Sanità privata: l’indignazione corre da Nord a Sud. Come è noto, nonostante una preintesa siglata tra sindacati e controparti (Aris e Aiop) il 10 giugno, il termine per la sigla definitiva del contratto fissato al 30 luglio è sfilato via senza un nulla di fatto. Aris e Aiop hanno rifiutato di rinnovare il contratto che i lavoratori aspettano da ben 14 anni. 

Quanto accaduto nelle trattative, dichiarano i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Pierpaolo Bombardieri “rappresenta un gravissimo precedente che mette in discussione un sistema consolidato di relazioni sindacali. Non possiamo accettare un comportamento tanto irresponsabile di quelle stesse controparti”. Si tratta infatti, aggiungono i sindacalisti, “di un  rinnovo contrattuale che attendono  oltre 100 mila donne e uomini che, al pari dei propri colleghi del servizio sanitario pubblico, si sono messi in gioco in prima persona per salvare vite umane durante l’emergenza Covid”.

“Aris ed Aiop - continuano i segretari - e le imprese a loro iscritte,  fanno grandi profitti  con risorse pubbliche ma non hanno certo nessun riguardo nemmeno per i cittadini che dovranno avere servizi sanitari nelle loro strutture e che rischiano di subire i disagi inevitabili delle mobilitazioni  e delle proteste verso chi si rifiuta  di rinnovare il contratto”. Landini, Furlan e Bombardieri  chiedono che le Regioni e il Governo “facciano immediatamente sentire la propria voce in difesa dei diritti di lavoratrici, lavoratori e professionisti, impegnandosi, in caso di mancato rinnovo, per una revisione integrale del sistema degli accreditamenti, così come ci aspettiamo un intervento deciso da parte di Confindustria già nelle prossime ore. In assenza di una ratifica definitiva lo sciopero nazionale di comparto resta inevitabile”.

E partono le prime proteste. Oggi a Roma è previsto un presidio al San Carlo di Nancy, struttura associata Aiop tra le più grandi di Roma. “Le condizioni di lavoro sono comuni a tutte le altre: organici ridotti all'osso e lavoratori considerati come pezzi di una macchina che deve fatturare il più possibile", proseguono. "I 25 mila lavoratori del Lazio non sono ruote di un ingranaggio, non sono carne da macello. Sono professionisti che garantiscono servizi alla salute. Sono il motore delle strutture accreditate. Sono persone con famiglie e figli", denunciano Giancarlo Cenciarelli, Roberto Chierchia e Sandro Bernardini (segretari generali di Fp Cgil Roma Lazio, Cisl Fp Lazio, Uil Fpl Roma Lazio).

Dura la protesta anche in Lombardia. “Alla Regione abbiamo richiesto, congiuntamente a Cgil Cisl Uil Lombardia, una netta presa di distanza dall'irriconoscenza mostrata da Aiop e Aris verso lavoratori sempre dediti alla cura delle persone, quelli applauditi da finestre e balconi nei mesi più duri della pandemia", dicono Manuela Vanoli, Mauro Ongaro e Daniele Ballabio, segretari generali delle categorie regionali dei pubblici di Cgil, Cisl e Uil. Questo rinnovo, ricordano i sindacati lombardi, “pesa circa il 50% sulle finanze pubbliche, visto che ministero della Salute e Conferenza Stato-Regioni hanno dato la loro disponibilità a coprire il costo contrattuale con l'adeguamento delle tariffe”.