In Friuli Venezia Giulia si aggrava l’emergenza infortuni sul lavoro. Se il 2021 si è chiuso con 32 morti, i primi tre mesi di quest’anno hanno fatto registrare un aumento del 12 per cento dei casi denunciati. A segnalarlo, sulla base dei dati Inail, è la Cgil regionale, preoccupata per l’escalation degli infortuni e soprattutto per la lunga scia di morti che ha caratterizzato la ripartenza economica e occupazionale nel 2021. “Una fase di ripresa che sembra aver accentuato una recrudescenza dell’andamento infortunistico in atto già da diversi anni” commenta il segretario generale Cgil Villiam Pezzetta. 

Le 32 morti sul lavoro del 2021 sono il dato più scioccante. Ripercorrendo a ritroso le serie storiche dell’Inail, bisogna arrivare addirittura al 2001 per trovare un numero più alto, 38 vittime. Anche se sul conteggio finale ha inciso la pandemia, con 9 casi mortali a causa del Covid, lo scorso anno si è chiuso con un bilancio pesante: 23 vittime, 2 in più rispetto al 2020 e al 2019 (sempre 21 morti). “Non è nostra intenzione far leva soltanto sulla drammaticità dei numeri, perché ogni morte sul lavoro è evitabile e può, deve essere evitata – prosegue Pezzetta -. Ce lo ha ribadito il presidente della Repubblica pochi giorni fa a Udine per ricordare Lorenzo Parelli, morto al suo ultimo giorno di alternanza scuola lavoro. Una tragedia che ci ha lasciato scioccati per l’età del ragazzo e perché si trattava di uno studente, ma dalla dinamica simile a quella di tanti altri incidenti che continuano a funestare i luoghi di lavoro. Il forte incremento di casi che ha segnato questo inizio di 2022 ci fa pensare, però, che all’emotività non segua alcun impegno concreto e che il deficit di prevenzione e sicurezza continui a crescere”.

Sono 4.447, secondo i dati provvisori dell’Inail, i casi di infortunio denunciati in Friuli Venezia Giulia nei primi tre mesi del 2022, quasi 500 in più rispetto al 2021. In calo invece quelli mortali: l’Inail finora ne ha registrato 1, contro i 2 del primo trimestre 2021, ma è un dato da considerare provvisorio, perché spesso gli infortuni vengono definiti con settimane e mesi di ritardo. È così anche per molti infortuni legati ai contagi da Covid contratti sul lavoro: in regione se ne sono contati finora 5.653: 3.426 nel 2020, 1.515 nel 2021 e 712 nel 2022. Tredici quelli con decorso mortale, di cui 4 nel 2020 e 9 nel 2021.

“Va comunque rilevato che i contagi sul lavoro, 245mila a livello nazionale e 5.600 in regione, sono soltanto l’1,5 per cento dei casi Covid complessivi e che nel 2021, nonostante il forte impatto della seconda e della terza ondata, il numero dei contagiati è sceso sensibilmente – spiega Pezzetta –. Segno che hanno funzionato sia i vaccini sia i protocolli Covid sui luoghi di lavoro, la cui applicazione è stata opportunamente estesa fino a giugno”.

Per contrastare la crescita degli infortuni, Cgil, Cisl e Uil hanno lanciato da un anno una piattaforma rivendicativa con un’articolata serie di richieste volte a rafforzare la sicurezza e la prevenzione sui luoghi di lavoro. Un programma pluriennale sulla sicurezza con finanziamenti mirati del Pnrr e di altri fondi europei e nazionali, nuovi e più severi requisiti legati alla sicurezza per l’accesso alle gare d’appalto, sostegni e incentivi alle imprese, con l’introduzione di una patente a punti sulla sicurezza, il potenziamento della formazione per i lavoratori e l’introduzione di obblighi formativi anche a carico degli imprenditori, cosa incredibilmente non prevista oggi anche in settori sensibili come l’edilizia, un maggiore impulso al ruolo dei rappresentanti sindacali per la sicurezza, Rls e Rlst, una maggiore vigilanza nelle imprese, il divieto di pratiche come gli appalti al massimo ribasso, che favoriscono l’elusione delle norme, comprese quelle sulla sicurezza. “Richieste e obiettivi che possono trovare ascolto e applicazione anche a livello regionale, in primis – conclude Pezzetta – per quanto riguarda la vigilanza sui luoghi di lavoro, con un intervento mirato di potenziamento del personale di servizio nelle unità ispettive delle aziende sanitarie, oggi fortemente sotto organico”.