indicibili alla popolazione civile e che ha come effetti anche la crisi alimentare in tanti Paesi del mondo e la crisi economica per le fasce popolari italiane ed europee. L’Italia e L’Europa si battano per il cessate il fuoco e per una soluzione politica e diplomatica”.

“I temi che caratterizzano la manifestazione di sabato a Roma sintetizzano perfettamente i problemi delle persone che noi rappresentiamo – scrive Maurizio Calà, segretario generale della Cgil Liguria –. Nel nostro territorio l'incidenza della povertà relativa sale dal 6,9 del 2020 al 7,1 per cento del 2021. La media del Nord è del 6,5 per cento e quella nazionale è dell'11,1 per cento. Questo significa che anche nella nostra regione, pur essendo collocata nel nord 'produttivo', c’è un problema legato alla povertà che va di pari passo con quello salariale. L’abbassamento delle condizioni economiche delle famiglie deriva certamente dai bassi salari, difficoltà che si somma ai problemi legati alla pandemia e ora al rincaro dei prezzi, conseguenza diretta della guerra in Ucraina”. Secondo Calà l’altro elemento critico è rappresentato dalla totale mancanza di una linea di indirizzo nazionale sulle politiche industriali. “La Liguria vanta diverse eccellenze in campo produttivo, fondamentali per l’economia del Paese: penso ad Acciaierie d’Italia, alla Piaggio Aerospace o all’Oto Melara, solo per citarne alcune. Si tratta di aziende con presenza di capitale pubblico, strategiche in settori come la siderurgia o il militare che tanta importanza sta rivestendo in questi mesi. Nonostante ciò il ministero dello Sviluppo economico è totalmente assente su queste vertenze che invece avrebbero necessità di risposte e strategie di sviluppo immediate”.

Sempre sui temi del lavoro Calà si sofferma sul tema della precarietà. “Il nostro Ufficio Economico ha incrociato i dati Istat con quelli Inps e ha rilevato come in Liguria ben l’83 per cento della nuova occupazione sia precaria: è evidente che questa condizione legata alla presenza di bassi salari sta determinando un collasso del sistema. Penso ad esempio al comparto del turismo, centrale in Liguria, dove l’elemento della stagionalità non è solo discontinuità lavorativa e precarietà, ma anche basso salario. Le soluzioni per uscire da questa condizione ci sono – conclude Calà –: il sistema va riorganizzato a partire dalla cancellazione del Jobs act, legge inutile e dannosa. Occorrono interventi sulla riqualificazione professionale e un unico contratto di riferimento che sia in grado di dare stabilità occupazionale e qualificazione professionale. Occorre intervenire rapidamente su questi temi lasciandoci alle spalle le sterili polemiche di chi, per depistare l’attenzione dai problemi seri delle persone, individua nel reddito di cittadinanza un paracadute per i fannulloni, tralasciando il fatto che interi nuclei familiari cercano di combattere la povertà sopravvivendo con 500 euro medi mensili complessivi”.

“L’occupazione cresce? I numeri Istat sembrano dire questo, anche nella nostra regione, e ci piacerebbe unirci al coro degli ottimisti. La realtà che abbiamo sotto gli occhi, purtroppo, ci spinge a essere scettici”. A preoccupare Villiam Pezzetta, segretario generale della Cgil Friuli Venezia Giulia, sono i segnali chiari di una progressiva precarizzazione del mondo del lavoro. “A confermarci che è questo il vero trend in corso – spiega – è la progressiva crescita del part-time, e soprattutto del part-time forzato, ce lo dicono i settori in cui si concentra tutta la crescita dei posti di lavoro, che sono quelli dei servizi, ce lo dice il fatto che quasi il 90 per cento delle nuove assunzioni è fatta con contratti a termine o precari”. Da qui, per Pezzetta, l’esigenza di rilanciare a tutti i livelli la questione salariale, “sia nei confronti delle aziende che del governo, perché la perdita del potere di acquisto dei lavoratori va affrontata sia con misure sul piano fiscale che alzando l’asticella sul fronte contrattuale. La riduzione del cuneo fiscale, infatti, non può essere un alibi per le aziende e le forze imprenditoriali”.

