Trasporti, lavoratori “fragili”, ritardi nella prevenzione. Sono molte le preoccupazioni della Fiom Cgil di Chieti riguardo il riavvio delle attività bloccate per l’emergenza epidemiologica. “Continuiamo a pensare che aver anticipato la ripartenza in molte aziende abruzzesi sia stato un errore”, spiega il sindacato, evidenziando che “oggi assistiamo a un forte calo dei consumi globali, e paradossalmente molte aziende che hanno fatto di tutto per rimanere aperte stanno ore chiedendo di aprire gli ammortizzatori sociali”.

La prima criticità rispetto alla ripartenza riguarda il trasporto pubblico. “Non esiste un’omogeneità di comportamenti tra le aziende di trasporto a causa di ordinanze non chiare da parte delle Regioni. Inoltre, è mancato un coordinamento tra la Regione Abruzzo e la Regione Molise proprio sui trasporti, lasciando il libero arbitrio alle aziende”, argomenta la Fiom di Chieti: “Non è stato previsto in modo uniforme qual è il numero dei posti effettivamente occupabili per tipologia di autobus, non tutte le aziende di trasporto espongono cartelli elencanti le norme di sicurezza da attuare. In una situazione emergenziale tutto dovrebbe essere disposto attraverso un protocollo preciso senza possibilità di interpretazioni”.

Passando alle fabbriche, i metalmeccanici Cgil rilevano che “sono in atto confronti per limitare al massimo le possibilità di contagio. Un lavoro complicato da parte dei nostri Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e dei nostri delegati, visto che il diritto alla salute deve convivere con la ripresa dell’attività lavorativa”.

Alla Sevel (società automobilistica del gruppo Fca, con stabilimento ad Atessa), la più grande azienda dell’Abruzzo, è stato avviato “un confronto dove, a causa dell’alto numero dei lavoratori coinvolti, si sta cercando, con complessità, di attuare le norme previste dal Protocollo e del Dpcm. I problemi maggiori sono legati ai trasporti, di conseguenza vedono molti lavoratori usare il mezzo proprio causando una forte congestione nell’utilizzo dei parcheggi”. La Fiom chietina rimarca che “all’interno della fabbrica molte azioni di prevenzione sono state messe in atto da parte dell’azienda, alcuni nostri suggerimenti sono stati accolti, su altri stiamo ancora discutendo”.

Un altro importante problema è quello dei lavoratori “fragili”. La Fiom territoriale evidenzia che “molte aziende stanno chiedendo a questi lavoratori di presentare un certificato del proprio medico curante attestante l’idoneità al lavoro. Non crediamo che sia competenza del medico di famiglia attestare l’idoneità di un proprio paziente rispetto a un’attività lavorativa che non può conoscere”. Sul Protocollo del 24 aprile scorso, riportato come allegato nel Dpcm del 26 aprile, è scritto che l’attestazione sui lavoratori “fragili” va fatta dal medico competente.  “A questi lavoratori, che non hanno alcuna responsabilità se non possono andare al lavoro, in attesa che le aziende si predispongano al loro rientro, dovrebbe essere garantito lo stipendio pieno anche attraverso un’integrazione alla cassa integrazione e la maturazione dei ratei”.

La Fiom Cgil di Chieti, infine, ricorda che “l’economia non può essere anteposta alla salute e alla sicurezza dei lavoratori e dei cittadini”. E chiede alla Regione Abruzzo, così “impegnata a chiedere la riapertura di tutto, che tutto debba avvenire con regole certe, assumendosi la responsabilità di scongiurare l’aumento dei contagi”. In particolare, i metalmeccanici segnalano “il forte ritardo rispetto alle misure di prevenzione. La Regione deve garantire che vengano effettuati tutti i test riconosciuti dall’Istituto superiore di sanità per monitorare e prevenire la diffusione del virus e isolare immediatamente eventuali focolai”.