In tempi radicali le società necessitano di idee radicali. Ben vengano quindi proposte come questa di Archibugi, Pennacchi e Reviglio, di progettualità competente, coraggiosa e immaginativa. Uno dei lasciti positivi della pandemia, si spera, potrebbe essere quello di aver scosso la classe politica dallo schiacciamento sul presente. Progettualità, investimenti, immaginazione, devono tornare a costituire l’ispirazione della proposta politica.

Gli studiosi, gli intellettuali, una nuova classe dirigente, devono tutti mettersi di nuovo in gioco, in modo che non si possa più dire, con le parole del poeta Yeats, che i migliori mancano di ogni convinzione mentre i peggiori sono pieni di intensità appassionata. Fin qui una necessità generale, non solo dell’Italia, alla quale la proposta risponde. Ma vi è una necessità particolare, soprattutto in Italia, che deve accompagnare ogni pianificazione, programmazione e capacità progettuale: l’amministrazione. La progettualità non è infatti del tutto scomparsa dallo spazio della politica, si pensi ad esempio alla progettualità legata alla politica di coesione europea, quella della cosiddetta specializzazione intelligente.

Non manca la progettualità nelle leggi quadro per l’ambiente, nella pianificazione urbanistica (ricca di ottime idee e visione), nelle grandi opere. E non mancano nemmeno le risorse, e questo vale sia per la politica di coesione sia per le infrastrutture. Il nodo è la capacità amministrativa. Manca l’ingegnerizzazione del processo che trasforma il progetto in interventi, costruzione di centri di ricerca, di linee ferroviarie ad alta velocità, di fibra ottica e così via. Lo stiamo vedendo in questa emergenza, laddove a fronte di risorse stanziate dal centro con una certa tempestività, molti lavoratori, imprese e famiglie non hanno ricevuto nulla, perché il processo amministrativo si è inceppato in qualche passaggio.

Leggi anche

Economia

Oltre la crisi progettiamo il futuro

Non solo bonus, è l'ora di costruire un progetto. Contro gli effetti della pandemia, invece di limitarsi ai trasferimenti monetari, lo Stato e le istituzioni devono iniziare a progettare seriamente il futuro e poi realizzarlo
Oltre la crisi progettiamo il futuro
Oltre la crisi progettiamo il futuro

Abbiamo disinvestito pesantemente nella pubblica amministrazione, ad esempio nei Comuni. La gestione dell’emergenza ha evidenziato delle farraginosità (eufemismo) nelle relazioni Stato-regioni che dovrebbero essere il fulcro dell’azione amministrativa in un Paese che nel 2001 ha cambiato la Costituzione in senso regionalista. Gli autori propongono una task force per uno shock progettuale. In questo proliferare di task force ne proponiamo una parallela, una composta di figure nuove, la task force degli ingegneri amministrativi, che sappiano trasformare l’immaginazione in realtà.

Uno degli aspetti che ci si auspica questa nuova progettualità incorpori è il ripensare modi nuovi di diminuire la disuguaglianza, un cancro onnipresente che non deve assolutamente peggiorare nella ricostruzione. Il riferimento che Archibugi, Pennacchi e Reviglio fanno al Wpa e alla Pwap (Public works of art project) certamente rappresenta l’intensità appassionata dei migliori. Tuttavia, quello che l’emergenza pandemica ci ha rivelato, con la forza necessaria che solo gli shock post-traumatici possono avere, è l’essenzialità dei servizi alla persona, dei servizi a bassa intensità di conoscenza come il commercio al minuto e i servizi accessori come il delivery a domicilio, i trasporti, l’ausilio alle persone disabili e vulnerabili, i servizi ospedalieri, i gig-workers. Tutti servizi remunerati al livello di una produttività considerata bassa e mai realmente misurata, e che sembra essere il feticcio di tutti i governi. È ora che queste categorie di lavoratori vengano remunerate in funzione della domanda che soddisfano e del reale valore sociale che hanno. Radicalità significa anche capacità di scardinare gli assiomi economici più deleteri per una ricostruzione sostenibile.

Andrea Filippetti è ricercatore del Cnr. Maria Savona è professoressa di Economia dell'evoluzione e dell'innovazione all’Università del Sussex.