Altri segnali di allarme, in Friuli Venezia Giulia le aziende a rischio di chiusura, tagli occupazionali o di stop produttivi, per effetto di delocalizzazioni (Flex a Trieste e Dm-Elektron a Buja, in provincia di Udine), di strategie di rilancio fallite (il prosciuttificio Principe di Trieste) o perché più colpite dalla crisi della componentistica (è il caso della Electrolux a Pordenone). “Dopo un 2021 in cui il manifatturiero e le costruzioni hanno trainato la ripresa, il rischio che la locomotiva si fermi esiste, colpendo – spiega ancora Pezzetta – un tessuto economico e occupazionale impoverito dalla pandemia. Il timore è che vengano al petto anche gli errori e la miopia di una politica di sostegno alle imprese che, già prima della pandemia, ha privilegiato gli interventi a pioggia a una politica di incentivazione basata su criteri mirati di sostegno alla crescita qualitativa e quantitativa dell’occupazione, agli investimenti sui settori strategici, all’innovazione e alla ricerca. Anche su questo fronte è necessario cambiare rotta”.

“Saremo in piazza perché anche in Alto Adige, dove adesso è ripartita l’offerta di lavoro, il precariato rimane il principale problema per i giovani e non solo, oltre a una fortissima perdita di potere d’acquisto con un’inflazione sopra l’8 per cento - spiega Cristina Masera, segretaria generale della Cgil/Agb –. Vogliamo unire la nostra voce all’assemblea di piazza del Popolo perché il governo ci ascolti”.

“Anche in Trentino registriamo uno dei tassi di inflazione più alti d’Italia – la denuncia di Andrea Grosselli, segretario generale Cgil del Trentino – e sono sempre più numerose le lavoratrici e i lavoratori che non riescono a far fronte al caro vita con i loro stipendi. Da mesi chiediamo alla giunta provinciale di varare misure strutturali che sostengano realmente le famiglie e i pensionati con redditi medi e medio-bassi, ma purtroppo abbiamo ottenuto solo provvedimenti spot di portata limitatissima. Allo stesso modo le misure varate dal governo sono insufficienti. Sabato saremo a Roma perché crediamo sia ora di cambiare rotta. Servono interventi urgenti per garantire i rinnovi contrattuali con adeguati aumenti salariali accanto alla rivalutazione delle pensioni. Sono infatti i lavoratori dipendenti e i pensionati a pagare il conto più salato dell’impennata dei prezzi ed è ora di dare loro risposte concrete e stabili. Così la situazione è da emergenza".

"Il 18 giugno - scrive Vilma Gaillard, segretaria generale Cgil Valle d’Aosta - sarò in piazza a Roma, perché provengo dalla più piccola regione d’Italia, la Valle d’Aosta. La mia partecipazione insieme a un nutrito gruppo di compagni della Cgil Valle d’Aosta vuole simboleggiare la nostra vicinanza ai tanti civili che sono i primi a pagare le conseguenze di una guerra assurda come quella Russia-Ucraina. Sarò in piazza anche per testimoniare l’attenzione del mio sindacato ai temi della pace, del lavoro, della giustizia sociale e della democrazia. Le motivazioni del perché sarò in piazza il 18 giugno è perché solo se saremo tanti e tutti insieme la nostra richiesta di pace e di giustizia sociale sarà come un vento che andrà a espandersi magari in tutto il mondo. Abbiamo bisogno di pace, ma anche e soprattutto di lavoro, giustizia sociale e democrazia, temi che come dicono gli slogan “camminano insieme” e noi saremo lungo quel percorso, con i nostri ideali di sempre".

