“La mancanza di manodopera agricola in Toscana, come nel resto d’Italia, è certamente una delle tante conseguenze della pandemia in atto, ma non sono i voucher la soluzione. In una situazione di difficoltà sociale ed economica generalizzata, la precarizzazione del lavoro non può e non deve essere la risposta”. A dirlo sono Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil della Toscana, ricordando alle imprese agricole e a chi le rappresenta “che queste dispongono già di strumenti contrattuali per l’assunzione di braccianti agricoli che garantiscono la massima flessibilità. Pertanto non vi è nessuna necessità di reintrodurre, in agricoltura, uno strumento del tutto improprio come il voucher”.

I sindacati evidenziano che “approfittare dell’emergenza per tornare alla carica sulla vecchia e fallimentare ricetta della contrazione dei diritti e dei salari attraverso uno strumento di copertura del lavoro nero come risposta all'emergenza è deludente, per niente lungimirante e all'altezza della qualità dell’agricoltura toscana. Ci saremmo aspettati che la lezione del recente passato fosse stata ormai recepita, ma l’opportunismo bieco che viene riproposto ci dimostra che purtroppo ancora c’è parecchio lavoro da fare, la lezione non è stata assimilata”.

Per questo Flai, Fai e Uila della Toscana ritengono che “anche la prossima e auspicabile fase post-emergenziale debba poggiarsi sulla valorizzazione dei diritti e delle tutele a favore dei lavoratori. È importante ricordare alle associazioni datoriali agricole che le produzioni di qualità non possono prescindere da un lavoro di qualità, ben tutelato e ben retribuito. La sburocratizzazione per le imprese agricole non può concretizzarsi nella privazione di tutele per i braccianti, che ancora più in questo momento hanno bisogno di veder rispettate le norme su salute e sicurezza, nei luoghi di lavoro, stabilite anche con il Protocollo del 14 marzo, e di avere contratti più stabili e duraturi”.