Stavolta non c’erano più alibi. Anche perché il tempo era abbondantemente scaduto. Incluso il termine naturale di diciotto mesi, richiesto dall’azienda per fare le opportune valutazioni e gli studi necessari per la realizzazione dei progetti. Per questo, lavoratori, sindacati, un’intera collettività, attendevano con urgenza un’inversione di tendenza e l’inizio della fase esecutiva. L’occasione, dopo tanti rinvii e approcci interlocutori, era ieri pomeriggio, 6 ottobre, in concomitanza dell’ultimo incontro in videoconferenza, presso il ministero dello Sviluppo economico, fra Jsw e i sindacati dei metalmeccanici di Cgil, Cisl e Uil. In gioco, le sorti del polo siderurgico di Piombino, da oltre un secolo e mezzo uno dei fulcri principali dell’industria italiana. 

Ma così è stato solo in parte. Anche per la mancanza al tavolo di vari interlocutori importanti, come i ministeri dell’Ambiente e del Lavoro e l’Autorità portuale di sistema di Piombino e Livorno. Il confronto ha chiarito molti aspetti, ma non ha sciolto tutti i nodi dell’intricata matassa. Sono passati tre anni dal subentro del gruppo indiano Jindal al posto degli algerini di Cevital, mentre risale al 2019 la firma dell’accordo di programma con il governo. Da allora, è stato tutto uno ‘stop and go’ senza soluzione di continuità da parte di Jsw, in particolare nell’attività dei treni di laminazione, che costituisce il ‘core business’ produttivo, nonché il ‘fiore all’occhiello’ dell’industrializzazione locale. Un’andatura a singhiozzo, che alla fine ha danneggiato tutto e tutti.

Osserva David Romagnani, segretario generale Fiom Cgil Piombino: “Dal mio punto di vista, posso dire che è andata moderatamente bene. La discussione è stata affrontata sul piano industriale, alla presenza del Mise e dei sindacati di categoria e confederali, anche se siamo lontani dalla dirittura finale. Non sono arrivate tutte le risposte che volevamo, ma non mi sento di dare un giudizio troppo critico. Procediamo a piccoli passi, nel senso che il progetto non è ancora dettagliato e l’accordo di programma, parimenti indispensabile, è rimasto sullo sfondo. Diciamo che siamo al sesto mese di un parto che si presenta travagliato, ma che comunque va avanti”.

Il piano industriale di Jsw Steel Italy, presentato nelle scorse settimane al Mise, si chiama ‘Piombino 2025’ e prevede un investimento iniziale di 84 milioni, destinati in sicurezza, manutenzioni ed efficientamento, con il fine di riportare in equilibrio finanziario l’azienda, anche grazie alla partecipazione di Invitalia (l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa) che dovrebbe entrare con 30 milioni nel capitale sociale dell’azienda.

Il progetto si articola in due fasi: in primis, la messa in sicurezza finanziaria entro aprile 2021 e successivamente l’efficientamento e il rilancio delle linee di produzione, con la realizzazione del forno elettrico entro il 2025, principale traguardo da centrare con il piano. Il resto, sarà messo in parte tramite finanziamenti europei, una volta che la società sarà esigibile, in parte attraverso nuovi partner finanziari e industriali. Obiettivo di fondo, la nascita di un modello di siderurgia ecosostenibile in Italia.

Secondo il sindacato, oggi, 8 ottobre, Jindal doveva uscire allo scoperto e dire chiaramente cosa intendeva fare. Altrimenti, c’era il rischio di vanificare ogni cosa. Lo stabilimento rischiava di morire lentamente per asfissia, per mancanza degli investimenti necessari alla ripartenza dell’intera produzione.  

“Il gruppo indiano ha ribadito che vuole produrre acciaio con forno elettrico per 800.000 tonnellate annue – spiega l’esponente Fiom - e che un'altra parte verrà importata e poi lavorata in un centro servizi a Piombino: n questo, c’è un cambiamento rispetto al piano industriale originario. Avevamo salutato con favore l’intenzione della possibile produzione anche di laminati piani per chiudere il ciclo a filiera corta con altri stabilimenti limitrofi. Mentre oggi si sostiene che è più conveniente concentrarci sui laminati lunghi e sfruttare la logistica e il porto per le necessità dei laminati piani".

In ogni caso, sarebbe un bel passo avanti rispetto alla situazione attuale, dove su tre impianti di laminazione ne funziona uno solo, quello per la produzione di rotaie per Rfi (Rete ferroviaria italiana). Ma se non rinasce in tempi brevi l’area ‘a caldo’ dello stabilimento, cioè se non si produce acciaio in proprio e ci si limita a importare il prodotto semilavorato, come avviene oggi, Piombino sarà vittima della concorrenza fra stabilimenti e continuerà ad accumulare perdite; d’altro canto, mantenere unicamente la sola laminazione, significherebbe avere la certezza di importanti esuberi di personale, avverte il sindacato.

In questa partita, quella sull’occupazione, il sindacato ha chiesto garanzie alla proprietà indiana. “Durante l’incontro – osserva Romagnani –, l’amministratore delegato Carrai ha ribadito che l’acciaieria occuperà oltre 1..100 addetti, mentre i restanti 650 saranno reimpiegati in nuove attività industriali, da realizzare attraverso accordi con nuovi partner, come Fincantieri, con cui c’è già un’intesa in itinere. Ma il nostro obiettivo è di riportare al lavoro tutti i 1.800 dipendenti. Attualmente, ci sono solo 600 addetti full time, mentre il restante migliaio di persone utilizzano la cassa integrazione con scarsa rotazione. Condizione aggravata dall’emergenza Covid-19. Di queste ultime, 700 persone stanno fisse a casa da anni, per la precisione da quel lontano aprile 2014, allorquando venne spento l’altoforno”.     

Ad ogni modo, su questo terreno, sarà decisivo il ruolo del governo, che deve svolgere un’operazione di monitoraggio, a tutela dell’interesse pubblico della partecipazione all’investimento, per un totale ricollocazione del personale, anche in vista di un riallineamento della strumentazione degli ammortizzatori sociali.

Ma ci sono anche tanti altri punti oscuri da chiarire. In sostanza, secondo le tute blu Cgil, buona parte degli impegni assunti da Jsw non sono stati realizzati, come il programma per le demolizioni, uno studio di fattibilità, un impianto per il trattamento della cosiddetta tempra, nonostante la richiesta di modifica degli strumenti urbanistici, così come è urgente la messa in sicurezza della falda acquifera.. “Per questo, era fondamentale la presenza del ministero dell’Ambiente, che invece, è mancato all’incontro”, rileva ancora Romagnani.

Così come c’è un urgente bisogno di un piano di rinnovamento e riammodernamento di tutti gli impianti, considerati decisamente obsoleti. “Oggi, se si rompe qualcosa non ci sono più i pezzi di ricambio. La manutenzione in alcuni reparti non si fa più da tempo immemorabile, e in queste condizioni non si può essere competitivi, nè tantomeno e con maggior preoccupazione, lavorare in sicurezza", confermano i sindacati e gli stessi dipendenti dell’acciaieria. Insomma, il cammino verso il rilancio del polo siderurgico di Piombino è ancora lungo.