Il Centro e la crisi
“Sarò in Piazza del Popolo – scrive Michele Azzola, segretario generale della Cgil Roma e Lazio – perché la pace è la conditio sine qua non per immaginare un Paese, un’Europa, un mondo dove valga davvero la pena di crescere, vivere, invecchiare. Ci sarò per dire e ribadire che la transizione non può essere solo ecologica, ma deve essere prima di tutto civile, culturale e sociale. Ci sarò per i giovani, perché sulle loro spalle grava un’ipoteca pesantissima e in assenza di drastiche e radicali riforme, all’insegna di un lavoro stabile, adeguatamente retribuito e dignitoso, saranno condannati a un futuro di precarietà permanente. Ci sarò perché non è concepibile che i lavoratori dipendenti e i pensionati continuino a essere trattati come un bancomat dal governo e perché non è più sostenibile che i salari rimangano al palo mentre il costo della vita cresce a dismisura. Ci sarò per richiamare ancora una volta l’attenzione sulla salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, il cui rispetto non può costituire un optional né essere considerato un costo. Si tratta di una regola elementare di civiltà. Alla fine del mese di marzo, secondo i dati Inail, si sono registrati nel Lazio 19 infortuni mortali, 12 solo a Roma e nella sua area metropolitana. A maggio le vittime sono salite a 16, assegnando alla Capitale il record italiano per le morti sul lavoro, la maggior parte dovute a cadute dalle impalcature. Un macabro primato.

Sarò all’assemblea - prosegue Azzola - per sottolineare, inoltre, come dopo due anni di pandemia un settore strategico e trainante per il nostro territorio come quello turistico e alberghiero viva un’agonia senza precedenti, con centinaia di lavoratori coinvolti in procedure di licenziamento e, ancora, per chiedere al governo interventi e investimenti al fine di scongiurare lo smembramento di Tim e la chiusura di importanti siti produttivi, come lo stabilimento Leonardo di Pomezia. Pace, lavoro, giustizia sociale, democrazia: il 18 giugno sarò in Piazza del Popolo perché queste parole non si risolvano nello slogan di una manifestazione, ma diventino un mantra che accomuna ogni singolo cittadino in marcia verso una nuova idea di futuro, di Paese, di mondo”.

"Nella nostra regione – scrive Dalida Angelini, segretaria generale della Cgil Toscana – famiglie e pensionati, a causa di crisi e caro vita, secondo le stime perderanno da qui a fine anno un mese di stipendio. Abbiamo chiesto alla Regione di farsi portavoce con il governo e con le imprese di questa nostra proposta: riconoscere una mensilità straordinaria in busta paga a lavoratori e pensionati, pari alla cifra che stanno perdendo per queste situazioni di crisi, da finanziare attraverso azioni fiscali e prendendo risorse laddove in questi anni duri si è fatto più utili. In tutto il Paese c’è un’emergenza salari, vanno assolutamente alzati, tramite la contrattazione e soprattutto attraverso politiche specifiche che il governo deve mettere in campo. E lavoro e giustizia sociale non possono che camminare insieme a pace e democrazia: per questo il 18 giugno sarò in piazza a Roma”.

“Sabato saremo in piazza del Popolo a Roma, migliaia di lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, moltissimi anche dalla nostra regione – scrive Vincenzo Sgalla, segretario generale della Cgil Umbria – per dire prima di tutto no alla guerra. È inaccettabile che così tante persone continuino a perdere la vita sotto i bombardamenti e negli scontri a fuoco. È inaccettabile che la distruzione continui giorno dopo giorno e che le ricadute economiche del conflitto in Ucraina vengano pagate ancora una volta da lavoratori e pensionati, anche in Italia, anche nella nostra Umbria. Il costo di benzina e gasolio ormai sopra due euro, la spesa per le bollette alle stelle, hanno già eroso più di uno stipendio. L’inflazione è sopra il 7 per cento mentre i salari sono fermi, in Umbria, ancora più bassi della media nazionale, distanti anni luce da quelli del resto d'Europa. Di fronte a tutto questo nessuno fa nulla, anzi, peggio, Confindustria teorizza la moratoria salariale. Si dice che non ci sono le persone per lavorare, ma si omette di dire che la maggioranza delle proposte di lavoro sono con contratti precari e paghe da fame. E allora la Cgil torna a mobilitarsi, torna a chiedere interventi straordinari al Governo e alle Regioni, chiediamo aumenti contrattuali adeguati alle necessità economiche delle famiglie. Chiediamo un intervento immediato sulle pensioni minime per dare una mano ai pensionati in difficoltà. Per questi motivi, invitiamo tutti a partecipare alla manifestazione della Cgil. Non rassegniamoci all’ingiustizia sociale, non vogliamo essere sempre noi a pagare. Lottiamo insieme per cambiare”.

