Un verdetto che non compensa il dolore patito, ma che vuole dare un segnale importante. Qualche giorno fa, il Tribunale di Vicenza ha condannato R.f.i. - Rete Ferroviaria Italiana spa per la morte di un dipendente di soli 57 anni. L'uomo aveva perso la vita per un mesotelioma pleurico, un tumore maligno causato dall'esposizione alle fibre di amianto. Ancora una volta, dopo migliaia di decessi e procedimenti penali, siamo ancora qui a parlare di questo minerale.

Quella dei morti sul lavoro è una strage senza fine. E non sorprende come in Italia, nel 2021, si continui a morire di amianto. Quasi 30 anni fa, la legge 257/92 lo metteva al bando, ma secondo i dati della Società italiana di medicina ambientale (Sima), in Italia esistono ancora 96.000 siti contaminati e 2.400 scuole a rischio. Si stima che ogni anno oltre 6.000 persone continuino a perdere la vita a causa di patologie riconducibili all'amianto.

Il lavoratore in questione, come in tanti altri casi, era stato assunto nel 1984. Impiegato presso le Officine Grandi Riparazioni di Vicenza e nelle Officine Manutenzione Veicoli di Padova, era  un meccanico manutentore, ma avevo svolto anche mansioni relative a operazioni di bonifica dell'amianto delle carrozze ferroviarie. E proprio questa funzione e l'esposizione al minerale è risultata fatale. Sono infatti molti i casi di mesotelioma sviluppati dal personale delle Ferrovie. Ma ora, finalmente, sarà fatta un po' di giustizia.

La famiglia della vittima, in questi tragici anni, non è stata mai lasciata sola. La vedova e i tre figli, uno dei quali ancora minorenne quando ha perso il padre, sono stati assistiti dal Patronato Inca della Cgil, dalla Filt Cgil e dagli avvocati Giancarlo Moro e Camilla Cenci del Foro di Padova. Ora il Giudice del Lavoro, il Dr. Gaetano Campo, ha stabilito che Ferrovie dovrà risarcire la famiglia del defunto con 1.004.000,00 euro. Una cifra importante, che però non potrà mai dare sollievo ai congiunti per i danni subiti a causa della malattia e del decesso del familiare.

“Finalmente viene riconosciuto, in termini monetari, il risarcimento per l'agonia sofferta da un lavoratore a causa del mesotelioma che, ricordiamo, produce indicibili sofferenze. Un risarcimento legato alla lucida consapevolezza di essere un ammalato destinato a morire. È un verdetto altrettanto importante per la sofferenza provata dai familiari nell'assistere il proprio congiunto: questa famiglia ha perso un padre e un marito”, sostiene l'avvocato Camilla Cenci.

Secondo il legale, il verdetto è fondamentale perché riconosce la sede civile come il luogo più agevole e più efficace per il riconoscimento dei danni patiti dalla famiglia. Questo ha evitato di attendere i tempi, a volte biblici, della giustizia penale. E, di conseguenza, ha permesso di arrivare a un giusto risarcimento in tempi più brevi.

“Parliamo di un risarcimento record che ha sancito la responsabilità delle Ferrovie”, afferma Davide Giacometti, responsabile danni da lavoro del Patronato Inca di Padova: “La Cgil di Padova, in particolare l'Inca di Padova, ha determinato in maniera inequivocabile il nesso di causalità tra il decesso e le lavorazioni che, all'epoca, il dipendente conduceva. Dal 2008 facciamo parte della Fondazione 'Bepi Ferro' e chiediamo alle istituzioni regionali e nazionali  la sorveglianza sanitaria attiva reale. È un obiettivo di civiltà, una battaglia che proseguiremo finché il problema non sarà risolto definitivamente. Quanto fatto fin qui è, purtroppo, ancora largamente insufficiente”.

Le motivazioni della sentenza non sono ancora note, ma appare evidente come il risarcimento sia dovuto all'età della vittima e dei familiari, sopravvissuti a questa tragedia. Evidente anche la responsabilità di Ferrovie per non aver adottato misure idonee a tutela della salute dei lavoratori, causando la malattia e il decesso del 57enne: la società non avrebbe né individuato materiali diversi dall'amianto, né fornito ai dipendenti adeguati dispositivi di protezione. In sostanza, Ferrovie avrebbe potuto ridurre l'esposizione alle polveri di amianto. Semplicemente, ha scelto di non farlo.

“La Filt Cgil Veneto – spiegano in una nota il segretario generale della categoria, Renzo Varagnolo, e Alessandro Piras, coordinatore regionale settore ferroviario – ha assistito fin dall'inizio il lavoratore, nella consapevolezza della drammaticità della sua malattia e delle gravissime conseguenze sui suoi familiari. Nessun risarcimento potrà compensare il loro dolore per una perdita così drammatica e irreparabile, ma è davvero significativo il riconoscimento delle loro ragioni sul piano giudiziario e la ricostruzione della verità dei fatti. Questa sentenza impone a RFI il dovere di agire preventivamente con adeguate misure di sorveglianza sanitaria verso tutti i lavoratori esposti al rischio delle malattie per amianto. La nostra lotta per la difesa della salute e dei diritti dei lavoratori non si ferma”.

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