Contratto scaduto, grazie e arrivederci. Nell'era del lavoro senza diritti nessuno sarebbe più disposto a scriverci nemmeno un trafiletto. Senonché a Cristian Negrea, 31 anni, uno delle centinaia di driver impiegati nelle consegne per Amazon, il mancato rinnovo è arrivato dopo un'intervista rilasciata a Collettiva e trasmessa dalla Rai in occasione del Primo Maggio promosso da Cgil, Cisl e Uil.

Il racconto di Cristian. Nel corso dell'ultimo anno il lavoratore romeno ha trascorso la maggior parte delle sue giornate sul furgone, per consegnare una quantità enorme di pacchi: anche 320 al giorno. In media uno ogni minuto e mezzo. Un ritmo insostenibile. Durante il primo lockdown i lavoratori erano balzati agli onori della cronaca perché costretti a fare la pipì in una bottiglia perché il tempo era sempre meno e anche i bar erano rimasti chiusi.


Lo sciopero. Lo scorso marzo Cristian ha incrociato le braccia insieme ai sindacati confederali dei trasporti Filt, Fit e Uiltrasporti e migliaia di colleghi per pretendere migliori condizioni professionali, ritmi sopportabili, riposi domenicali e festivi e la fine di contratti a termine che nella stragrande maggioranza non vengono rinnovati alla fine dei 12 mesi. Una vita di sacrifici che non permette nemmeno di accedere a un mutuo o a un finanziamento per cambiare il televisore o la lavatrice.

La realtà. Le condizioni in Amazon continuano a essere queste. Anche se la multinazionale di Jeff Bezos spende cifre spropositate per contrastare il sindacato negli Stati Uniti e raccontare un mondo idilliaco negli spot pubblicitari. Ma chi sciopera, o peggio, chi racconta all'esterno come funziona davvero questo mondo di acquisti con un click, è fuori.