“Saremo a Roma il 18 – scrive Giuseppe Santarelli, segretario generale della Cgil delle Marche – perché tutte le difficoltà che si riscontrano a livello nazionale le viviamo qui, sulla pelle dei nostri lavoratori e delle nostre lavoratrici. Sono quelle che riguardano, anzitutto, la perdita del potere di acquisto di salari e pensioni ma anche la diffusione, ormai insopportabile, della precarietà sul lavoro”. Ecco, dunque, perché anche le Marche saranno alla manifestazione. Ma non solo. “C’è la necessità di rafforzare la sanità e il welfare nella nostra regione: sono problemi urgenti da risolvere e che si sono aggravati negli ultimi anni”. Ma c’è dell’altro. “Siamo in un territorio – evidenzia Santarelli - dove è altissimo il livello di aziende manifatturiere che risentono dell’aumento dei prezzi delle materie prime e delle difficoltà legate alle esportazioni verso la Russia e i Paesi vicini”. Una questione che si somma al fatto che già “si sconta il problema delle piccole dimensioni dell’impresa e che, in questo contesto, rischia di ampliarsi ulteriormente”. Tra le priorità, conclude il segretario Cgil Marche, “anche la necessità di dare un futuro ai giovani: nelle Marche, gli under 29 occupati hanno una retribuzione media annua di circa 10mila euro, senza contare che tra disoccupati e Neet si contano oltre 50mila giovani tra i 16 e i 34 anni”.

"I temi della manifestazione - scrive Samuele Piddiu, segretario generale della Cgil Sardegna - hanno un valore dirompente nella nostra isola, perché partiva già da una condizione di svantaggio e squilibrio molto pesante, aggravata dalla pandemia e ora, ancor di più, dagli effetti della guerra che, oltre alla sofferenza umana e alla insopportabile devastazione che produce, genera contraccolpi anche sul già debole tessuto sociale ed economico regionale, che registra, tra l'altro, gli stipendi più bassi d'Italia. Secondo i dati Istat la Sardegna è la terza regione in Italia per il tasso di inflazione su base annua registrato a maggio, con i prezzi aumentati del 7,3 per cento e una spesa annua aggiuntiva di 1.321 euro per le famiglie. Il dato si inserisce in un contesto debole, che sconta l’assenza di infrastrutture e reti – irrisolti il tema energetico e l’assenza del metano – i divari legati all'insularità, lo spopolamento delle aree interne e, in generale, l’assenza di un progetto di rilancio da parte della giunta e della maggioranza al governo, che si caratterizza per totale incapacità e rischia di negare ai sardi persino le opportunità legate ai fondi del Pnrr. E tra queste, a proposito di giustizia sociale, c'è proprio quella di ridurre i divari e includere i tanti, troppi, che oggi sono in grave difficoltà per la crisi".

“Il 18 giugno – dichiara Carmine Ranieri, segretario generale della Cgil Abruzzo Molise – questo è il momento delle scelte: vogliamo provvedimenti immediati contro la precarietà, per aumentare i salari e le pensioni, per garantire il welfare. Dal nostro territorio i giovani vanno via perché non c’è lavoro e non ci sono opportunità, i contratti precari dilagano e i salari sono inadeguati. Peggiorano i livelli di assistenza sanitaria, prevalentemente per via di enormi carenze di personale. Le liste di attesa sono talmente lunghe che i cittadini devono pagare le prestazioni di tasca loro e chi non può rinuncia alle cure. È il momento di agire per difendere i nostri diritti e per una maggiore equità”.