Nessun passo in avanti per Taranto, solo l'impegno del governo a “garantire la continuità occupazionale e perfezionare l'entrata dello Stato nella società”. È questa la posizione del governo e del ministro Giorgetti sull'ex Ilva, espressa oggi (venerdì 14 maggio) nel corso dell’incontro che si è tenuto presso il ministero dello Sviluppo economico. Al meeting del Mise hanno partecipato Francesca Re David, segretaria generale della Fiom, ed Emilio Miceli, segretario confederale della Cgil. La Fiom Cgil ha inoltre convocato lo stato d'agitazione: di fronte al ministero si è svolto un presidio di circa 150 operai, mentre a Taranto sciopero di due ore (dalle 14 alle 16).


Quella dell'ex Ilva di Taranto è una delle questioni più spinose e delicate del nostro Paese. Con l'ingresso di Invitalia al fianco di ArcelorMittal, il polo siderurgico ha assunto oggi la denominazione di Acciaierie d'Italia. Il piano industriale dell'azienda continua a parlare di ripresa della produzione fino a otto milioni di tonnellate dal 2025 e di riassunzione di tutti i 10.700 dipendenti. Restano comunque molti gli interrogativi e i nodi da sciogliere: in primis, l'occupazione e la questione ambientale, ma mancano molte garanzie sulla situazione generale degli impianti e sull’auspicata innovazione tecnologica.

“I lavoratori sono esasperati”, spiega Re David: “Sono dieci anni che sono in attesa di qualcosa. Una condizione inaccettabile sia rispetto alle prospettive lavorative, sia al come si lavora dentro le fabbriche, senza gli investimenti nella sicurezza o nella transazione energetica. E questo non vale solo per Taranto”. Secondo la segretaria generale della Fiom, “è solo in ragione della proclamazione dello sciopero e dell’organizzazione del presidio sotto il ministero dello Sviluppo economico che il governo ha convocato l’incontro alla presenza dei ministri Giancarlo Giorgetti e Andrea Orlando”.

Francesca Re David ha poi tirato un po' le somme e spiegato ai lavoratori e alle lavoratrici in presidio cosa è emerso dal confronto di oggi. “Il governo ha comunicato l’intenzione di accelerare il completamento degli assetti societari anche anticipando la data prevista per maggio 2022 dall’accordo con ArcelorMittal. Su questa prospettiva e sull’immediata operatività del consiglio di amministrazione di Acciaierie d’Italia pesano però due condizioni: l’approvazione del bilancio 2020 di ArcelorMittal e la sentenza del Consiglio di Stato sullo spegnimento dell’area a caldo a Taranto, che aprirebbe scenari che noi riteniamo di non dover nemmeno prendere in considerazione”.

Come spiegano i rappresentanti dei lavoratori in comunicato, questo è “l'ennesimo rinvio della definizione di un tavolo negoziale e di un cronoprogramma sul piano industriale, sugli impegni e sui vincoli ambientali ed occupazionali, con ipotesi avanzate dal governo di possibili modifiche del piano industriale stesso e dei saldi occupazionali attraverso una diversificazione degli investimenti e delle attività industriali”. E intanto la situazione sta diventando sempre più insostenibile: licenziamenti individuali, azzeramento delle relazioni sindacali, utilizzo massiccio della cassa integrazione e mancato pagamento degli stipendi dei lavoratori degli appalti.

“I lavoratori dell’ex Ilva e la città di Taranto aspettano risposte da anni e la produzione di acciaio green è strategicamente indispensabile per l’insieme dell’industria manifatturiera. A maggior ragione oggi che siamo in presenza di una crescita rilevante della domanda di acciaio che sarà sostenuta ulteriormente dalle scelte che dovranno essere confermate dal Pnnr sia dal punto di vista della transizione energetica e sostenibile delle produzioni, sia dal punto di vista degli investimenti in infrastrutture e in mobilità sostenibile, in particolare su ferro e nella produzione di energie rinnovabili”, spiega la segretaria nazionale della Fiom.

Sarà allora fondamentale definire le scelte per quanto riguarda il piano nazionale sulla siderurgia e l’attivazione dei tavoli degli altri settori strategici dell'industria nazionale. Rimangono, però, molte incertezze e poche risposte. “Su queste nostre priorità non abbiamo riscontrato nessun impegno da parte del governo” conclude Re David: “Nei prossimi giorni valuteremo insieme a Fim e Uilm le modalità e le azioni necessarie a garantire la continuità della mobilitazione e la costruzione di un fronte che riunifichi la necessità di ottenere dal governo risposte convincenti sulle politiche industriali e sull’insieme delle crisi aperte”.