Costruire un nuovo futuro. È questa la sfida che la Cgil Roma e Lazio ha lanciato oggi ai principali attori della scena del territorio in ambito politico ed economico, in un lungo confronto seguito alla presentazione di un report del sindacato sull’evoluzione del lavoro, delle imprese e dei redditi da lavoro dipendente a Roma dal 1991 al 2020.

Una proposta ma anche un grido di allarme della Cgil capitolina, mentre sembra sfumare l’emergenza sanitaria e si avvicinano a grandi passi le elezioni del sindaco. Il momento giusto per una chiamata alle armi che, senza risposte, potrebbe condannare la città e la regione a un declino che parte da lontano.

“Roma è una città più povera, che invecchia, che non attrae più i giovani – ha detto Michele Azzola, segretario generale della Cgil Roma Lazio –. Se va avanti così nel 2050 sarà una città finita, abitata solo di anziani. Invertire questo trend è la vera scommessa”.

“Per questo crediamo che chiunque vinca le elezioni al Comune debba costruire dei tavoli per trovare soluzioni a problemi che sono sempre più complicati. È vero che abbiamo tante risorse, tra Pnrr e i vari fondi legati al territorio, ma se non le spendiamo bene lasceranno macerie peggiori di quelle che abbiamo oggi, perché, una volta finita quella iniezione massiccia di capitali, se non avremo cambiato modello di sviluppo in questa città sarà molto difficile uscirne”.

“La vera scommessa – ha detto Michele Azzola – è capire come le parti sociali possano riacquisire un ruolo di indirizzo della politica. Non basta limitarsi a dire che la politica è inadeguata. Dobbiamo capire dove abbiamo sbagliato e studiare insieme una via d’uscita, aiutando la politica”.

“La nostra responsabilità è costruire un nuovo futuro, perché adesso non c’è futuro, c’è un lento inarrestabile declino. Se il trend non sia arresterà sarà sempre più difficile trattenere le eccellenze che pure ci sono qui. Prima o poi gli imprenditori se ne andranno, come hanno fatto le banche, le telecomunicazioni, pensiamo alla Rai o a Mediaset”.

“La sfida che vorremmo provare a lanciare – ha detto il segretario generale – è capire se noi corpi intermedi siamo in grado di elaborare un progetto con Regione e Comune che inverta la tendenza. È una sfida che si vince se ci mettiamo tante intelligenze collettive e la pazienza di ascoltarci, di fare sintesi. Perché non c’è chi ha tutte le ragioni e chi ha tutti i torti. In questo dovremmo prendere esempio dalle regioni del nord che hanno due caratteristiche che apprezzo: la continuità amministrativa tendenziale – quando c’è un interesse sul territorio i diversi schieramenti collaborano – e un protagonismo vero delle parti sociali e dei corpi intermedi”.

Per Michele Azzola non c’è più tempo. “Dobbiamo riuscire a costruire in trasparenza un modello che convinca tutti. Oggi c’è una certezza: i nostri figli sanno di vivere peggio di come hanno vissuto i loro genitori. Sanno che andarsene da qui è l’unica possibilità. È umiliante. L’idea da perseguire deve essere che il progresso porta tutta la società a fare passi avanti e a redistribuire la ricchezza. Per farlo dobbiamo collaborare ed evitare che gli ingenti investimenti pubblici si traducano in nuovo debito pubblico che andrà a pesare sulle spalle dei giovani nel futuro”.

Le conclusioni dell’iniziativa sono state affidate a Tania Scacchetti, segretaria confederale della Cgil.

“Questi 30 anni – ha detto la dirigente nazionale riferendosi al periodo cui si riferisce il report – ci consegnano un cambiamento profondo della struttura produttiva, sociale e demografica e una fase di declino industriale del nostro Paese che denunciamo da anni. A preoccupare è l’impoverimento del lavoro e, in particolare, dei lavoratori dipendenti. Un tema, quest’ultimo, che si tende a sottovalutare. Eppure è un punto che va visto analizzando la crescita, in questi 30 anni, di un capitalismo con tratti di amoralità”.

“Se dobbiamo aggredire le disuguaglianze – ha detto Tania Scacchetti – dobbiamo anche essere consapevoli che il modello capitalista degli ultimi 30 anni forse non è il modello in grado di affrontare le sfide proposte dalla crisi. Sfide inedite quali la digitalizzazione, l’ambiente, adesso la gestione degli effetti sconosciuti della pandemia nel medio lungo periodo”.

L’intervento di Tania Scacchetti si è concentrato sul tema dei redditi, sul quale la segretaria ha dato 3 dati a livello nazionale: “meno del 20 per cento degli italiani detiene il 70 per cento della ricchezza. Negli ultimi 40 anni è cresciuta moltissimo la retribuzione di coloro che erano già nei percentili più alti della scala della ricchezza e questo ha dato vita a una polarizzazione fortissima tra i quadri dirigenti e i lavoratori delle fasce più basse, che sono soprattutto giovani. I loro redditi hanno teso, tra il 1975 e il 2017, a ridursi fortissimamente. Fatto 100 il reddito, nel ‘75 un giovane prendeva 76, nel 2017 appena 55. Molti, tradotto, guadagnano meno di 800 euro al mese. Laddove il tasso di crescita dei dipendenti con le retribuzioni più alte, oltre i 550mila euro l’anno, nello stesso lasso di tempo hanno visto crescere il loro reddito del 300 per cento. Un fenomeno dalle forti ricadute sociali. Per questo da tempo ci battiamo perché vengano fatte scelte mirate: la crescita delle retribuzioni, puntando alla piena occupazione che sia una occupazione di qualità: quindi crescita dei salari come misura di politica economica. La centralità della formazione e della conoscenza, quindi fare scelte di politica industriale. La condizionalità, fare delle scelte che devono premiare chi predilige occupazione di qualità e assume giovani e donne. Altrimenti non il trend non si invertirà mai”.